La speranza è come un palpito infinito e sempre nuovo che si fa sentire; soprattutto nelle situazioni peggiori. È proprio questo il sentimento che ha animato il cuore di due sorelle anziane, originarie di Camerino e da sempre vissute lì. Dopo la grande paura, lo scompiglio e tutte le difficoltà del primo mese post- sisma, acuite dalle fragilità dell’età, le signore M. hanno potuto contare su un’ottima ospitalità in un paese vicino e, successivamente constatare che, per fortuna, la loro casa non era gravemente danneggiata.

Un sollievo che poteva dare la giusta grinta per ripartire, dopo tutti i sacrifici per tenersi informate sull’evolversi della situazione e sulle varie pratiche da fare descritte quasi unicamente online. Tuttavia esse si sono trovate ad affrontare l’estrema lentezza della burocrazia, che non ha lasciato scampo a nessuna delle famiglie terremotate e, anzi, ha peggiorato il tutto, appesantendo ogni passo con nuove ordinanze, un susseguirsi infinito di procedure che si contraddicevano una con l’altra.

«La casa è il riassunto di una vita. Qui stiamo bene nel complesso, ma viviamo in una stanza, c’è sempre quel senso di provvisorietà», da qui la volontà delle proprietarie di trovare un modo per riottenerla quella casa. Quest’ultima era stata valutata dalle schede Aedes di livello B (agibile con provvedimenti), come molte altre abitazioni circostanti. In particolare il danno della loro casa è minimo: avrebbe potuto quindi essere già da tempo risolto.

Oggi, ad un anno dall’inizio dello sciame sismico, la situazione è rimasta tale ad eccezione di un’unica possibilità che le signore hanno scelto: anticipare tutti i costi per la ristrutturazione ed agibilità della casa, recuperando poi il 70% della spesa sulle tasse in 5 anni (bonus attuato dallo Stato). Questo, come si può ben capire, è un rischio data la loro età, ma d’altronde a chi altro potevano affidarsi se non a loro stesse?

Come aiuto al loro territorio hanno deciso poi di rivolgersi per i lavori (appena iniziati) ad un’impresa locale. Naturalmente per le sorelle M. questo è stato un duro colpo non solo economico, ma anche morale da pagare per porre fine all’esodo forzato, che ha causato un’enorme disgregazione sociale con questa politica della “deportazione” verso la costa.

È tardi, il tempo scorre, tante persone sono ancora lontane e questa lontananza significa perdita di gente che dopo un anno ha dovuto per forza rifarsi una vita da un’altra parte perché ha visto che si muoveva tutto così piano, che anche gli edifici facilmente recuperabili, se non salvi, rimanevano chiusi, fermi.

La speranza è come un palpito infinito e sempre nuovo, ma qualcuno deve alimentarla e, il tempo per farlo, infinito non è.

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