Gli scritti epistolari tramandano che, in una lettera spedita il 28 ottobre 1595 da Nanchang al padre Girolamo Costa di Siena, il maceratese padre Matteo Ricci raccontò  di un sogno, avuto poco prima di entrare in Cina, dove gli si fece incontro uno sconosciuto a domandargli: «E tu vuoi pure andare innanzi in questa terra per distruggere la sua legge antica, e piantarvi la legge di Dio?». Il missionario, meravigliato dell’apparizione divina che «parea mostrasse Pachino», immaginò dunque nel sonno di entrare nella città «con gran fiducia, senza niuna difficoltà».

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(foto Luca Beccacece)

La storia è nota e ben sappiamo che il viaggio compiuto dal gesuita nato nella Civitas Mariae il 6 ottobre 1552 fu tutt’altro che facile, costellato di innumerevoli tribolazioni e da un’altrettanto solida e sconfinata fede in Dio. Chissà allora cosa ne penserebbe lui, oggi, a distanza di secoli, dopo che la “sua” Macerata lo ha saputo riscoprire ad amare, nel 2010, grazie alle Celebrazioni ricciane in occasione del IV anniversario dalla morte, e in questi giorni in particolare in cui 36 intellettuali cattolici cinesi (assieme ad una quindicina presenti nel Seminario missionario diocesano «Redemptoris Mater»), provenienti dai vicini Paesi europei (Francia, Gran Bretagna e Belgio) si sono dati appuntamento in città per il XII Simposio sul tema «Cattolicesimo e dialogo interculturale tra Oriente e Occidente. L’importanza della cultura nel processo di evangelizzazione in Cina».

Il prestigioso incontro, che si concluderà domani, 30 giugno, con il pellegrinaggio verso il Santuario di Loreto, è promosso dal Centro Studi Li Madou, punto di riferimento focale per la valorizzazione della figura e dell’opera di padre Matteo Ricci nel mondo. Un mondo più che mai complesso, in cui i rapporti tra Santa Sede e Cina sono retti da equilibri labili e il dialogo va costruito con «pazienza e speranza», come invita papa Francesco, che non ha mai nascosto il suo desiderio di recarsi in visita nella Terra di Mezzo.

L'Aula Magna dell'Università di Macerata, che ha ospitato l'apertura del Simposio
L’Aula Magna dell’Università di Macerata, che ha ospitato l’apertura del Simposio

Ad aprire invece le porte del tempio del sapere cittadino, ospitando ieri, martedì 28 giugno, un’intensa mattinata di riflessioni nella storica Aula Magna, l’Università di Macerata, da sempre soggetto protagonista assieme alla Diocesi e al Comune per la realizzazione di iniziative congiunte destinate a fare di un nome un’eredità umana, spirituale e culturale sempre più incisiva, oltre ogni confine.

«Per il nostro Ateneo questa occasione di incontro è motivo di soddisfazione» ha sottolineato il rettore Luigi Lacchè, ricordando le tante collaborazioni avviate dall’Unimc con la Chiesa locale «su diversi fronti, grazie agli interessi di scambio comune con la Cina, un mondo contemporaneo che ho avuto modo di incontrare più volte» e ricordando, per l’aspetto economico, China goes global, il prossimo grande evento maceratese che vedrà impegnata l’università in prima linea.

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Da sinistra: don Giovanni Sun, il vescovo Nazzareno Marconi, il rettore Luigi Lacchè, il vescovo Claudio Giuliodori e don Giuseppe Jing

Quindi, rivolgendosi ai due vescovi diocesani presenti, l’attuale monsignor Nazzareno Marconi, e l’emerito monsignor Claudio Giuliodori – a cui si deve l’avvio del vigoroso e affascinante percorso che ha portato Macerata a riportare in luce l’opera di evangelizzazione del suo illustre concittadino, la cui fase diocesana del processo di beatificazione si è definitivamente conclusa – il rettore non ha mancato di citare una delle più importanti iniziative legate alle Celebrazioni del 2010.

La tomba di Li Madou, nel cuore di Pechino (foto Luca Beccacece)
La tomba di Li Madou, nel cuore di Pechino (foto Luca Beccacece)

«Nell’ambito del convegno internazionale di studi Scienza, ragione e fede: il genio di Padre Matteo Ricci – ha aggiunto Lacchè – mi colpì la prolusione del cardinale Camillo Ruini, che mise in evidenza come sia la fede a generare la cultura e come non vada mai dimenticato che il Vangelo è il medium attraverso cui la Chiesa, come popolo di Dio, con grande attenzione e dedizione ha sempre cercato di costruire il dialogo interculturale tra popoli. Le opportunità di apertura e confronto non mancano, il Simposio odierno ne è un esempio, ed è questa la via migliore per conoscere e comprendere le altre culture».

Marzo 2010: fu il Teatro Lauro Rossi, allora, ad ospitare il prestigioso convegno promosso nell'ambito delle Celebrazioni ricciane
Marzo 2010: fu il Teatro Lauro Rossi, allora, ad ospitare il prestigioso convegno promosso nell’ambito delle Celebrazioni ricciane

Un richiamo, quello volto alla “scoperta” dell’altro, rimarcato anche da monsignor Marconi nella sua introduzione che, facendo riferimento al terremoto politico ed economico scatenato dalla Brexit, ha colto l’occasione per spiegare la valenza dell’«amicizia» insegnataci di padre Matteo Ricci. «L’Europa non ha voluto capire il genius loci di un’isola che va riconosciuta, appunto, come isola, altrimenti si generano, come è accaduto, comportamenti che non capiamo. La nostra scelta – ha detto il vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia – è quella di lavorare per conoscerci. Conoscere la cultura di un popolo e condividerla permette di costruire relazioni molto più forti e solide rispetto al puro interesse commerciale».

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Affiancato dal direttore del Centro Studi Li Madou don Giuseppe Jing, è stato l’instancabile don Giovanni Sun a moderare la serie di interventi che hanno scandito la prima sessione dei lavori, intervallati dalle domande degli studenti e letteralmente intrisi di un sapere raffinato, basato su parole antiche eppure capace di aprire ad orizzonti sempre più attuali e inediti, e che, in tutti, ha riportato alla memoria le vive emozioni e i passi concreti scaturiti dal IV Centenario celebrato nella nostra Chiesa diocesana sei anni fa.

image1In apertura, una bella e significativa notizia, arrivata con i saluti dell’arcivescovo Savio Hon, segretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, assente più che giustificato al convegno. Papa Francesco, infatti, il 7 giugno lo ha nominato amministratore apostolico a Guam, negli Usa, dove ha già iniziato l’autorevole e delicato ministero, segno di assoluta fiducia da parte del Pontefice, per il quale ha domandato una preghiera particolare.

A salutare la platea dagli occhi a mandorla ospite in queste giornate presso la Domus San Giuliano, non è mancato poi il sindaco di Macerata Romano Carancini, che ha ripercorso le tappe di un cammino condiviso in questi anni, dove le «Istituzioni e il mondo laico hanno forti responsabilità».

Il sindaco di Macerata, Romano Carancini
Il sindaco di Macerata, Romano Carancini

«Molta strada è stata fatta – ha affermato il Primo cittadino -, e credo sia emblematico vedere, grazie anche al ruolo incisivo dell’Università, quanti ragazzi cinesi scelgono di studiare nella nostra città. A noi, dunque, amministratori e cittadini, giovani in primis, il compito di promuovere l’immenso patrimonio culturale e religioso del nostro conterraneo e di affiancare questo cammino di crescita, affinchè maturino nel tempo relazioni sempre più vere e profonde e la presenza dei cattolici in Cina possa essere vissuta nel rispetto e nella libertà dei valori, senza prevaricazioni».

Quindi, l’intervento di Piotr Adamek, direttore di Monumenta Serica. Il docente, esperto poliglotta, ha ripercorso l’iter che ha portato alla nascita del Simpsosio, «un progetto iniziato dieci anni fa tramite la Serica e che oggi abbiamo il dover di far germogliare, fiorire e fruttificare con il sostegno del Centro Studi Li Madou».

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il direttore Piotr Adamek

A prendere di seguito la parola il moderatore padre Antonio Olmi, docente di Teologia Sistematica presso la Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna, chiamato ad introdurre il contributo di monsignor Marconi su «Il Vangelo: grande codice per la comprensione della cultura occidentale». A padre Olmi, anch’egli maceratese di origine e valente conoscitore della figura ricciana, e a don Sun si deve inoltre la traduzione dal cinese all’italiano del «Catechismo di P. Matteo Ricci. Il vero significato di “Signore del Cielo”». Il testo, edito in Italia nel 2014 e consegnato in dono anche a papa Francesco, contiene, tra i vari contributi, l’introduzione di padre Gianni Criveller del Pi­me e la postfazione del vescovo Giu­liodori.

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Accanto a monsignor Marconi, a destra, padre Antonio Olmi

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«Mi sono trovato in una strada già tracciata dal mio predecessore nell’essere la Diocesi che ha dato i natali a padre Ricci e che vanta la presenza del Seminario “Redemtporis Mater”, che rafforza i legami con l’Oriente, nonchè dell’istituto Li Madou che ci è amico», ha esordito Marconi prima di addentrarsi in un’erudita e coinvolgente argomentazione, degna dei suoi approfonditi studi. «”Il grande codice: la Bibbia e la letteratura” è un saggio pubblicato da Northrop Frye nel 1982, che si rifece nel titolo all’affermazione di William Blake secondo cui “l’Antico e il Nuovo Testamento sono il grande codice dell’arte occidentale”.

Il vescovo Marconi lascia il suo pensiero nel libro delle firme del Centro Studi Li Madou
Il vescovo Marconi lascia il suo pensiero nel libro delle firme del Centro Studi Li Madou

In quel volume – ha asserito il vescovo – lo studioso canadese mise in evidenza come la Bibbia sia stata ed  una straordinaria unità testuale che ha dato forma, a livello di linguaggio, miti, metafore, schemi e tipologie, ad una porzione considerevole della cultura occidentale. La Bibbia è dunque un grande testo letterario ed estetico, generatore a sua volta di letteratura e di arte». Quindi, da parte del presule, la carrellata di agganci tra il «Vangelo e le arti figurative», passando per nomi noti, come Marc Chagall, Caravaggio, Van Gogh. Poi, il legame tra «Vangelo e letteratura», comodando filosofi di rilievo e «l’influsso biblico sul linguaggio che traspare ancora adesso dalla frequenza di espressioni idiomatiche nel comunicare colloquiale: “la pazienza di Giobbe”, “fare un’ira di Dio”, “aspettare la manna dal cielo”, solo per citarne alcune».

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Spazia anche nel panorama della musica antica, monsignor Marconi, cita, tra gli altri, Mozart e spiega che «per godere appieno della potenza trasfigurativa dell’opera di questo artista, è necessario comprendere che la caratterizzazione del divino fornita dal salmo, con il contrappunto dei termini verità e misericordia, prende senso solo nell’eco teologica che queste due parole hanno nella loro ermeneutica evangelica».

DSCN3548Pertanto, è la Bibbia e i suoi versetti a “descriverci” l’attualità in cui abitiamo e in cui si forma la cultura occidentale, toccando quindi «il tema dell’inculturazione». «Se la Bibbia e il Vangelo – dice – hanno permeato e plasmato il pensiero dell’Occidente, dall’altro lato questa stessa cultura ha costituito una preponderante e primaria forma di inculturazione evangelica, tanto da portare lungamente all’errore teologico che questa fosse l’unica inculturazione possibile dello stesso messaggio di Gesù».

Ma attenzione, avverte il vescovo: «Nella patria di Padre Matteo Ricci farci continuatori di questo errore sarebbe imperdonabile». Difatti, osservando l’avvenire da affrontare, «pensare il Vangelo in maniera non occidentale, o almeno lasciare che il mondo dell’Oriente o dell’Africa pensino, rappresentino artisticamente e trasfigurino letterariamente e musicalmente il Vangelo per operare una vera inculturazione del messaggio di salvezza è una sfida che cii sta più di fronte che alle spalle. Forme di neo-colonialismo teologico, da cui ne deriva uno liturgico e pastorale, sono ancora una tentazione viva da cui la teologia del futuro deve salvarsi e la figura di Padre Matteo Ricci gioca un ruolo particolarmente significativo».

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Pertanto, «chi vuole scoprire il segreto della società occidentale nel bene e nel male deve entrare nella Bibbia e nel Vangelo, perchè Dio si è fatto uomo: non è questione di fede, ma di intelligenza e saggezza estetica» ha sintetizzato Olmi chiudendo (in pieno stile cinese) la riflessione di monsignor Marconi – che ha chiuso con una decisamente appropriata citazione di Roberto Benigni («Resto sconquassato dal Vangelo, ha una forza spettacolare. Una forza che ti scarabocchia tutta la vita. Perchè ti dice che puoi sempre ricominciare da capo…) autentico interprete «di un capolavoro come la Divina Commedia, in cui Vangelo e cultura occidentale trovano un incontro oltremodo fecondo» – prima di lanciare l'”assist” a Giuliodori.

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Un intervento, quello dell’assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, decisamente originale basato su uno schema numerico ben preciso. Come «Rileggere l’”Evangelii gaudium” con gli occhi di P. Matteo Ricci»? Il binomio apparirebbe azzardato, eppure, tramite un «3544» illuminante, in grado di avvicinare con incredibile efficacia le esortazioni di papa Bergoglio alle testimonianze lasciate dal gesuita marchigiano, il parallelismo emerge da una serie di passaggi che coniugano passato e presente. Tre sono infatti le parti del metodo missionario – illustrate dal vescovo attraverso un power point opportunamente tradotto in lingua mandarina -, cinque gli atteggiamenti, quattro gli orientamenti e i criteri tramite cui comprendere e attuare le parole del Papa, in Cina come nel resto della terra.

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La statua dedicata a Li Madou, inaugurata a Macao durante il pellegrinaggio diocesano in Cina nel luglio 2010 (foto Luca Beccacece)

«Sono convinto che quest’oggi padre Matteo Ricci sarebbe contento. Abbiamo promosso tante iniziative negli anni precedenti – ha esordito Giuliodori – e, oltre ogni aspettativa, la Diocesi maceratese ha ricevuto il dono del Centro Studi Li Madou: uno dei segni permanenti e tangibili di cosa significhi ricordare, grazie all’opera dello Spirito che supera ogni nostra progettualità». Dunque, da parte del vescovo emerito, la proposta di «una lettura dell'”Evangelii gaudium” con lo sguardo del gesuita, di cui riconosciamo, tuttora, lo straordinario influsso nel cammino che la Chiesa sta compiendo, alla luce delle indicazioni suggerite dal Pontefice, che anche durante il ritorno dal viaggio apostolico in Corea ha avuto espressioni interessanti per il suo confratello e per l’opera di inculturazione del Vangelo attuata in Cina».

«Fattosi cinese tra i cinesi, studiandone la lingua, assumendo la loro fisionomia – ha proseguito, tratteggiando gli atteggiamenti – prima di tutto Ricci, «venendo da lontano e versando lacrime», ha messo in pratica l'”intraprendenza”, facendosi interprete di lodevoli iniziative e lasciando un’ampia documentazione delle sue imprese “A maggior Gloria di Dio”: in un’epoca in cui sembra essere scomparsa la teologia della storia, siamo testimoni di come il nostro concittadino si sia fatto interprete appassionato di una storia in cui lo Spirito non smette di agire». Poi, il riferimento al «coinvolgimento», raccontati da un nutrito epistolario in cui padre Matteo Ricci descrive ai confratelli italiani «la diffidenza di un grande popolo autoreferenziale verso cui si è messo a servizio»: è tra loro che, «a fronte di «una giustizia e del senso di diritto che avevano la preminenza», «aprendo all’accoglienza e alla carità fraterna» introduce il «valore del perdono», concetto-cardine in questo Anno giubilare della Misericordia.

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(foto Luca Beccacece)

Il vescovo Giuliodori, citando sempre come testo di base l’EG ha enucleato poi l’atteggiamento dell’«accompagnare», facendo riferimento alla paziente cura con cui Ricci educò il popolo cinese alla fede: gente, sosteneva il religioso, a cui non si poteva imporre «una forma precostituita, in quanto occorre pazienza per evangelizzare». Padre Matteo Ricci, superando innumerevoli prove, compresa la prigionia a Pechino, con «sopportazione apostolica si è fatto davvero cinese tra i cinesi, con l’odore delle pecore: aveva intuito che non c’erano altre possibilità per stabilire con l’Oriente un contatto fatto di amicizia e reciproca fiducia».

Oltre all’atteggiamento del «festeggiare» e all’«apertura verso l’accoglienza missionaria», del gesuita, abilissimo nel cogliere le “formule” migliori per dialogare con la corte imperiale, si può inoltre tratteggiare l’importanza della «liturgia». Non ostenta la ritualità e i sacramenti ma offre una via straordinaria alla bellezza. «Cosa porta il Ricci all’Imperatore? Offre la meraviglia della musica, con i clavicembali, l’universo della scienza, con le mappe, ma, soprattutto, porta in Cina l’arte, offrendogli in dono la Vergine dipinta ad olio. Un gesto che suscita interesse nel pagano Wan Li che, di fronte alla bellezza, ha un’esclamazione di fede: “Ma questo è veramente Dio!». Quindi il metodo: «Padre Matteo Ricci – osserva poi il presule – passa da una pratica sacramentale, impostata con un paradigma preciso, ad una forma innovativa, tramite l’interculturalità: ossia, far entrare la ricchezza della fede nelle culture con la ricchezza del Vangelo».

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Senza tralasciare l’enorme valenza, espressa da papa Francesco e da Li Madou nei secoli passati, dell’«impegno laicale», Giuliodori ha concluso il suo intervento evidenziando le tante doti che permisero a padre Matteo Ricci di diventare un «interlocutore efficace e apprezzato, entrando nella Città Proibita, inaccessibile ai gesuiti, con preziose carte geografiche e orologi meccanici, e formando un laico a lui vicinissimo, Xu Guangqi (mandarino convertitosi al cattolicesimo), quale ministro di spicco che si impegnò a difendere i gesuiti in Cina fino alla sua morte, avvenuta nel 1633». Davvero, ha affermato il vescovo, «la sfida pastorale di Li Madou è stata vissuta in modo esemplare».

IMG_3929Infine, sulla base di «criteri» ben definiti e «che Ricci conosceva alla perfezione – «il tempo è superiore allo spazio; l’unità prevale sul conflitto; la realtà è più importante dell’idea; il tutto è superiore alla parte» – oggi non resta che guardare al domani facendo tesoro dell’insegnamenti e del “testamento” scritto da questo uomo di fede, di scienza e di inarrivabile cultura. Memore del suo illustre e illuminato confratello, in questo tempo di incertezza e conflittualità, papa Francesco, invita a rispettare il corso del tempo pazientemente: non tutto è accettabile, ha avuto modo di rammentare Giuliodori, «ma l’unità può davvero prevalere sul conflitto ed occorre non smarrire la speranza, senza rinunciare alle proprie idee, e senza farci condizionare dalle fatiche, perchè siamo Chiesa, un solo corpo, come diceva san Paolo. La nostra significativa presenza in Cina, dove oggi, più o meno ufficialmente dichiarati alle autorità locali, operano dieci nostri sacerdoti missionari partiti da Macerata ne è un chiaro segnale».

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E la mente torna a quei germogli di speranza, quando a luglio di sei anni fa, lì dove oggi sorge il campo-giardino del Partito Comunista, in occasione del pellegrinaggio diocesano che coinvolse duecento partecipanti, fu possibile celebrare la Messa al cospetto della tomba di Padre Matteo Ricci. Un atto di devozione e di vera riconoscenza verso un precursore geniale e un testimone autentico della fede cristiana.

La Santa Messa celebrata sulla tomba di Padre Matteo Ricci
La Santa Messa celebrata sulla tomba di Padre Matteo Ricci (foto Luca Beccacece)
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Foto di gruppo per gli intellettuali partecipanti al XII Simposio a Macerata

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