Qualche pomeriggio fa, facendo zapping in televisione, mi sono imbattuto nella testimonianza dell’attrice Claudia Koll che raccontava la sua conversione. Lei ha ricordato che questo accadde durante il Giubileo del 2000, quando a Roma, varcando la Porta Santa, all’improvviso realizzò quel gesto come talmente decisivo e coinvolgente al punto da dare una svolta radicale alla sua vita. Si domandava come non fosse possibile in quell’occasione limitarsi a recitare come le capitava abitualmente sul palcoscenico di un teatro o sul set di un film. Lì maturò la decisione di riflettere profondamente sulla sua vita. Ciò la portò a rivoluzionare la propria esistenza giungendo a scoprire la bellezza della fede nell’incontro con Cristo.

Questo mi ha fatto pensare alla grande partecipazione popolare ai pellegrinaggi giubilari che si svolgono verso la Madonna della Misericordia da parte delle unità pastorali della nostra diocesi. Questo gesto è preparato da una liturgia penitenziale che si celebra qualche giorno prima nella quale l’ascolto della Parola di Dio è accompagnato anche dalla possibilità di accostarsi al sacramento della Confessione. È questa una delle condizioni richieste dalla Chiesa per poter ottenere l’indulgenza plenaria. E allora molti mi chiedono qual è il rito specifico e la chiesa particolare in cui vivere quest’evento. All’indicazione che per la nostra Diocesi il luogo è il santuario della Madonna della Misericordia, in piazza Strambi a Macerata, molti, soprattutto tra i meni giovani, chiedono con sorpresa come mai non si tratti di San Pietro o di un’altra delle grandi basiliche romane. Alla mia risposta che papa Francesco vuole valorizzare le chiese particolari che si trovano in un determinato territorio, sotto la guida e la compagnia di un vescovo, rimangono talvolta un po’ perplessi.

Certamente i riti sono importanti, ma non sostituiscono il vero pellegrinaggio che si svolge dentro di noi. Questa è l’occasione per un itinerario da compiere dentro la nostra vita, alla ricerca del senso di quello che noi siamo e di quello che noi facciamo. Senza questo viaggio interiore il rito diventa un atto senz’anima che non lascia tracce nella nostra esistenza. Il Vangelo ci viene in soccorso quando Gesù ricorda agli scribi e ai farisei che non ciò che entra nell’uomo inquina il cuore, ma sono i sentimenti cattivi che hanno la loro centrale nel cuore e che da esso escono. E quindi qualsiasi gesto che noi possiamo compiere in questo periodo dev’essere espressione dell’autentica fraternità che sgorga dalla pace di un cuore risanato, aperto a Dio e al creato. Non dimentichiamo, come ci dice papa Francesco nella «Laudato Si’», che dobbiamo vivere tre relazioni che insieme trasformano la nostra vita: la relazione con Dio, la relazione con i fratelli e la relazione con la natura.

Solo così il Giubileo ci farà ritrovare una pienezza di vita in tutte le sue dimensioni.

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