L‘inizio del nuovo anno scolastico era stato segnato in qualche modo da due episodi che mi avevano fortemente incuriosito. Un padre aveva fatto sentire la sua voce dichiarando di non aver voluto far fare al figlio i compiti durante le vacanze estive adducendo varie motivazioni, alcune delle quali certamente condivisibili. Una madre invece giustificava la figlia che non aveva fatto i compiti pomeridiani perché, asseriva, la bambina dopo otto ore di scuola aveva diritto di giocare.
Mi era venuto in mente di scrivere qualche riflessione, ma poi il tempo è passato e le mie considerazioni sono rimaste nel cassetto.

L’altro giorno ho letto la notizia di quei genitori che sono andati a riprendersi i loro figli che avevano occupato un liceo di Roma ed hanno così permesso il regolare riavvio delle attività didattiche. Mi è venuto spontaneo pensare che era ora che i genitori tornassero a svolgere il loro ruolo di genitori come condizione prima per favorire lo sviluppo armonico dei figli.
Questo episodio mi ha fatto perciò riprendere alcune idee che desidero condividere con tutti quelli che hanno a che fare con la formazione dei giovani, siano essi genitori, nonni o insegnanti.

Il genitore che si rifiuta di far fare i compiti delle vacanze ha qualche ragione, ma in una visione certamente sbagliata del processo formativo. Le vacanze estive sono lunghe e sappiamo tutti che gli alunni, soprattutto quelli più piccoli, ad un certo punto non vedono l’ora di tornare a scuola perché il gioco troppo prolungato e l’ozio li annoiano. Quindi è certamente utile che essi siano impegnati in alcuni brevi momenti della giornata per continuare a mantenere vivo il contatto con la scuola.. Quel genitore ha però ragione se i ragazzi sono costretti a riempire quegli odiosi libri per le vacanze (personalmente non li ho mai suggeriti), improvvisati spesso da pseudo case editrici, che servono solo a far perdere tanto tempo. Qualche buona e piacevole lettura, qualche pagina di diario, qualche riflessione personale su eventi un po’ particolari, sarebbero certamente più utili.

Inizia l’anno scolastico e la mamma non vuole che la figlia faccia i compiti dopo otto ore di scuola. Mi sento di darle ragione perché troppo spesso gli alunni vengono messi nella condizione di dover subire interminabili lezioni frontali e poi di dover studiare a casa da pag. x a pag. y.

Per molti ragazzi è una situazione intollerante o perché sono oggettivamente stanchi o perché non hanno a casa chi è in grado o ha il tempo necessario per seguirli. È vero che un momento di riflessione domestico è importante, ma questo è possibile quando il ragazzo ha acquisito, nelle otto ore di scuola, tutti gli strumenti per farlo agevolmente. Allora è forse il momento di ripensare le modalità per rendere efficace l’attività didattica.

Mi pare che questo sia lo spirito nel quale si muove la riforma per una “Buona Scuola” che forse non è stato ancora compreso perché ci si è fermati più a sottolineare aspetti burocratici quali le nuove modalità di assegnazione dei docenti o la figura del Dirigente scolastico che, in una visione complessiva del processo formativo, sono tuttavia aspetti piuttosto secondari, anche se in qualche misura da rivedere.

Forse, magari inconsciamente, il senso della Buona Scuola è stato capito da quei genitori che, andando a riprendere, in maniera anche energica, i loro figli che occupavano il liceo di Roma, hanno voluto dare un messaggio chiaro: i nostri figli devono tornare a fare gli studenti, la scuola deve però dimostrare, senza voler fare polemiche, analogo impegno.

Diciamo perciò grazie a questi genitori e auguriamoci che non succeda, come è capitato di recente, che arrivi qualcuno animato solo dal desiderio di cancellare la riforma, prima ancora di seguirne e vederne i risultati.

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