Sul Web la reazione forse più cliccata è quella dell’ironia (più o meno leggera), mentre i quotidiani più autorevoli spaziano tra le articolate dissertazioni per tentare di spiegare le conseguenze della parola in questi giorni più in voga: Brexit. Così, accanto agli screenshot della regina Elisabetta che “saluta” le Nazioni – ormai – «extracomunitarie» – e alle più disparate battute con cui la Rete si scatena per commentare la clamorosa uscita del Regno Unito dall’Unione Europea dopo il referendum del 23 giugno, economisti e opinionisti tentano di fotografare lo spettro di una reale situazione che spaventa e incuriosisce al tempo stesso.

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Una delle tante caricature che circolano questi giorni nei siti Internet

«La Brexit è un esempio dello spirito dei tempi, cioè di una Europa in cui i popoli si stanno agitando sulla base di spinte emotive. L’Europa stessa è a un bivio della sua storia in cui rischia di delimitarsi ulteriormente se si divide, e certamente quindi non è razionale una soluzione in cui si torna a entità nazionali, dopo lo sforzo fatto nei decenni per unificare il continente». Ad esprimersi in questi termini, tra i numerosi commenti che circolano, è Giovanni Ferri, ordinario di Economia politica all’università Lumsa di Roma e direttore del CeRBE (Center for Relationship Banking and Economics), che interviene in un’intervista concessa al Sir sul valore dei «beni relazionali» in economia e finanza.

Accanto alle analisi più tecniche, non mancano poi gli editoriali che “parlano” ai giovani, la fascia sociale più svantaggiata dal pesante voto referendario. «Cari ragazzi europei, siete nati in un continente di pace, non avete mai visto la guerra sotto casa, siete cresciuti senza frontiere, progettando di studiare in un altro Paese, fidanzandovi durante l’Erasmus, scambiando messaggi con gli amici sulle occasioni per trovare lavoro o sui voli meno costosi per vedere un concerto. Non importa se siete nati a Cardiff, a Bologna, a Marsiglia a Barcellona o a Berlino, oggi le paure dei vostri genitori e dei vostri nonni hanno deciso che la Gran Bretagna tornasse ad essere un’isola, che voi diventaste stranieri dall’altra parte della Manica». Firma queste righe Mario Calabresi, alla guida de La Repubblica, che nell’edizione odierna del 25 giugno incoraggia i neo stranieri a non cedere allo sconforto post Brexit. «Aprite gli occhi, guardate lontano e pretendete un’eredità migliore dei debiti. Vogliamo avere pace, speranza e libertà, non rabbia, urla e paure» esorta il direttore, con un invito: «Segnatevi sul calendario la data di ieri, venerdì 24 giugno 2016, e cominciate a camminare in un’altra direzione, a seminare i colori e le speranze».

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Già, un’altra direzione. Sembra facile, all’indomani di un risultato temuto eppure esorcizzato dagli exit poll della notte più lunga, intraprendere nuove vie e guardare al futuro con ottimismo per le migliaia di ragazzi e ragazzi che nel Regno Unito viaggiano per motivi di studio o di lavoro. Secondo le stime dell’Ambasciata e del Consolato d’Italia in UK, infatti, in media ogni due giorni arriva a Londra un volo pieno di concittadini del Belpaese che scelgono la terra anglosassone come orizzonte in cui disegnare una vita migliore. Stando alle statistiche, infatti, almeno 550mila giovani e meno giovani da tutte le regioni dello Stivale risiedono regolarmente nelle città più cool dell’isola che, da ora, per volontà del popolo sceglie di non aderire più ad un’Europa che scricchiola tra insoddisfazioni, proteste e un populismo sempre più contagioso.

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Tra i tanti “coraggiosi” italiani che, rimboccandosi le maniche, con le aspettative puntate in alto e i piedi piantati per terra, con la consapevolezza delle innumerevoli difficoltà che comporta il vivere all’estero c’è anche Walter Rocchi, nato a Macerata 36 anni fa. Da quasi tre, il nostro conterraneo ha deciso a cambiare la propria esistenza e investendo le proprie risorse in un nuovo progetto professionale, risiede in un quartiere della capitale inglese: lavora come sales manager per una ditta che importa e distribuisce prodotti tipici marchigiani in UK. Un’attività che, con il tempo, dopo gli iniziali, oggettivi “scogli” da superare, lo ha coinvolto ed appassionato, portandolo ad integrarsi pian piano nel contesto locale.

189917-thumbMa gli italiani se lo aspettavano questo risultato paragonabile ad uno tsunami politico ed economico? «In parte sì ed in parte no – racconta Walter raggiunto su WhatsApp dopo gli esiti del voto – anche perchè in molti qui a Londra sono stati letteralmente “ingannati” dal fatto che ci fosse una chiara maggioranza pro remain. Così però non è stato, e il leave ha sconvolto, di fatto, ogni equilibrio».

C’è delusione, difatti, e un senso di smarrimento da parte dei connazionali e di quanti credono ancora in un’Europa che la Gran Bretagna non vuole più. Il giovane maceratese non ha dubbi: «Gli italiani l’hanno presa male, come anche la maggior parte dei cittadini UE che vivono qui. I londinesi la pensano allo stesso modo. Inoltre, il resto degli inglesi (non scozzesi e non irlandesi dunque), a mio avviso, ha colto l’occasione per esprimere un voto di protesta nei confronti di un sistema che li ha delusi».

«In molti qui a Londra sono stati letteralmente “ingannati” dal fatto che ci fosse una chiara maggioranza pro remain. Così però non è stato, e il leave ha sconvolto, di fatto, ogni equilibrio», racconta il giovane maceratese che vive e lavora nel Regno UNito

P1240520Adesso, non resta che attendere gli sviluppi più o meno immediati che questa scelta comporterà sul piano finanziario. Occupandosi di un settore commerciale, Rocchi non nasconde una certa preoccupazione per le conseguenze legate al suo ambito lavorativo. «Le perplessità non mancano: non nell’immediato (a parte per le fluttuazioni della sterlina che già da oggi hanno inciso), ovviamente, ma sicuramente
in previsione dei prossimi due anni. Le trattative per le condizioni di uscita saranno inevitabilmente determinanti per la sopravvivenza di business come il nostro che ha finora tratto grande vantaggio dalla libera circolazione di persone, beni e servizi all’interno dell’UE. C’è da chiedersi se i nuovi scenari che si aprono gioveranno all’economia globale e quanto ancora converrà agli italiani optare per la Gran Bretagna come mèta per un avvenire più vantaggioso….».

Vero è che, comunque, dovrà aprirsi una lunga fase dei negoziati per comprendere bene quale sarà il rinnovato rapporto che il Paese avrà con l’Unione europea e quali politiche immigratorie e doganali entreranno in campo. Oltre alla testimonianza raccolta da Emmausonline, al dubbioso, pressante binomio «stranieri: dentro o fuori?» Philip Booth, cattolico, docente di finanza, politica pubblica ed etica alla st. Mary’s University di Londra, sempre interpellato dal Servizio di informazione religiosa risponde con convinzione. «Sarà difficile – spiega l’esperto – che il governo britannico faccia tornare a casa europei che vivono qui da anni o chieda loro visti speciali per rimanere», eppure si affaccia il rischio reale che «un alto numero di europei vogliano approfittare di questo biennio, durante i quali la Gran Bretagna negozierà un nuovo accordo con l’Ue prima di chiudere le frontiere, cercando di entrare nel Regno Unito». In questo caso, «il governo britannico dovrà intervenire», mettendo in atto una partita ancora tutta da giocare.

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