IMG_0086Maria Letizia Zanier*

La legge nazionale in materia di immigrazione straniera si occupa, quasi esclusivamente, della determinazione dei contingenti dei flussi in ingresso nel Paese, stabilendone le quote e le regole, e tentando di porre limiti all’immigrazione irregolare.

Questa misura legislativa non ha l’obiettivo di trovare risposte alle importanti questioni poste dai fenomeni migratori in termini di accoglienza e di inclusione dei “nuovi venuti”. In questi ambiti, le istituzioni pubbliche locali (Regioni, Province e Comuni), insieme alle organizzazioni del Terzo Settore di orientamento laico e confessionale, sono chiamate a esercitare un ruolo di supplenza e di surroga. Per questo, se si analizzano gli interventi effettuando comparazioni tra diversi contesti italiani, si osservano profonde discontinuità che ci fanno concludere che il modello italiano dell’accoglienza degli immigrati stranieri assume un caratteristico andamento a “macchia di leopardo”.
Le Marche, da tempo, si connotano per la sensibilità verso le tematiche dell’accoglienza, come documenta la forte presenza sul territorio di forme di associazionismo e volontariato sociale di diversa matrice (confessionale, sindacale, culturale, caritativo), che promuovono in diversi modi i processi di inclusione e integrazione. Sono attive anche numerose associazioni etniche composte da immigrati, in qualche caso con la partecipazione di cittadini autoctoni, che forniscono assistenza e spazi di incontro.
La città di Macerata e la sua Amministrazione locale hanno promosso diverse azioni finalizzate a intensificare il sistema di rete tra le associazioni, tanto che la provincia maceratese si colloca ai primi posti in Italia per il livello di integrazione delle popolazioni straniere (accoglienza, inserimento sociale, urbanistico e lavorativo) e delle famiglie di origine straniera che in essa risiedono, vivono e lavorano. Tra i diversi parametri che compongono l’indice di potenziale di integrazione, quello di inserimento sociale si dimostra decisivo, a testimonianza del fatto che nella provincia maceratese le dinamiche che riguardano gli aspetti sociali e ambientali del fenomeno immigratorio continuano a funzionare nonostante il deciso incremento nell’incidenza dei flussi immigratori sul territorio, oltre al progressivo aggravamento dell’impatto della crisi economica.

Molti degli stranieri che oggi raggiungono il nostro Paese sono richiedenti asilo o intendono accedere allo status di rifugiato, dal momento che la recente drammatica evoluzione degli equilibri geopolitici internazionali tra guerre, persecuzioni razziali e religiose, povertà e carestie sta inducendo una pressione immigratoria senza precedenti verso l’Occidente.
Per altri versi, la presenza sul nostro territorio di famiglie straniere con figli, nati in Italia o ricongiunti – le seconde generazioni – indica che i flussi di origine meno recente stanno rapidamente raggiungendo una fase di maturità, che avvicina il nostro Paese ad altre realtà con una tradizione immigratoria più antica. Tale processo di stabilizzazione va visto favorevolmente, dal momento che le donne e i bambini rappresentano attori cruciali per la promozione dei rapporti di inclusione nel tessuto sociale dei paesi riceventi. Famiglia e scuola costituiscono importanti agenzie di integrazione sociale, ma queste presenze interrogano i cittadini e le istituzioni pubbliche, oltre a imporre la destinazione di risorse materiali e immateriali più cospicue rispetto a quanto avveniva in passato.
Da tempo, in Italia, si assiste a un irreversibile invecchiamento della popolazione autoctona e i nuovi nati non riescono a rimpiazzare le generazioni più anziane in declino. Al di là delle ipotesi più catastrofiste, spesso alimentate da posizioni di tipo ideologico, questi fenomeni andrebbero governati e gestititi tenendo presente che attraverso i “nuovi italiani” o gli “italiani col trattino” – come un autorevole studioso ha definito i figli dell’immigrazione in cerca di identità – si potrà cercare di riequilibrare il nostro declino demografico.

Tuttavia, come si è detto, per promuovere la cultura dell’accoglienza e dell’inclusione sono necessarie specifiche misure di politiche pubbliche, accompagnate dall’investimento di risorse adeguate nella mediazione culturale, nell’edilizia sociale, nelle istituzioni scolastiche, in favore dell’emersione dalla condizione di irregolarità, nella promozione della sicurezza e nella lotta al degrado e all’allarme sociale. In caso contrario, alla luce dell’aspra crisi economica in atto, il rischio è che si scatenino «guerre tra poveri», tra autoctoni e immigrati, per l’accesso alle risorse oggi scarsamente disponibili.

*Docente di Sociologia e di Sociologia dei fenomeni migratori presso il Dipartimento di Scienze Politiche, delle Relazioni Internazionali e della Comunicazione dell’Università di Macerata

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