Le scuole si rifaranno. Hanno la priorità, come è giusto che sia. Senza dimenticare le necessità di adeguamento sismico di forse quasi tutti gli Istituti, certamente gli interventi più rilevanti riguardano l’Istituto Tecnico“Divini” di San Severino Marche ed il “Filelfo” di Tolentino. Per il primo l’assicurazione della disponibilità dei soldi viene direttamente da Errani, per il secondo, apparentemente escluso dalla prima comunicazione, è intervenuto a rassicurare il presedente della Regione Ceriscioli. E parlano anche di tempi miracolistici, visto l’andazzo a cui finora ci siamo abituati: tutti i due i plessi scolastici dovrebbero essere pronti entro il 2017. Tutto bene. Staremo a vedere fiduciosi.

Vorrei comunque porre alcune riflessioni sulle quali non ci si è affatto fermati o sono state troppo – a mio parere – rapidamente accantonate.
Il fondo della questione mi pare che in ogni caso, come per altri interventi, sia la capacità o meno di cogliere “l’occasione” della drammaticità della ricostruzione per garantire la rapida ripresa della vita e delle attività del nostro territorio, avendo però lo sguardo oltre l’immediato, con la prospettiva magari di uno sviluppo e non sono di un argine all’impoverimento complessivo già avviato precedentemente.

Su questo si inserisce anche la riflessione sulla sistemazione delle scuole. Intanto: dove? Le scuole sono indubbiamente il cuore di un paese. Il luogo dove crescono i figli, dove si formano quelli che sono la ragione della speranza per il futuro. E vale la pena ricostruire paesi, stalle, negozi, case, … scuole solo per questo. E per questo devono stare anche fisicamente dove si pensa sia il centro pulsante di un paese. Da noi, nel nostro territorio, non è certo l’estrema periferia dove allocano i capannoni, siano industriali o commerciali. Specialmente questi ultimi: i centri commerciali. Certo stanno nel perimetro del comune, ma non hanno niente a che vedere con la città. Anzi sono una delle cause/effetti dell’impoverimento di una città.

Vado al Retail Park di Tolentino, o al Corridomnia, ma non vado ne a Tolentino né a Corridonia. Anzi ho ancora meno ragioni per andarci. Mi basta fermarmi a quel negozio che è uguale a se stesso in ogni parte del mondo. Ci sono altre ragioni che spingono alla crescita e moltiplicazione di questi luoghi, che nulla hanno a che fare con il territorio. Ora, dopo il terremoto: i nostri paesi cosa sono se non quelle persone che ci vivono, quelle chiese che contengono quei dipinti, quei vicoli caratteristici, quegli scorci che fanno dire a Leopardi “terra delle armonie”? Non sono i capannoni periferici (che pure servono per attività del luogo o per altre che impiegano persone del luogo e fanno restare lì ricchezza). Non lo saranno neppure i capannoni leggermente più rifiniti che pensiamo acquistino la loro dignità solo perché pomposamente li chiamiamo “campus”, come si pensa di fare a Tolentino per l’istituto Filelfo. Avranno una bella vita a sé, asettica, non contaminata dal vivere della città, ed anch’essi uguali a se stessi in ogni parte del mondo. Giustamente legati a quei negozi che identici potrebbero stare altrove e che arricchiscono solo gruppi finanziari. Non servirà la cartoleria, la libreria, la pizzeria, il bar: a tutto assolve il centro commerciale che continuerà a succhiare linfa al paese. Che non vedrà più giovani a spasso o per raggiungere il treno, il pullman.

Certo più semplice e rapido urbanizzare un’altra area verde (beato il proprietario che ne vede crescere il valore!), piuttosto che pensare a come recuperare spazi (e ce ne sono di adatti!) presenti nel centro urbano.
Ignobilmente si tira in ballo la paura del terremoto: guardate che le strutture del centro storico che sono state ben fatte sono perfettamente integre (caso mai verificate perché invece alcune hanno mostrato qualche problema!).
Questa la prima riflessione sulla ricostruzione delle scuole, che mi sembra non abbia trovato finora sufficiente spazio di dibattito.
Ne pongo, infine, una seconda che ha di più un significato educativo per i nostri giovani. Ma non per questo meno importante. E qui il discorso vale sia per le scuole superiori di Tolentino che di San Severino. Saranno ambedue da ricostruire. Il “Divini” di San Severino sarà rifatto sull’area del vecchio che sarà demolito. Del “Filelfo” abbiamo detto.

Per tutti e due, quale occasione per riunire tutti gli indirizzi delle scuole superiori del territorio! In sintesi: la nuova struttura, in tutte e due i casi, dovrebbe accogliere anche l’Istituto professionale presente sia a San Severino che a Tolentino. Fuori dai denti e dall’ipocrisia: sono considerate scuole di serie B (già sento le proteste salire… magari da quei genitori che sperano che il figlio si iscriva al classico, senza vedere la sua attitudine, perché non sia mai preferisce sporcarsi le mani armeggiando col motorino… magari da quei professori della scuola media che indicano il proseguo a quelli di terza in base ai voti, indicando: “ma questo dove vuoi che vada, se non al professionale”… magari da quei professori che si pavoneggiano perché stanno al classico e da quelli che si sentono meno professori perché hanno a che fare con quelli di meccanica…). Ma i ragazzi? Spessa, in fondo, non ci interessa di loro, se non quanto riflettono noi stessi.

A scuola devono stare insieme. Percorrere gli stessi corridoi, salutarsi la mattina all’ingresso e rivedersi all’uscita, incrociandosi nel cambio di aula verso i laboratori, raccontandosi che uno sta andando nel laboratorio linguistico, l’altro a sentire una conferenza sugli autori greci e l’altro ancora in officina, o al laboratorio di taglio, comunicandosi la stessa soddisfazione o la stessa scocciatura. Comunicandosi in fondo quello che in quel momento c’entra con la loro vita. Quelli del professionale fanno troppo casino (lo sento, anche se il professore del liceo lo pensa ma non lo dice…). Perché non facciamo una prova genetica, o andiamo a riprendere il Lombroso, forse scopriremo che è vero: gli studenti del professionale non possono stare insieme a quelli più elevati, dal tecnico in su! Provoco. E va bene così. Parliamone (però, questo no, non tiriamo fuori discorsi marginali, come il mantenimento delle presidenze, le segreterie, gli organici… tutto sarà calibrato alle esigenze. Ma se ne parlerà dopo.)

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