Nel repertorio del dopo Concilio Vaticano II svetta una composizione che è diventata patrimonio musicale delle nostre assemblee liturgiche: il “Santo” di Bonfitto.

Molti lo catalogano come “del Bonfitto” quasi fosse un luogo. La curiosità c’è: ma chi è sto “Bonfitto”? Padre Michele Bonfitto è un sacerdote comboniano nato a S. Marco in Lamis (FG) nel 1922. Subito dopo l’ordinazione, avvenuta il 31 maggio 1947, Padre Michele è stato inviato a Roma per studiare liturgia e musica sacra. Oggi opera, all’età di 93 anni, a Firenze svolgendo il suo apostolato come cappellano e confessore rimanendo vicino agli ultimi e soprattutto ai diversamente abili.

https://www.youtube.com/watch?v=YfkzQ-vnxLI

Il “Santo” fu pubblicato nel 1971 per le edizioni ECO (pubblicazione EM 1439) nella raccolta di suoi canti originali per la Messa “Sei grande nell’amore. Canti per celebrazioni liturgiche”, canti che hanno avuto tutti una grande diffusione: “Nella Chiesa del Signore”, “Signore pietà”, “Gloria a Dio”, “Beati quelli che ascoltano”, “Alleluja”, “Se qualcuno ha dei beni”, “Santo Mistero della fede”, “Tuo è il regno”, “Agnello di Dio”, “Padre santo”, “Rimani con noi”. È una raccolta dove furoreggia la moda dell’epoca, la cosiddetta musica beat (dal verbo inglese to beat che significa battere il tempo), cioè il modo di far musica ricorrendo a piene mani a figure ritmiche come sincopi, contrattempi, anticipazioni oltre all’uso di strumenti ad alimentazione e concezione elettrica ed elettronica.

Il successo nazionale della composizione di Padre Michele ha creato, accanto alla versione originale, diverse versioni surrogate con aggiustamenti melodici e armonici tanto che oggi c’è una versione “popolare” che si affianca e offusca l’originale. L’aggiustamento popolare ha coinvolto anche il testo liturgico con quel “è” che non esiste e proprio non ci va.
Col “Santo” di Padre Michele noi cantiamo “Santo, Santo, Santo È il Signore…”; il testo liturgico, invece, recita “Santo, Santo, Santo IL Signore…”.

La partitura originale
La partitura originale

Ritrovo la partitura originale cercando di capire se già all’epoca contenesse l’errore testuale ed invece… Padre Michele è stato particolarmente coscienzioso nel non modificare un bel nulla, però a noi quel “Santo È il Signore…” ci piace da matti! Cerchiamo di capire perché è errato. Il testo liturgico proviene direttamente dalla Sacra Scrittura e per la precisione dal libro del profeta Isaia (Is 6, 3): “Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della Sua gloria.” Una espressione simile la troviamo nel libro dell’Apocalisse (Ap 4, 8): “Santo, santo, santo il Signore Dio, l’Onnipotente, Colui che era, che è e che viene!”. La parte successiva è presa dal Vangelo di Matteo (Mt 21, 9), il grido di esultanza che la folla rivolge a Gesù quando entra a Gerusalemme: “Benedetto Colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!”.

I Padri della Chiesa (tra questi S.Giovanni Damasceno in De hymno Trisagio epistola (PG 95, 26) e S. Agostino in De fide ad Petrum sive De regula veræ fidei, lib. I, cap. I (PL 40, 755)) hanno spiegato la triplice acclamazione “Santo, santo, santo”: santo è il Padre, santo è il Figlio, santo è il Paraclito; ma è, anche, un sottolineare la grandiosa santità di Dio. Atteniamoci strettamente al testo liturgico ed evitiamo adattamenti fai da te che proprio non stanno né in cielo né in terra.

Comboniani di Firenze (2014): padre Bonfitto è il 2º da sinistra
Comboniani di Firenze (2014): padre Bonfitto è il 2º da sinistra

Un paio di osservazioni sulle varianti musicali apportate diffusamente alla composizione.
1. “Benedetto colui che viene…“: se ascoltate con attenzione la versione originale farete caso che “colui che” è cantato sulla stessa nota, mentre noi “aggiustiamo” scendendo di tono sul “che“. Correggiamo!

2. Cadenza finale dell’acclamazione. La partitura (e l’esecuzione) è chiara: si rimane sulla stessa nota dell’ultima parola “cieli“. Tecnicamente si rimane sul quinto grado della tonalità di sol maggiore (cioè l’accordo di re maggiore) che dà il senso di sospeso, non concluso. È stata una grande intuizione di Padre Michele: il Santo è l’acclamazione della Preghiera eucaristica che segue l’azione di grazie e precede l’epìclesi in cui “la Chiesa implora con speciali invocazioni la potenza dello Spirito Santo, perché i doni offerti dagli uomini siano consacrati, cioè diventino il Corpo e il Sangue di Cristo, e perché la vittima immacolata, che si riceve nella Comunione, giovi per la salvezza di coloro che vi parteciperanno.” (Ordinamento Generale del Messale Romano, n. 79) Il canto dell’acclamazione del Santo non chiude un capitolo, ma lo apre, quindi è giusto “rimanere in sospesione” senza cadenzare frettolosamente sulla tonica (cioè sull’accordo di sol maggiore). Correggiamo!

In conclusione ben venga il “Santo” messo in musica da padre Michele Bonfitto, ma rispettiamo il testo liturgico eliminando una buona volta per tutte quell’ “è” che non ha senso e correggiamo i nostri aggiustamenti melodici e armonici: sarà un’acclamazione ancora più bella e gioiosa, soprattutto se fatta con fede, cognizione e coscienza!

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