«La vita continua. Vogliamo che si sappia che non ci sentiamo minacciati. È quello che abbiamo fatto anche dopo l’assassinio di padre Hamel: affrontare la situazione con atteggiamento solido, non perdere la fiducia negli altri, avere prudenza ma non cedere all’angoscia, andare avanti senza paura con i cuori nella pace». A parlare è l’arcivescovo di Montpellier, monsignor Pierre-Marie Carré, che questa mattina presto si è immediatamente recato nella casa di riposo “les Chênes verts” a Montferrier-sur-Lez che si trova a dieci chilometri a nord di Montpellier. Nella struttura sono ospitati una sessantina di religiosi della congregazione dei “Missionari d’Africa”. Intorno alle 22 un uomo, che nella notte si è dato alla fuga, si è asserragliato all’interno della struttura ed ha ucciso una donna colpendola con tre colpi di coltello. Subito dopo dato l’allarme, sono immediatamente intervenute le forze dell’ordine all’interno della struttura.

«Vengo dalla casa dove vivono i missionari e dove una donna è stata uccisa», racconta al telefono al Sir l’arcivescovo Carré: «Non si sa ancora la ragione dell’attacco, tutte le piste sono ancora aperte. Non si sa perché questa donna è stata uccisa. Ci hanno detto che non è per forza per motivi religiosi. Possono essere ragioni diverse». Nella struttura sono ospitati missionari molto anziani. «Li ho trovati sotto choc. Intanto perché conoscevano molto berne la persona che è stata uccisa. Era una donna che prestava servizio di cura nella casa, una donna che vedevano tutti i giorni, che amavano tantissimo. Non si sentono comunque minacciati in quanto missionari. Ciò che li ha colpiti moltissimo è stato soprattutto l’intervento delle forze armate che quando hanno saputo dell’attacco in corso, sono entrate nella casa, sapendo che l’uomo era o poteva essere ancora lì. Hanno quindi buttato giù porte e fatto irruzione. È stato proprio questo quello che li ha colpiti».

L’arcivescovo conferma che non è ancora chiara la matrice dell’irruzione e dell’assassinio della donna. «Il direttore della casa mi ha detto che nessuno parlava arabo e che non hanno avuto l’impressione di una minaccia jihadista. Stiamo attendendo che si trovi l’assassino. Solo allora si potranno capire molte cose». Monsignor Carrè non parla mai di “paura”. «C’è inquietudine per quello che abbiamo vissuto ma il nostro atteggiamento sarà sempre lo stesso: si può essere inquieti, dobbiamo essere prudenti ma non ci sentiamo minacciati in quanto cattolici. Anche i padri ospitati nella casa di riposo li ho trovati così: sotto choc ma in un atteggiamento di grande dignità».

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