«Una vera e propria scommessa, che equivale a rischiare senza troppe garanzie, senza  aver paura di fermarsi dove la vita può essere accolta anche se sa di fatica». Con questa parole Annamaria Cacciamani, una dei referenti di Missio Giovani, la realtà di coordinamento delle esperienze missionarie presenti nella nostra Diocesi (leggi Qui l’intervista) racconta «Abitare la strada», l’evento che, il 27 maggio, ha animato il centro di Macerata, quando piazza della Libertà si è fatta, più che mai, cuore pulsante della città.

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Presente alla serata, condotta da Antonella Mattei, anche Alex Zappalà, responsabile del Movimento missionario giovanile nazionale

«Nella piazza, luogo di incontro, luogo di condivisione, ma a volte anche luogo di solitudine e disperazione, c’è tutto. E questo tutto – spiega la consacrata nell’Ordo Virginum e prossima alla partenza per alcuni mesi di missione in Africa – può solo essere abitato. Noi di Missio Giovani ci abbiamo creduto fino alla fine. E con stupore e gratitudine possiamo dire che ne è valsa la pena». Venerdì sera, infatti, piazza della Libertà si è pian piano riempita di giovani, «qualcuno del giro, altri solo curiosi di vedere cosa accadeva. Giovani e meno giovani, ragazzi italiani, africani e pachistani. Una piazza che nella notte si è accesa dei colori del mondo».

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Una serata semplice, condotta dal dinamismo di Antonella Mattei e animata dalla presenza di Alex Zappalà, responsabile del Movimento missionario giovanile nazionale (Qui il suo invito alla vigilia dell’evento promosso a Macerata), «dove autentiche protagoniste sono state la musica, la danza e la parola» e dove «tutti sono stati testimoni di un unico annuncio: ogni esistenza, in ogni parte del mondo, vissuta con coraggio e fedeltà, vale la pena di essere vissuta». Oltre alle parole, sono stati i gesti delle ragazze della scuola di danza a scandire l’emozione dell’incontro. «Il loro muoversi tra la gente con eleganza e esplosione – conclude Cacciamani -, a piedi nudi e corpi leggeri, ha trasmesso lo spirito della serata. Per abitare un luogo, infatti, bisogna esserci, con leggerezza e incisività, con passo capace di muoversi a ritmo dell’altro».

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