Entrare in contatto con Gesù porta la salvezza, dona vita nuova. Di questo si è parlato all’incontro diocesano per le famiglie che ha avuto luogo domenica 28 gennaio presso l’aula sinodale in via Cincinelli, a Macerata, dal tema “Toccati da Gesù”.

Il pomeriggio è stato introdotto dalla riflessione del vescovo Nazzareno sul brano del Vangelo di Marco che parla della guarigione dell’emorroissa e della risurrezione della figlia di Giairo. Tra i passaggi più interessanti, sicuramente quello dove affermava che la fecondità della donna, passa dal toccare Gesù, nel caso dell’emorroissa, o dall’essere toccati da Lui, come accade alla figlia del capo della sinagoga Giairo. Infatti la donna che aveva perdite di sangue, a causa della sua malattia non poteva avere figli; mentre la bambina a 12 anni, è nell’età in cui si diventa fertile, e quindi potenzialmente mamma. Quindi le due donne ora, non solo sono vive, ma anche donatrici di vita.

Don Cristiano Marcucci e il Vescovo Marconi

Quindi Gesù tocca e si fa toccare, due azioni profondamente umane che i presenti sono stati invitati poi a compiere fisicamente tra loro, da don Cristiano Marcucci, direttore del Consultorio familiare UCIPEM di Pescara, intervenuto dopo la lectio divina di Mons. Marconi, che con un tono di voce caldo e coinvolgente, ha spiegato come la mancanza di contatto, soprattutto nei bambini, provoca danni infiniti. Il contatto è così importante perché “contattando una persona, toccandola, gli stai dicendo: tu esisti, tu ci sei” ha spiegato il presbitero abruzzese, rimarcando come “una delle forme di contatto primaria, al di là del toccare fisicamente, è l’ascolto che, lo sapete benissimo voi sposi, è la prima forma di carezza che posso fare all’altro. E’ come dirgli: Tu sei importante per me, tu esisti, e vali”. Alcune forme di contatto possono essere positive, valorizzanti, calde, tenere, ma possono essere anche svalutanti, fredde, ruvide, evitanti. “I vangeli narrano storie di incontro, dove Gesù non fa lo schizzinoso, ma incontra le persone, e tocca, rompendo gli schemi, permettendo alle persone di essere risanate – ha concluso don Cristiano – grazie a quel contatto che può avvenire solo se, come l’emorroissa e il capo della sinagoga, ci mettiamo in ginocchio davanti a Gesù: per farsi vedere, per farsi contattare, occorre uscire allo scoperto, cioè mettersi in discussione, affrontare le proprie fragilità”.

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