È proprio vero. Il pellegrinaggio è una “metafora”, o meglio «paradigma» della vita. I momenti di stanchezza si alternano a quelli di euforia, l’abbattimento si mescola all’euforia, il passo svelto lascia spazio a quello rallentato, le discese, specie nelle nostre meravigliose colline marchigiane, si incastonano perfettamente con le salite. Infine, dopo il buio della notte ecco lo stupore dell’alba, che illumina nuovamente la speranza.

«Non lasciate che la distrazione prevalga sulla grazia». L’ha raccomandato vivamente ai “suoi” pellegrini partiti in oltre 100mila da Macerata, monsignor, o meglio don Giancarlo Vecerrica, quando negli ultimi tratti prima dell’arrivo al Santuario di Loreto la pioggia battente ha minacciato di mettere seriamente alla prova tendini e polpacci già provati dal faticoso cammino. Un fastidio, certo, ma al contempo un modo per distogliere l’attenzione dal dolore fisico, concentrando lo sguardo su altro, dentro un orizzonte costellato di novità e significati tutti da scoprire. Pieni, come sempre, «di forza, di grazia e di gloria».

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Sebbene metà del pellegrinaggio – dopo Chiarino – sia stato bagnato dal meteo poco clemente, gli ombrelli grondanti e i k-way arrangiati all’occorrenza non l’hanno avuta vinta, infatti, sulle emozioni e sul senso di gratitudine e di contentezza, stampate nel volto di molti, nel giungere finalmente alla Casa del «», sotto la guida della Vergine Maria.

Come sempre, a lui, il vescovo ormai emerito di Fabriano-Matelica, il ruolo di guida d’eccezione di questa esperienza che non smette di deludere e che, raccoglie, ogni anno decine e decine di intenzioni di preghiere, di storie, di brani, di riflessioni, di note e di nomi che celano un’attesa, un’invocazione. Una domanda che rimanda, puntualmente, al tema scelto per questa edizione: «Tu sei unico».

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Il vescovo Nazzareno Marconi con il cardinale Edoardo Menichelli prima della Santa Messa allo stadio di Macerata

Incoraggiata dalla telefonata, prevista, di papa Francesco che ha esortato i coraggiosi partecipanti a «camminare sempre nella vita, senza fermarsi mai e senza smettere di pregare», la partenza dallo stadio Helvia Recina quest’anno è scattata con mezz’ora di anticipo sulla tabella di marcia, dopo la Santa Messa celebrata dal cardinale Edoardo Menichelli, che ha atteso e salutato di nuovo, stamane, i pellegrini arrivati alle 5.45 circa al sagrato della Basilica lauretana.

Assieme a lui, che ha impartito su tutti la benedizione speciale a conclusione del gesto, il vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, Nazzareno Marconi, il sindaco di Loreto, Paolo Niccoletti, il Primo cittadino di Macerata – che ha compiuto a piedi l’intero tragitto – Romano Carancini e, ovviamente, monsignor Vecerrica, affiancato dal direttore del Comitato Pellegrinaggio a Piedi Macerata-Loreto, Ermanno Calzolaio, dal responsabile della logistica, Massimo Orselli, e da numerosi volontari, addetti all’organizzazione generale e alla comunicazione dell’evento.

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«Io c’ero» per ribadire l’unicità e la bellezza che ciascuno di noi rappresenta, verrebbe da dire, mentre nel cuore della notte vengono scandite le Ave Maria di ogni Mistero del Rosario e il sonno fa capolino, tra uno snack e i flambeaux, preparati dal gruppo dei recanatesi (leggi Qui l’articolo), che scaldano gli animi e la voglia di raggiungere, passo dopo passo, la mèta insieme.

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Sì, perchè è stata la condivisione – tratto essenziale da sempre richiamato da don Giancarlo, fin dalla prima edizione del 1978 – uno degli aspetti più autentici del Pellegrinaggio raccontato attraverso i social network e i canali multimediali che hanno saputo avvicinare anche i giovanissimi a questo avvenimento divenuto, in 38 anni, ben più di una tradizione, anche grazie all’opera costante e attivissima delle tante realtà che lavorano per la sua piena riuscita. Quasi a testimoniare che, nel cammino, se la fatica si sopporta «appoggiandosi l’un l’altro», come ricordato in più momenti da Vecerrica, è altrettanto naturale che la gioia si moltiplica.

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Lo hanno dimostrato i pellegrini “vip” che hanno preso parte a questa proposta di fede e di amicizia, accogliendo il silenzio orante così come la spontaneità degli attimi di svago (immancabili i fuochi di artificio offerti, a circa metà del percorso, dalla ditta Alessi). Lo ha mostrato la giornalista Rai Barbara Capponi, presente assieme alla sorella, così come il sindaco di Macerata Carancini in cammino con l’assessore alle Politiche sociali Marika Marcolini; lo hanno espresso il rettore dell’Università di Macerata, Luigi Lacchè, affaticato ma deciso nel raggiungere la città lauretana affiancato da una rappresentanza dell’Ateneo, come pure il questore Giancarlo Pallini, arrivato con suo figlio fino a Sambucheto, dove è stato esposto, come di consuetudine, il Santissimo Sacramento.

Lo hanno poi dimostrato i numerosi sacerdoti e religiosi fattisi pellegrini (tra gli altri, per la Diocesi, don Alberto Forconi da Macerata e don Patrizio Santinelli da Cingoli). E, non ultimi, lo hanno fatto loro, i disabili, spinti da braccia forti e animati da sorrisi contagiosi. Presenti, e attenti, i punti di primo soccorso distribuiti nelle varie tappe.

Lungo la via, nei ventotto chilometri tra le campagne che separano la Civitas Mariae dalla Santa Casa, diversi i segni di devozione mariana e di accoglienza verso un popolo in cammino, unito dal comune desiderio di invocare la Vergine come luce della propria esistenza. La stessa Madonna che, “vegliata” dai militari dell’Aeronautica di Loreto alla discesa di Montereale, in piazza dei Galli ha atteso realmente tutti, fino all’ultimo pellegrino.

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A renderne concreta testimonianza, le parole lette nella lunga e al tempo stesso veloce nottata alla sequela della croce, capaci di raccontare le mille sfaccettature di un’umanità sofferente ma accarezzata da quella Misericordia che dona un significato del tutto straordinario a questo Anno Giubilare.

Sono le parole del detenuto del penitenziario «Due Palazzi» di Padova, precedute da quelle ascoltate all’Helvia Recina, che raccontano di una storia fatta di anni di detenzione «in quasi tutte le carceri europee», con una pesantissima pena da scontare e continui inciampi di trasgressione: quindi, l’incontro con Cristo e, a 65 anni, la vita che cambia in nome dell’amore, il sentimento in grado di richiamare un valore ancora più nobile, il perdono, perchè spesso è vero che basta un «abbraccio gratuito» per salvare una vita, con l’augurio che questo «imprevisto possa succedere a più persone nel mondo rinchiuse dentro le carceri».

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Assieme a lui, anche la voce di Marco Ferrini di Rimini, che ha portato il proprio contributo per conto del Comitato Nazarat per i cristiani perseguitati in Iraq e Medio Oriente implorando, sullo stile della «Chiesa in uscita» auspicata da papa Francesco, «un appello di giustizia e di pace per tutti questi cristiani che, oggi più che mai, sono costretti a subire oltraggi, fino al sacrificio della vita, nelle zone martoriate dai conflitti».

Alejandra Diez Bernal, di Madrid, è stata invece invitata a questo pellegrinaggio da un’amica e ha raccontato il proprio percorso esistenziale che le ha fatto comprendere il suo «essere unica». Malata di cancro, con un sarcoma sinoviale diagnosticato nel febbraio 2014 e varie metastasi, la probabilità di una guarigione è un miraggio. Tuttavia, a maggio 2015 l’incontro con don Julián Carrón le fa voltare pagina. Racconta la donna: «Carrón mi disse: Alejandra, qual è il problema? Tu vai al compimento della vita. Tu vai prima di noi, ci precedi, Io verrei con te, ora! Ero sotto shock, perché mai nessuno mi aveva parlato così. Era la prima volta che incontravo qualcuno che era la Resurrezione fatta carne». Quindi, il salto dalla disperazione all’accettazione del Mistero di Dio. «Oggi, tredici mesi dopo – aggiunge Alejandra -, ho fatto esperienza che di fronte a tutto posso dire “Ma qual è il problema”, perché sperimento la vicinanza di Dio attraverso mille fatti, che mai accadono per caso ma per la Sua provvidenza che Si prende cura di me ogni secondo, e mi fa stare a guardare quello che succede intorno a me. E ha cambiato la mia paura in una commozione di fronte a quello che succede».

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Da sinistra: monsignor Giancarlo Vecerrica, il cardinal Menichelli, Ermanno Calzolaio e monsignor Marconi sul sagrato della Basilica di Loreto

Una vita che muta secondo un “disegno” inaspettato e salvifico. Esattamente quel che è accaduto a Kent Staab, che vive con sua moglie a San Diego, in California, e ha voluto partecipare al 38esimo Pellegrinaggio a piedi da Macerata a Loreto perchè, «educato come luterano e convertitosi poi alla Chiesa cattolica», ha visto in questo cammino «faticoso e lento un piccolo passo di tanti sulla strada verso Cristo». Lo stesso che hanno saputo raccontare don Aldo Bonaiuto, “erede” del compianto don Oreste Benzi e strenuamente impegnato nel contrastare la tratta che rende schiave le ragazze di strada, e Alessandro di Napoli, ospitato dalla Pars e ostaggio per diversi anni di droghe e sregolatezze che lo hanno allontanato dai figli, privandolo della felicità nel vederli crescere: per questo ragazzo, la fede è stata l’àncora di salvezza, inattesa ma fondamentale, con cui poter vivere le giornate in modo «maturo e responsabile».

Già, l’imprevisto che accade sconvolgendo equilibri precari e seminando germi di bene autentico nell’animo umano, al di là qualsiasi calcolo o previsione. Proprio come ha fatto il cielo stanotte, che in ogni goccia di pioggia ha parlato all’“unicum” che alberga in ciascuno di noi, pellegrino nei sentieri della vita e della fede.

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(Foto Luca Levantesi, Francesca Cipolloni e Alessandro Carlorosi)

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