La Parola di oggi
C’è una maniera di riferirsi a Dio che è un modo sottile di autogiustificarsi. C’è un richiamo alla Parola di Dio che è volto unicamente a imporre la nostra personale visione del mondo e della fede. Gesù intende certo continuare l’opera di Mosè e compiere la volontà del Padre. Ma non vuole glorificarsi da se stesso. Dio stesso manifesterà la verità e permetterà all’opera del Figlio di portare frutto.

Dal Vangelo secondo Giovanni (5,31-47)
In quel tempo Gesù disse: «Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera; ma c’è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace. Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi. Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto, e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza. Ma voi non volete venire a me per avere la vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma io vi conosco e so che non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste. E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo? Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c’è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza. Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

Una storia per pensare
Nel maggio 1945, la Seconda Guerra Mondiale era finita. La Germania, sconfitta era stata occupata dalle truppe americane, inglesi e russe. In una cittadina tedesca, una compagnia di soldati americani aveva deciso di ricostruire la chiesa, completamente distrutta dalle bombe. Durante lo sgombero delle macerie, un soldato trovò fra i calcinacci la testa di un Gesù crocifisso molto antico. Colpito dalla bellezza di quel volto, lo mostrò ai compagni. «Cerchiamo gli altri pezzi e ricostruiamo il crocifisso», propose uno. Si misero tutti a frugare con pazienza fra le macerie. Rovistando qua e là, soprattutto vicino all’altare, trovarono molti frammenti del crocifisso. Con calma, due soldati tentarono di ricomporre il crocifisso frantumato. Ma nessuno riuscì a trovare le mani di Gesù. Quando la chiesa fu ricostruita, anche il crocifisso riprese il suo posto sull’altare. Mancavano soltanto le mani. Ma un soldato collocò ai piedi del crocifisso un cartello con queste parole:«Ich habe keine anderen Hände als deine». Cioè: «Ora ho soltanto le tue mani». Ora, Gesù per agire ha solo le tue mani…

Vistare i carcerati
Quando si vedono alcune interviste televisive, prese tra i passanti dopo che è stato compiuto qualche delitto, si potrebbe immediatamente riconoscere chi nella sua vita almeno una volta ha visitato un carcere. È un’esperienza che prima di essere un’opera di carità nei confronti di chi è prigioniero, è una preziosa scuola di vita per noi. Le trasmissioni televisive o gli articoli di giornale tendono spesso a presentare il criminale come un mostro non umano, qualcuno da dimenticare e da sopprimere, che non fa parte della nostra razza.
Finché non varchiamo le porte di un carcere e non guardiamo i prigionieri in faccia, non ascoltiamo la loro sofferenza e le loro paure, rischiamo di dimenticare che sono persone. Certamente persone che hanno sbagliato ed a volte sbagliato in maniera realmente molto grave. Ma non dimenticare che sono persone ci aiuta a comprendere che la forma più alta di giustizia è ben diversa dalla vendetta.
La vendetta nasce dalla rabbia e tratta l’altro come una cosa, la giustizia nasce dalla mente e dal cuore e tratta l’altro come una persona, che può sempre cambiare, che può correggersi e diventare per l’umanità una sorgente di bene come prima era stato una fonte di male. È questa la vera e grande giustizia a cui tutti gli uomini dovrebbero aspirare.
Essere vicini almeno con il pensiero della preghiera a quanti scontano in carcere la loro pena, è una scuola di misericordia di cui tutti abbiamo bisogno.

+ Nazzareno, vescovo

(Testo tratto da: Nazzareno Marconi, Verso la Pasqua 2016)

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