Una laurea triennale conseguita all’Università Politecnica delle Marche e il “sogno” che, nel giro di pochi mesi, si tramuta in realtà, spiccando il volo verso la Francia. A tracciare il percorso accademico di Marco Arbotto, studente di Recanati, classe 1991, è una scelta maturata non sull’onda di un’emozione passeggera dettata dalla giovane età bensì dalla consapevolezza che «all’estero si respirano un approccio allo studio e una meritocrazia molto più stimolanti, che vanno colti senza ripensamenti».

Come lui, ce ne sono tanti di coetanei che, spinti dal desiderio di perfezionare la propria formazione accademica o intraprendere un nuovo, stimolante percorso lavorativo, decidono di lasciare il Belpaese (e le comodità di casa propria…) per “avventurarsi” in un trasferimento che comporta sacrifici ma altrettante soddisfazioni. Li definiscono «cervelli in fuga», ma di fuga c’è ben poco: semmai, la ragionevole aspettativa di costruire un futuro in cui le capacità e i talenti vengano messi a frutto. Possibilmente senza frustranti delusioni, come accade molto, troppo spesso in Italia, penisola anagraficamente ormai “vecchia”, ricca di prestigiosi Atenei ma forse poco lungimirante in fatto di occupazione lavorativa.

L’Université Paris-V

E se il trasferimento nelle altre nazioni d’Europa dove «le opportunità non mancano, e si cresce prima di tutto come persone oltre che come professionisti» qualche anno fa era l’equivalente di un progetto a termine o di un cammino di studio principalmente legato all’Erasmus, oggi, per gli under 30, l’ipotesi di viaggiare e intraprendere una vita altrove rappresenta una parentesi di vita non più a tempo determinato.

Marco con la fidanzata: studiano entrambi all’Università Paris-Descartes

Per Marco, come racconta lui stesso nella video intervista realizzata per Emmausonline, il “bivio” si è presentato in fretta: figlio unico, sebbene lasciare famiglia, città e amici non sia mai facilissimo, nonostante la paura seminata quotidianamente dagli attacchi terroristici, si è dimostrato pronto e curioso di conoscere il mondo oltre i confini marchigiani e cimentarsi, tra l’altro, con una nuova lingua. Terminato infatti l’iter accademico ad Ancona, nel marzo 2016, assieme alla fidanzata Eleonora Pinto, arriva il tempo sabbatico di guardare avanti, nella speranza di un domani promettente in cui la teoria possa sposarsi con una pratica concreta.

Sì, ma dove? E, soprattutto: ancora in patria, mentre il mondo globalizzato e interconnesso spinge sempre prima giovani e giovanissimi ad emanciparsi con scaltrezza, salendo su un aereo già da adolescenti o facendo colloqui via Skype per tentare un tirocinio che faccia buon curriculum? «Nel mio e nostro caso i dubbi sono stati pochi: poco dopo la metà di agosto io e la mia ragazza (anche lei marchigiana e iscritta alla medesima università, ndr) eravamo già diretti a Parigi, motivati dall’idea di formarci in un luogo d’eccellenza». Un’eccellenza che l’Université Paris-V, conosciuta come Università Parigi-Descartes incarna fin dal 1971, con le sue dieci facoltà.

Marco Arbotto ha proseguito l’ambito didattico già avviato con l’Univpm e dal settembre scorso ha iniziato a seguire (rigorosamente in inglese) le lezioni nella capitale francese, condividendo libri e giornate con studenti provenienti da ogni parte del pianeta. Attualmente è impegnato in un tirocinio sempre di area biomedica.

«Nel laboratorio in cui collaboro anche io come stagista – spiega con piglio riflessivo e risoluto – i nostri docenti cercano di studiare particolari neuroni posti nel midollo spinale e il modo in cui malattie neurodegenerative, come la SLA ad esempio, interferiscono su di essi. Il mio compito, al momento, è quello di elaborare data analysis: in termini più chiari, sto cercando un algoritmo in grado di classificare questo tipo di neuroni in base a delle caratteristiche specifiche».

Sapere cosa accadrà e dove si svilupperà la carriera professionale dopo la laurea specialistica è prematuro, ma di certo per ora non manca l’adrenalina nel rendersi conto di essere, in qualche modo, fautori del progresso. «Se vuoi, puoi» è il messaggio che Marco lancia ai ragazzi alle prese con nuove, incoraggianti prospettive, facendo proprie, di fatto, le parole di Leo Buscaglia: «Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo, noi stessi diventiamo qualcosa di nuovo».

Il giovane recanatese a Parigi con i suoi compagni di corso

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