In futuro si potrà continuare a vivere in un clima di pace duratura solo se questa utopia si concretizzerà.

di Alberto Ardiccioni

Il settantesimo anno di vita della nostra Repubblica coincide col periodo di pace più lungo che l’Europa, come entità geografica, abbia conosciuto dalla caduta dell’Impero Romano in poi. Mentre noi, però, godiamo di questa pace e della libertà di muoverci senza più controlli all’interno di un intero continente, in tante altre parti del mondo si combatte, talvolta con una ferocia inaudita e con conseguenze che coinvolgono tutti noi, tanto che Papa Francesco ha opportunamente evocato una terza guerra mondiale a macchia di leopardo.

Che cosa ha permesso a noi Europei un periodo così lungo di pace?

Uomini che hanno toccato con mano le catastrofi provocate dalla Seconda guerra mondiale con l’uccisione di decine di milioni di persone tra soldati e popolazione civile e la distruzione di intere città, hanno trovato il coraggio di riunirsi in un Congresso e guardarsi in faccia per la ricerca di un nuovo assetto, che restituisse la pace a tutta un’umanità così duramente provata in ogni continente.

Il clima del Congresso non era semplice, soprattutto per noi Italia e per i Tedeschi. Tutti ricordiamo l’incipit del discorso pronunciato in quella sede da De Gasperi, rappresentante di un Paese corresponsabile della guerra e sconfitto, «Tutto, fuorché la vostra personale cortesia, mi è contro….».

Quegli uomini riuscirono a riscoprire il valore del dialogo e della pazienza, per poter porre le basi di un nuovo ordine che avesse per fondamento una pace duratura. Contemporaneamente altri uomini, come Altiero Spinelli, sapevano trarre, dalle più svariate forme di sofferenza subite (carcere, confino), l’idea di un’Europa unita. Ma l’Europa unita oggi non basta più, se già Paolo VI aveva previsto un mondo retto da un organismo universale, cioè da una «collaborazione internazionale a vocazione mondiale […], da un’autorità mondiale in grado d’agire efficacemente sul piano giuridico e politico», come chiaramente precisava nell’Enciclica Populorun progressio.

In futuro si potrà continuare a vivere in un clima di pace duratura solo se questa utopia si concretizzerà.

Già evidenti segnali ci fanno capire che ciò potrà avvenire se guardiamo a quello che sta succedendo sul piano religioso (dialogo molto serrato tra le Chiese), sul piano politico (l’Europa è un esempio), sul piano sociale e sul piano ecologico.

Tutto questo lascia intravedere che qualcosa, pur tra le tragedie che offuscano il mondo d’oggi, sta evolvendo in senso positivo.

Per favorire ulteriormente la realizzazione di questi obiettivi, bisognerà allora ricercare la collaborazione di tutti per far sì che la globalizzazione sia anche l’occasione per politiche comuni e per obiettivi condivisi.

L’Italia potrà giocare un ruolo importante perché, ricca come è di cultura e di arte, potrà, attraverso la loro condivisione, come ha sottolineato il Presidente Mattarella nel suo messaggio davanti a tutti gli ambasciatori del mondo, favorire l’incontro tra i popoli.

Non è utopistico pensare che così si ripeterebbe quel Rinascimento che, come nel ‘500 fece per l’Europa, possa influenzare oggi il mondo intero.

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