Enrico Maria Scattolini

È giunto il momento d’intonare il “De profundis” per la Maceratese. Deceduta ufficialmente ieri pomeriggio, dopo quasi cent’anni di esistenza non sempre esaltante, ma sicuramente dignitosa e pure con qualche punta di orgoglio. L’ultima delle quali vissuta un paio di anni fa con la Serie B sfiorata dalla squadra di Bucchi.

La dichiarazione di morte è stata formalizzata un attimo dopo la rinuncia all’iscrizione alla terza categoria di una nuova società (tecnicamente “matrice”) che, nelle intenzioni dell’eroico Alessandro Chiaraluce e di qualche volenteroso collaboratore – fra cui il sottoscritto -, avrebbe dovuto assicurare la continuità del calcio biancorosso.

L’idea era stata ventilata in un’assemblea indetta da un gruppo di tifosi ed organizzata in un batter d’occhio, mercoledì scorso, per l’incombenza dei termini di presentazione della relativa domanda al Comitato regionale della della Federazione Italiana Gioco Calcio. In agenda per il prossimo 28 agosto.

Proprio la mancanza di un minimo respiro programmatico è stata la causa fondamentale della rinuncia all’operazione.

Dunque tempo tiranno! Anche in precedenza non ha mai concesso riflessione alla possibile soluzione dei problemi biancorossi.

Come accaduto all’inizio di quest’estate, con i determinanti due giorni di ritardo in base ai quali Tavecchio, Presidente della Figc, nella prima decade di agosto rigettò l’istanza di ammissione alla Serie D presentata, oltre il limite, dal Sindaco di Macerata (vedi qui il video). Ma anche in precedenza (giugno), c’era stato il passaggio della quota di controllo del capitale della Maceratese – conio tardelliano – da Liotti a Carlo Crucianelli in extremis. Cioè senza più possibilità di recupero.

Poi la “perla” dello stesso Tavecchio che, un paio di settimane fa, comunicò ufficialmente all’avvocato Carancini la possibile allocazione della Maceratese nel campionato marchigiano di prima categoria, dimenticando che il relativo termine d’iscrizione era già scaduto (fine di luglio).

Nessuno se n’è accorto in piazza della Libertà, magari per abbozzare uno straccio di dignitoso ricorso. Ma è tutt’altro discorso

Questo compendio evidenzia soltanto una parte frazionale dei clamorosi errori che hanno tolto di scena il calcio biancorosso. Su cui ho avuto modo di scrivere nei giorni scorsi.

Ma ciò che più mi ha sorpreso è stata la rinuncia alla difesa della tradizione biancorossa. Iniziando dal livello istituzionale, che pure ha qualcosa da farsi perdonare (Lube), attraversando quello imprenditoriale, smarritosi nei meandri del dilemma torneo nazionale dilettanti/Eccellenza regionale, per approdare alla tifoseria. Che ha decisamente rifiutato l’idea di riprendere daccapo, dalla terza categoria.

A differenza dell’Ancona: capoluogo di regione e società onusta d’antica gloria, che ha invece avuto l’umiltà di ripartire dall’inizio dell’iter federale.

E nonostante il luminoso precedente cittadino dell’esperienza biancorossa di fine anni ‘80, quando la Maceratese seppe ricostruire la sua storia dal gradino più basso. Per riagguantare rapidamente la Serie C2, anche grazie alla successiva integrazione con Macerata Calcio.

No, qui da noi si è scelto l’anno sabbatico! Che potrebbe anche risultare un opportuno periodo di riflessione, ma anche trasformarsi nel nulla irrecuperabile…

Recentemente l’avvocato Carancini ha ricordato la presenza dell’Helvia Recina come massima espressione calcistica cittadina. Per sottolineare come il calcio non sia finito nelle nostre contrade…

Auspico che, proprio per questo, la società del presidente Crocioni riesca a raccogliere aiuti economici, solidarietà e simpatia.

So di incontri in programma dopo le prossime Feste Patronali. Spero che san Giuliano sostenga questi uomini di buona volontà.

Maceratese, un tracollo annunciato?

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