La locandina del Convegno

In sintonia con il cammino sinodale che impegna la nostra diocesi, giovedi 27 aprile presso l’Aula Magna dell’Istituto Teologico Marchigiano di Ancona si è parlato di “Fede e sacramento del matrimonio” in un convegno di studio teologico pastorale. La mattinata ha visto, con don Massimo Regini della diocesi di Pesaro nei panni di moderatore, gli interventi di Andrea Grillo, docente di sacramentaria al Pontificio Ateneo S. Anselmo, e Mons. Carlo Rocchetta, fondatore della “Casa della Tenerezza” di Perugia.

Il professore dell’ateneo romano, partendo dalla dottrina matrimoniale ottocentesca, che non dava rilievo alla fede, più preoccupata di difendere la dimensione naturale e sacramentale, ha indicato come, nella rilettura della tradizione proposta dal pensiero e dalla pratica post-conciliare, si recuperi la rilevanza della fede in una dimensione che considera l’unione e la generazione, allo stesso tempo, come vita comune e alleanza di salvezza. «Restituire il sacramento del matrimonio ad una dinamica di fede – secondo Grillo – significa ricollocarlo nell’orizzonte di una tradizione che viene illuminata non solo dalla parola di Dio, ma anche dall’esperienza degli uomini».

Mons. Carlo Rocchetta, don Massimo Regini, Andrea Grillo

Mons. Rocchetta invece ha spiegato come il tempo del fidanzamento abbia fondamentale valenza «perché è una palestra dove ci si allena ad amare e ci si chiede che posto occupa Dio nella propria storia; infatti difficilmente i fidanzati sentono il loro amore inabitato da Dio: percepiscono il tempo del fidanzamento come kronos, quello che scorre monotono, e non invece come kairos, e cioè il tempo favorevole, dove Dio opera». «È inoltre indispensabile una teologia del fidanzamento, che tra le altre attenzioni – secondo il sacerdote umbro – aiuti a rileggere il fidanzamento come tempo sacramentale in un continuum con le nozze cristiane,

Il fidanzamento è un tempo sacramentale
in quanto precede, predispone
e fonda l’atto nuziale

in quanto precede, predispone e fonda l’atto nuziale». Il tempo del fidanzamento, inoltre «trae forza dal Battesimo e dalla vocazione che attende di essere concretizzata» (Direttorio di Pastorale Familiare 1993), così si presentano 2 polarità: quella fondante dell’iniziazione cristiana e quella orientante del matrimonio come sacramento. Il battesimo infatti, sottolineava ancora Rocchetta, è «sorgente del cammino di grazia dei fidanzati, dove lo Spirito Santo sospinge al di là di se stessi per muoversi dall’individualità verso il “noi”: è tempo crescita nella fede, come azione di grazia, discernimento, e scelta verso il futuro». Nel considerare invece la polarità orientante, bisogna tener conto che «la grazia del sacramento opera su ciò che trova: non fa miracoli, porta frutto solo se il terreno è stato predisposto – ha spiegato il presbitero –; c’è infatti reciprocità tra natura e grazia: quanto più i fidanzati si avvicinano al Sacramento con docilità all’azione dello Spirito, tanto più il matrimonio porterà frutto; se manca in tutto o in parte il presupposto di natura su cui la grazia opera il sacramento nuziale rischia di essere impoverito e di non essere fecondo per gli sposi». Ha concluso poi spiegando, sempre in relazione al tema del suo intervento, le diverse indicazioni del Papa in Amoris Laetitia.

Roberta De Marchi, Simone Pilisi, Francesco Giacchetta

Nel pomeriggio invece, dalla teoria si è passati alla pratica, e con il professor Giacchetta a moderare, c’è stato lo spazio per la “narrazione della fede”: due coppie hanno raccontato la loro esperienza di vita e di fecondità matrimoniale. Inizialmente Simone Pilisi e Roberta De Marchi, della diocesi di Senigallia, hanno spiegato come l’accompagnamento dei fidanzati verso il matrimonio, parimenti a quello delle famiglie ferite (gruppo “Pozzo di Giacobbe”), sia occasione «di crescita della nostra coppia: stare coi fidanzati è capire di essere parte di un progetto più grande, mentre con i separati traiamo l’insegnamento di toccare una fede provata nella sofferenza, purificata ed elevata: è possibile non farsi sopraffare dal dolore perché ci si sente ‘Figli di Dio’ anche quando non lo si percepisce come Padre buono. I separati ci fanno capire inoltre il significato del perdono».

Famiglie ferite: è possibile non farsi sopraffare dal dolore perché ci si sente figli di Dio anche quando non lo si percepisce come Padre buono

La famiglia senigalliese ha raccontato che iniziano ad esserci anche i primi “figli di famiglie ferite” che si avvicinano al Sacramento: «Siamo chiamati a fare i conti con queste nuove situazioni – ha affermato Roberta – che evidenziano il positivo della volontà di credere nel matrimonio, ma anche di evitare di insegnare ciò che è bene e male “per loro”, ma semplicemente testimoniare con la vita e la bellezza dell’amore essendo segni di speranza».

Francesco Ceselli, Giulia Marzioni, padre Gabriele Pedicino, Francesco Giacchetta

Successivamente è stata la volta di Giulia Marzioni e Francesco Ceselli, di Tolentino, che accompagnati da padre Gabriele Pedicino, hanno raccontato la bontà e la bellezza delle esperienze di convivenza vissute dagli studenti delle scuole superiori, che oramai da anni si svolgono nel convento degli agostiniani (sospese ora in conseguenza al terremoto), spiegando come sia di grande testimonianza per i ragazzi vedere tante coppie (non solo Giulia e Francesco) che aiutano, con grande disponibilità e semplicità, nelle diverse attività. Così, alla bellezza che appare in modo evidente nel prendersi cura l’uno dell’altra anche in questo contesto non propriamente ‘familiare’, i ragazzi rimangono affascinati, perché «di fronte alla bellezza tutti si piegano e sono attratti», ha affermato Francesco.

Il matrimonio può guarire
la durezza del cuore

Il convegno, reso possibile grazie all’impegno del preside dell’Itm don Enrico Brancozzi, è stato concluso da don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia della CEI, che ha illustrato le sfide della pastorale familiare dopo l’Amoris Laetitia.
«Occorre ravvivare la memoria, spalancare la speranza e immergere nella promessa. Per farlo bisogna far sentire “il profumo di Cana”: il vino

don Paolo Gentili, Giulia Marzioni, Francesco Giacchetta

nuovo offre occhi nuovi. Le giare di acqua – ha spiegato don Paolo – erano per la purificazione: ma non basta una purificazione esteriore per amarsi per sempre, ma occorre realizzare la profezia di Ezechiele (cap. 36: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo. Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne”). Il matrimonio guarisce la durezza del cuore: per questo la Legge si trasforma nella Grazia che rende possibile ciò che alla Legge non riesce. Ogni crisi è occasione per arrivare a bere nella coppia il vino migliore: servono accompagnatori esperti di peccato e di grazia; veri e propri sommelier del vino della gioia».
Citando poi Papa Francesco nell’udienza generale del 27 maggio 2015, il presbitero toscano ha affermato che «fare di due vite una vita solo è quasi un miracolo, un miracolo della libertà e del cuore, affidato alla fede».

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