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Don Gabriele Crucianelli (a sinistra) e padre Alessandro Angelisanti (in piedi)

Giovedì 10 novembre, dopo una sosta forzata a causa del terremoto, che oltre alla grande paura ci ha costretto anche a cambiare sede, abbiamo ripreso gli incontri del nostro percorso per fidanzati della Vicaria di Treia in preparazione al Matrimonio Cristiano, presso l’Oratorio di Appignano (leggi qui l’articolo). Sono presenti più di 30 coppie di fidanzati, i nostri sacerdoti e una decina di coppie animatrici. Dopo una breve introduzione di don Gabriele Crucianelli, che ha voluto riaffermare come questo percorso «sia un cammino di fede verso il Sacramento del matrimonio», bello ed esigente come è esigente e bella la fede cristiana. In questo viaggio, il nostro vicario ha tenuto a precisare che «nessuno è maestro e nessuno è alunno, ma fratelli e sorelle che sono qui per scoprire cosa ci dice Gesù sulla bellezza del Sacramento del Matrimonio», per questo padre Alessandro Angelisanti ci aiuterà ad entrare in un tema molto importante, Il dialogo nella coppia. Qualcuno dice che sia un’arte, altri un mistero, o addirittura un dono.

La platea dei fidanzati della Vicaria di Treia
La platea dei fidanzati della Vicaria di Treia

Entrando subito in sintonia con le coppie presenti, padre Alessandro ha chiesto cosa pensassero della parola comunicazione, termine che contiene dentro un po’ di tutto. Partendo da alcune risposte (“abbattimento di ostacoli che possono creare impedimento alla relazione”; “condividere i propri pensieri con altri; esprimere i propri pensieri e le proprie emozioni”; “trasmissione di un messaggio con forte significato tra un mittente e un destinatario”), padre Alessandro ha iniziato con la lettura del capitolo 1 della Genesi: «In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo…….». Il nostro è un Dio che parla, crea parlando e noi siamo stati chiamati da Lui, siamo una parola vivente di Dio chiamata a lasciare una traccia di Lui sulla terra, questo ci ricorda l’unicità di ciascuno di noi. Dio parlando mette ordine. La parola, la comunicazione, il dialogo è mettere ordine, definirsi e definire. La parola di Dio è un atto potente che mette ordine e da ad ogni cosa un posto, le acque si ritirano per dar posto alla terra, così il cielo con le stelle.

La vocazione è Dio che ti da il posto tuo, io sono contento di essere frate perché sto al posto mio. L’uomo è gioioso quando c’è relazione nel modo vero. Fare un percorso per fidanzati, vuol dire portarsi a casa ogni sera delle armi che vi consentano di stare al vostro posto. La vocazione alla vita matrimoniale è molto più difficile della vocazione alla vita consacrata. L’innamoramento è una prova dell’esistenza di Dio, è una botta di vita, è un tempo bello perché c’è lei/lui, ma questo tempo deve finire. Se vi volete sposare dovete uscire dall’innamoramento. La strada migliore per diventare adulti è quella del matrimonio.

matrimoni_annullatiSe non si riesce a lasciare “il bambino” prima o poi il matrimonio ti farà questa proposta: “Vuoi diventare adulto?” e se non sei attrezzato torni dove fai il bambino, che non vuol dire tornare da mamma e papà, ma tornare ad un altro innamoramento e ad un altro e un altro. Fin quando c’è l’innamoramento tutto è bello c’è una certa facilità relazionale, ma quando c’è una quotidianità seria, prima o poi la vita ti mette di fronte una domanda: «Vuoi diventare adulto o rimanere bambino?». Se non si hanno le armi giuste, ci si lascia, a prescindere dal Sacramento matrimoniale. Quindi il matrimonio è la strada migliore per diventare adulto.

Padre Alessandro Angelisanti
Padre Alessandro Angelisanti

Nella Genesi Dio crea e continuamente crea in doppio (cielo e terra – luce e buio) poi creando l’uomo si mette in discussione e si rende conto che l’uomo non è gioioso, quindi deve “inventare”; il testo dice che fa addormentare l’uomo e gli prende una costola (il torpore è l’innamoramento, che è una specie di sonno in cui non si vedono i difetti dell’altro) ed al risveglio vede la donna. Così l’uomo vede la donna e finalmente parla, si scopre relazionale e dice: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne». Questa è la prima volta che nella Bibbia compare la gioia. Tu domani ti sposerai, avrai dei figli, ma se non curerai la relazione con il coniuge, sarai solo felice non gioioso, c’è bisogno del due e l’identità coniugale sarà “io con lei”. Ecco la realtà matrimoniale e il sacramento che da la forza per mantenere e difendere l’identità. Fino al matrimonio io sono io, ma dopo il matrimonio siamo noi.

Il passaggio dall’innamoramento all’amore avviane se c’è il desiderio, che diventa scelta, decisione, altrimenti l’altro non diventerà mai la tua gioia. La comunicazione è la verità di noi stessi, comunica bene chi è vero con se stesso e con gli altri, ossia chi sta al suo posto. La prima identità che ci viene data al nostro comparire sulla terra è quella di figli, il primo posto che dobbiamo occupare è quello di figlio e il figlio è anche erede e non giudica mai il padre e la madre. Se nel vostro cuore sentite un giudizio verso i genitori non siete figli e se non siete figli non vi potete nemmeno sposare, perché non siete pronti per diventare “fecondi”. Comunicare nella verità è mettere a parte l’altro di tutto quello che sono io, lo informo di tutto quello che sono stato anche nel passato.

Don Gabriele Crucianelli
Don Gabriele Crucianelli

Quando una coppia viene da me dicendo di essere in crisi scopro che non conoscono tutta la storia dell’altro, il passato, i genitori dell’altro, ma accade anche che non conoscono neanche la storia dei propri genitori; sappiamo di loro per sentito dire o perché ce l’hanno detto loro? I loro sacrifici, i loro sforzi; ce l’hanno messa tutta, anche sbagliando. Metto a parte dell’altro tutto il passato e anche tutto il futuro, l’altro deve sapere il mio progetto cosa mi spinge ad alzarmi la mattina, a sacrificarmi, dove vorrei arrivare. Ognuno condivide il proprio progetto per arrivare a costruire il progetto di coppia, perché l’identità nel matrimonio è: «Io sono con te». Mettere a parte è un potente strumento per la vita matrimoniale.

Quando una donna si sfoga vuol comunicare: «Mi proteggi, mi abbracci, mi sei mancato». Molti maschietti stanno sempre zitti perché non sono stimati, sono spesso giudicati negativamente, poi le mogli a volte vengono a sfogarsi e cercano la relazione con noi; no! Non va bene, venite con il marito poi parliamo a tre, allora è vero che vuoi salvare il matrimonio. Quando uno comunica all’altro nella verità da le coordinate, dice all’altro dove sta, perché possa venire ad incontrarti, ma se l’altro non ti capisce, può dipendere da te che non hai dato le coordinate giuste. Voi vi sposate e dite: «Io accolgo te nella salute… e prometto di esserti fedele sempre», lo dici e sembri un adulto, ma se poi ti vai a sfogare da mamma, tua moglie o tuo marito, quando verrà, incontrerà un adulto? Non troverà nessuno, litigherete inutilmente: «Ho detto all’altro che stavo lì ed invece stavo da un’altra parte».

La comunicazione deve essere sempre vera, ed io devo essere dove dico di stare, anche se non mi ami più. Spesso mentre uno premette, nel suo intimo pensa: «Mi prometti che…». La dimensione per capire la verità su quello che prometto è il corpo. Il corpo non mente mai. A parole uno promette di amare la moglie, ma se passa molto tempo a parlare a confidarsi con la collega, anche mano nella mano, con chi è sposato? Oppure una moglie che dice di amare il marito poi si va a sfogare con la madre e la domenica cerca sempre di andare a pranzo dai suoi e magari anche a cena, con chi è sposata? Anche i figli non devono essere messi al primo posto, il primo posto è per il proprio coniuge. La comunicazione è un’arte, è una verità di tutti noi stessi, bocca, cuore, corpo e anima. La verità della relazione è l’intimità, che è sentire l’altro in me. Papà e mamma stanno molto male e fra non molto, purtroppo moriranno, ma io li sento in me. L’intimità coniugale è sentire l’altro in me, è camminare mano nella mano anche se non siamo vicini, è sentire la gioia dell’amore anche se non facciamo l’amore.

L’intimità è l’altro in me e l’altro davanti a me, lo vedo sempre e vedo tutta la storia che mi passa davanti e sento di sceglierlo e risceglierlo, e sento che lui mi è accanto anche se non c’è, e sento l’altro che mi protegge e che mi sostiene anche se in quel momento è altrove, ma so che, se necessario, lui verrebbe a difendere la nostra identità matrimoniale che abbiamo scelto insieme. Più una coppia cammina verso l’intimità attraverso la comunicazione e più penso che vivrà la sessualità secondo il progetto di Dio, altrimenti diventerà una cosa meccanica. Più si comunica nella verità e più la sessualità viene vissuta secondo il progetto di Dio. “Io in te e tu in me anche con il corpo” e non è solo per un momento.

Ecco perché la Chiesa dice di attendere a fare l’amore, perché occorre prima una costruzione vera dell’intimità. Più creerete intimità più, quando con la grazia sacramentale farete l’amore, vivrete l’esperienza di essere corpo di Cristo per l’altro e il letto matrimoniale diventa il vostro altare. Essere Gesù per l’altro: «Prendi il mio corpo, è tuo». Ecco la verità della relazione e quel corpo, secondo la Bibbia, è tutta la persona e l’altro ci crede perché io l’ho messo a parte di tutto di me, del passato, del presente e del futuro.
Vi auguro tanto di vivere la comunicazione nella verità e per essere veri e poi di arrivare a quest’apice: «Sperimentare Gesù già sulla terra».

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