Per secoli nessuno storico o critico dell’arte si era interessato a quella figura di santo francescano affrescata sulla parete dietro l’altare della piccola chiesa (un tempo parrocchiale) di Agolla, frazione di Sefro. Poi, diversi anni fa, uno studio di Alfredo Vergani su quanto resta di quell’opera d’arte tardo duecentesca rovinata dal tempo e anche dalla mano dell’uomo durante le varie fasi di ampliamento della chiesa, aveva individuato in quella figura Sant’Antonio da Padova. Ora, nuove ricerche portano ad una conclusione molto diversa e per certi versi clamorosa. Non si tratterebbe del santo d’origine portoghese morto a Padova nel 1231, bensì di San Francesco d’Assisi. Ad affermarlo è la professoressa Maria Giannatiempo Lopez, per oltre trent’anni funzionario della Soprintendenza ai beni storici ed artistici delle Marche, che ha svolto recentissimi studi sulla chiesetta di San Tossano ad Agolla. L’aspetto straordinario della nuova scoperta è data dal fatto che si tratterebbe della più antica raffigurazione di San Francesco realizzata su affresco nel territorio marchigiano.

L’ex chiesa parrocchiale di Agolla risale alla fine del XIII secolo e quel dipinto raffigurante in origine la Crocifissione con alcune figure di santi ai lati della Croce, sarebbe stato realizzato presumibilmente tra i sessanta e i cento anni dopo la morte di San Francesco, avvenuta nel 1226. La storica dell’arte Maria Giannatiempo ha presentato i risultati della sua ricerca all’Università di Macerata. L’occasione è stato il convegno sul tema “Francescani nelle Marche”, moderato da Francesca Bartolacci e promosso dal Dipartimento di studi umanistici diretto da Carlo Pongetti. Sono intervenuti, quali relatori, anche i professori Roberto Lambertini di Unimc e Raimondo Michetti dell’Università Roma Tre.

Nessuno aveva mai ipotizzato che in quell’affresco potesse essere stata ritratta la figura di San Francesco, forse per il semplice fatto che non sono visibili le sacre Stimmate solitamente presenti in tutta l’iconografia del Santo patrono d’Italia, ma ciò è dovuto alla circostanza che «l’affresco – come ha fatto osservare la studiosa – è irrimediabilmente rovinato proprio in corrispondenza dei piedi e delle mani».

La tesi della professoressa Giannatiempo si basa su alcuni riscontri con altri dipinti del tardo Duecento e sul confronto con analoghe raffigurazioni di San Francesco presenti nell’entroterra maceratese (Camerino, Pioraco, San Severino), ma anche su un fatto storico legato al francescanesimo nell’Appennino marchigiano. Dopo la morte di San Francesco, il suo primo seguace, Beato Bernardo di Quintavalle, si ritirò in eremitaggio per alcuni anni sui monti di Sefro. Sotto falso nome in quella zona lavorò per un periodo anche come legnaiolo, diffondendo la venerazione del poverello d’Assisi tra la popolazione. Questo avrebbe poi “ispirato” la raffigurazione di San Francesco nell’affresco realizzato all’interno della chiesetta eretta ad Agolla sul finire del Duecento.

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