Nonostante il meteo inclemente, la Veglia missionaria per commemorare i cinquant’anni di presenza di sacerdoti maceratesi in terra argentina, trasmessa in diretta da èTV Macerata e da Radio Nuova, ha visto una folta partecipazione di fedeli e sacerdoti da molte parrocchie della diocesi.

La celebrazione, che ha avuto luogo all’Abbadia di Fiastra a causa dell’inagibilità della cattedrale di San Giuliano, è cominciata alle 21 ed è stata coordinata da don Alberto Forconi. Già il canto di inizio, Alma misionera (Anima missionaria) e un grande mappamondo che evidenziava l’America Latina collocato sotto l’altare, sottolineavano che protagonista della serata sarebbe stata l’Argentina. Una volta tanto però l’accento non si è rivolto agli strettissimi legami tra il Paese sudamericano e il nostro territorio a motivo dei tanti emigrati lì trasferiti fin dalla fine dell’800 e poi ancora dopo la Seconda Guerra Mondiale.

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dom Frediano Salvucci osb

Stavolta l’attenzione si è concentrata sul legame che unisce le due Chiese. Un legame che si è concretizzato nel 1965 quando i primi sacerdoti maceratesi – don Fernando Mariani, seguito dopo qualche mese da don Nazzareno Piccioni –hanno messo piede nel territorio della grande Buenos Aires assumendosi la responsabilità della prima parrocchia. Lo ha ricordato, dopo la lettura di un brano del Vangelo e la proiezione di un video su Papa Francesco, dom Frediano Salvucci, ora monaco benedettino ma in precedenza sacerdote diocesano.

Fu lui che, assieme a don Alberico Capitani  avviò la seconda fase della missione quando ai maceratesi fu richiesto di spostarsi dalla capitale a Gobernador Costa, sulla Precordigliera delle Ande, un territorio vastissimo ma con soli 8.000 abitanti. La presenza maceratese durò per dodici anni, fino al 28 febbraio 2003. Poi una pausa fino al 2009, quando la collaborazione è ripresa sempre in quella regione, ma sulla costa, nella popolosa città di Puerto Madryn.

don Alberico Capitani
don Alberico Capitani

A questo punto dom Salvucci ha ceduto la parola a don Alberico Capitani, rientrato in Italia da Puerto Madryn dove opera assieme a don Sergio Salvucci e don André Luis de Oliveira, proprio in occasione di questa commemorazione.

Don Alberico ha sottolineato come la missione “Non è solo la storia della nostra presenza in Argentina: quanta gente maceratese è passata a visitare la missione! Al ritorno ha raccontato ciò che ha visto e questo ha innescato la generosità di tanta gente. Se i mattoni potessero parlare la racconterebbero”. Il sacerdote ha proseguito dicendo che “La mia presenza intende soprattutto manifestare il grazie della gente di Puerto Madryn per la generosità della nostra diocesi. L’attività che svolgiamo è indirizzata a dare un fondamento alla loro fede, ad aiutarli a ritrovarsi tra di loro a creare comunità, alzando difese contro l’azione delle sette, che sono molto forti”. Poi il racconto di alcune storie di incontri e dialoghi che hanno esemplificato lo straordinario valore umano dell’esperienza e la conclusione rimarcando come di fronte alle tante difficoltà, povertà, violenze che si incontrano, “il nostro ruolo è manifestare l’incontro con Cristo è incontro con la paternità, la carezza, la misericordia di Dio”.

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don Mario Malloni

Oltre ai cinquant’anni di missione argentina, in questi stessi giorni si celebrano anche i 25 anni del seminario missionario Redemptoris Mater.  La storia  di questo seminario è stata ripercorsa dal rettore don Mario Malloni, protagonista fin dall’inizio nel 1991. Una storia di grazia di cui fu motore il vescovo Carboni e che negli anni ha condotto all’ordinazione sacerdotale 72 sacerdoti incardinati a Macerata e in molte diocesi di tutto il mondo. Attualmente la comunità conta 45 presenze.

img_3463Successivamente si è svolta una processione offertoriale con la raccolta delle offerte dei presenti.

Ha preso poi brevemente la parola don Mario Moriconi, della diocesi di Fermo, che fu anch’egli per alcuni anni missionario assieme ai sacerdoti maceratesi.

Quindi la conclusione del vescovo Marconi che ha esordito dicendo di sentirsi “piccolo, anche di fronte a un sacerdote piccolo come don Alberico” dopo l’ascolto delle storie raccontate. “La nostra diocesi deve avere cara la memoria di queste testimonianze di fede. E non dobbiamo dimenticare l’esperienza di Albania nella quale la nostra diocesi è stata impegnata per molti anni. Una Chiesa di mattoni e di persone”. Lo sguardo si è poi avvicinato: “Ascoltando le esperienze missionarie pensavo che anche qui da noi si possono incontrare scene di povertà, di violenza, di disagio non molto dissimili da quelle appena ascoltate, e non solo all’Hotel House di Porto Recanati: per andare in missione non c’è bisogno di andare tanto lontano”.

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