Dall’Associazione culturale Lo Specchio riceviamo e pubblichiamo la seguente nota.

Il festival 2016 non ci sarà, non abbiamo avuto il necessario contributo della nuova Amministrazione e quindi nessun festival. Le scelte fatte dal nuovo Assessore sono nel suo pieno e discrezionale diritto.

A noi rimane l’obbligo di informare il nostro pubblico fedele, che ci segue da tanti anni e la cittadinanza e i tanti turisti che ci stanno chiedendo il programma 2016; vogliamo anche esprimere il nostro punto di vista sulla scelta fatta e sulle implicazioni del tipo di approccio alla politica turistica e culturale di Porto Recanati che sembra privilegiare la nuova Giunta.

Il Porto Recanati festival quest’anno avrebbe raggiunto la IX edizione, dopo aver creato un appuntamento atteso sulla scena culturale locale: esso ha raccontato in questi anni esperienze e problematiche attraverso la voce di filosofi, giornalisti, artisti ed esperti proponendo alla città un laboratorio politico e culturale della cosiddetta società civile. Ha inoltre portato musica d’eccellenza con musicisti sia nazionali che esteri e ha dato spazio ai tanti professionisti della musica della nostra scena locale. Si è anche coraggiosamente contrapposto a proposte vuote e autoreferenziali che non sono mancate davvero nella politica culturale e turistica portorecanatese degli ultimi decenni, perseguendo una concezione di cultura che dovrebbe appartenere non solo agli addetti ai lavori, ma anche e soprattutto a chi ha la responsabilità dell’amministrazione di una città e del bene comune.

Il festival si è proposto, fin dalla prima edizione, come collettore di idee e progetti e come efficace strumento di promozione della stagione culturale e turistica di Porto Recanati. Nel corso di questi otto anni, la nostra variegata offerta ha assunto un’identità consolidata, intesa come reazione, cambiamento, legami, trasformazione, identità, ovvero una società che pensa e ama pensare. Una società, inoltre, che può e che deve fare della cultura il motore di attrazione turistica e di sviluppo economico puntando alla valorizzazione delle ricchezze, dei beni culturali e architettonici che abbiamo “a portata di mano”.

Le argomentazioni addotte ci hanno lasciati un po’ perplessi. Politicamente, il dare priorità a iniziative che richiamino “gente” , valutandole in relazione al peso numerico dei partecipanti è, per noi, miope e controproducente: non ci si rende conto che la massa di turisti e cittadini annoiati, privi di una qualsiasi idea di proposta organica, che si muovono “acriticamente” alla ricerca di qualsiasi proposta che sia “gratis”, non produce qualità, soddisfazione e gradimento, ma solo fruizione passiva, annoiata, del grande “minestrone” che viene propinato a guisa di “razione k” da un cartellone improvvisato, nato dall’incrocio di interessi privati e dalla idea che la politica sia apparire, autoreferente, senza nessuna “identità”. Nulla togliendo alle costose, per il pubblico (costo del biglietto), proposte musicali, gestite dai privati che sfruttano un bene architettonico ottimo per accogliere il pubblico all’ascolto di buona musica (Arena Gigli). Per il resto niente: un grande «vuoto a perdere».

Siamo di fronte a scelte e interventi tendenti sempre a collegare la conoscenza, l’arte e tutta la vita culturale e formativa della comunità alle logiche e alle leggi di un dio-mercato assurto a unico filtro regolatore e selezionatore della produzione e della diffusione della cultura. Investire in cultura non è un costo, ma una risorsa: sociale ed economica. Solo l’intervento pubblico può impedire che l’unico filtro regolatore della produzione culturale sia il mercato, solo l’intervento pubblico può creare le condizioni perché la produzione culturale ed artistica sia realmente autonoma, indipendente e libera. Riteniamo non utili e controproducenti le politiche dei grandi eventi, alle politiche basate sulla precarietà ed occasionalità degli interventi ( notti rosa, vintage, bonus, sagre e fiere ecc.), sulla sostituzione dei diritti con “regali e mance” da distribuire a discrezione del “principe” e sulla teorizzazione del “mecenatismo”, cioè sulla privatizzazione dei diritti e delle istituzioni. Politiche che restituiscono moltissimo in immagine e dal punto di vista economico a chi le promuove, ma in nessun modo influiscono sulla vita vera dei nostri territori, sui centri di cultura e sulla scuola, sui bisogni quotidiani, sulla possibilità di arrivare alla cultura nel proprio quartiere, nel rispetto delle possibilità economiche di ognuno.

Sono necessarie politiche atte all’accesso di chi ha basso reddito, e dei giovani, ad una sala cinematografica, ad un concerto, ad uno spettacolo teatrale, ad un museo, alla lettura dei libri, prezzi economici per cinema, teatri, concerti, libri, mostre, politiche di sostegno alle istituzioni culturali, ai teatri, alle sale di qualità, convenzioni tra le scuole e le istituzioni culturali pubbliche e private, promozione e sostegno di tutte le forme di associazionismo realmente legate al territorio. Prevedere la ri-costruzione e la gestione partecipata de i “luoghi” della cultura. Per luoghi della cultura intendiamo, e ci ripetiamo volentieri, la salvaguardia e il rafforzamento di quelli già esistenti sul territorio: sale teatrali e cinematografiche, sale per concerti, biblioteche, librerie, sedi di associazionismo, di archivi e di tutto quanto è produzione, diffusione e fruizione della cultura e dell’arte.

Chiediamo che la gestione di questi luoghi sia affidata in maniera pubblica e trasparente alle forze culturali, sociali e professionali del territorio sulla base di progetti di lavoro culturale stabile e permanente. Diciamo anche, in modo chiaro e forte, che siamo contrari a qualsiasi forma mascherata di privatizzazione come la trasformazione di luoghi e istituzioni pubbliche in fondazioni. Pensiamo e ci auspichiamo che sia data, in particolare ai giovani, la possibilità di produrre, ricercare e sperimentare, esprimersi e creare e nei quali sia possibile accedere alla produzione e alla fruizione culturale. Luoghi del territorio e non sul territorio. La cultura per noi è strumento e momento di formazione e di crescita, va “vissuta” in tutte le sue forme nel proprio tessuto sociale, secondo le proprie possibilità e la propria vita, in modo permanente e non in notti “colorate” concesse una volta l’anno.

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