Nel corso della visita apostolica che il Santo Padre ha svolto in Colombia, sabato 9 settembre ha celebrato una Messa a Medellin la cui omelia va ben al di là dei confini del paese sudamericano (il discorso integrale, peraltro durato pochi minuti, può essere letto qui). Se ne raccomanda la lettura perché il commento che seguirà non supplisce di certo al confronto diretto con le parole del Papa. Non si può andare per sentito dire. Affinché la sequela al Pontefice non sia formale e sostanzialmente legata alla sua sola autorità è necessario che le sue parole vengano messe a confronto con le nostre esperienze, con le nostre esigenze più profonde di felicità per trovare quel che ci può essere utile per la vita. D’altronde è il Papa stesso che ci invita ad avere questo atteggiamento: andare all’essenziale e cioè a quello che serve per vivere.

Il Papa ha commentato il brano del Vangelo che narra dei discepoli di Gesù che durante il sabato raccoglievano le spighe di grano perché avevano fame e della conseguente recriminazione dei farisei. Gesù risponde che anche Davide entrò nella casa del Signore e mangiò i pani riservati ai sacerdoti violando il sabato e ciò nonostante era senza colpa.
Quale conseguenza trae il Papa da quello che sembra un semplice battibecco tra Gesù e i farisei?

Che noi spesso preferiamo rifugiarci nelle pratiche, nelle formule e nei comandi per sentirci al sicuro, per sentirci in pace e non sentire alcuna inquietudine, per non ascoltare la domanda: “Che cosa piace al nostro Dio”? Starsene al sicuro sembra una buona cosa, ma non è così. Starsene al sicuro significa vivere dentro l’astrazione e i concetti, senza la realtà della vita. Non è forse questa la malattia più grave della nostra società? Vivere astrattamente significa nutrirci di pregiudizi e così ogni giorno è uguale all’altro, con una sola variazione: ogni giorno siamo più arrabbiati. Poiché invece Dio è entrato nella storia, seguendo Gesù innanzitutto si scoprono i bisogni degli altri e si assapora la Sua libertà. Libertà dalle forme del passato per andare all’essenziale, rinnovarsi e coinvolgersi. «Andare all’essenziale è piuttosto andare in profondità, a ciò che conta e ha valore per la vita. Gesù insegna che la relazione con Dio non può essere un freddo attaccamento a norme e leggi, né tantomeno un compiere certi atti esteriori che non portano a un cambiamento reale di vita».

Questo discorso mi porta ad a ricordare l’enciclica Amoris Laetitia. Non è un mistero per nessuno la polemica che tale documento ha innescato. Alla luce delle parole del Papa è chiara la Sua intenzione: nessuno è escluso dalla Grazia, neppure i divorziati, ma tutti sono invitati alla sequela di Cristo per riprendere il cammino con umiltà e realismo, affinché nessuno si “accoccoli” nelle formule e neppure nei propri limiti e fallimenti. Il Papa constata: «Quanta gente ha fame di Dio!». Per questo incontro è necessaria la Chiesa che non è proprietà del Papa, né tanto meno nostra, aggiungo io. Vi sono tante ferite da guarire. In Colombia uno scontro armato che dura da 50 anni e da noi una mentalità che ha spento il piacere di vivere sicché oggi ci sembrano impossibili cose che fino all’altro ieri erano normali, come ad esempio innamorarsi e rimanere fedeli in un rapporto consolidato di reciproche donazioni. Come diceva anche Benedetto XVI, aver escluso dal nostro panorama Dio e la gioia del perdono significa inevitabilmente riversare sugli altri (mogli, mariti, figli, governo o anche amanti, ecc.) la pretesa che loro soddisfino la nostra sete, innescando così una violenza senza fine oppure il menefreghismo, tale è l’eutanasia.

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