Il 26 febbraio ricorre la Giornata internazionale sulle malattie rare, evento di caratura mondiale che coinvolge più di 80 paesi e si pone come obiettivo quello di sensibilizzare la popolazione riguardo al senso di isolamento vissuto dai malati e dalle loro famiglie. Esiste una forte comunità nazionale e internazionale fatta di organizzazioni di pazienti che li aiuta a sentirsi meno soli  sensibilizzando la società pubblica, i decisori politici e le istituzioni su cosa siano le malattie rare e sul loro impatto nella vita di chi ne è afflitto.

Per l’occasione, venerdì dalle ore 8.45 alle 13 al polo didattico Bertelli, l’Università di Macerata in collaborazione con l’Azienda ospedaliero universitaria «Ospedali Riuniti» di Ancona e il patrocinio dell’Ordine provinciale dei Medici chirurghi e degli odontoiatri di Macerata propone un momento di informazione e riflessione con il convegno «Malattie rare e qualità della vita dei pazienti. Un approccio di rete per i pazienti con patologia ipofisaria».
Ad aprire l’incontro maceratese saranno il rettore Luigi Lacchè, il direttore del Dipartimento di Scienze della formazione, beni culturali e turismo Michele Corsi, il sindaco di Macerata Romano Carancini, il direttore sanitario degli «Ospedali riuniti» Gianluca Serafini, il direttore sanitario dell’Asur Marche Nadia Storti, il presidente della Commissione regionale sanità e politiche sociali della Regione Marche Fabrizio Volpini. Introduce i lavori il professor Sebastiano Porcu. Modera la giornalista Maria Francesca Alfonsi.

Un caso di malattia rara di particolare rilevanza è costituito dalle malattie ipofisarie, in particolare dagli adenomi ipofisari, spesso difficili da identificare, diagnosticate tardi o curate inadeguatamente, con gravi ripercussioni sullo stato di salute del paziente: tumori, ipertensione, diabete, obesità, amenorrea, osteoporosi.

Il convegno si propone come contributo, di carattere interdisciplinare, alla messa a fuoco della complessità e della problematicità delle trasformazioni che tali patologie inducono, dentro e fuori la famiglia e le altre reti primarie, nei sistemi d’azione e nell’intero set di relazioni sociali del paziente, spesso con effetti di “moltiplicazione” del danno sui livelli di autonomia e sulle capacità di adattamento del malato.

Esso, peraltro, intende anche introdurre proposte, in particolare di ordine metodologico, sull’attivazione di efficaci relazioni tra le diverse figure tecniche della cura e dell’assistenza e gli attori “laici” entro una rete cooperativa che abbia al centro il paziente e le sue reti primarie.

Tutte le informazioni su www.uniamo.org e www.rarediseaseday.org.

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