Pubblichiamo l’editoriale di Luigi Taliani apparso sul sito dell’unità pastorale Immacolata – Santa Croce di Macerata


Non ci si può interrogare sulla questione giovani senza interrogarci sulla nostra generazione. Non si può parlare di giovinezza “astratta” da un contesto storico che può definirla sia esistenzialmente sia anagraficamente. Oggi gli osservatori dicono che si è giovani fino a 34 anni. I nati dopo il 1981 hanno più spazio di “manovra” rispetto a quelli nati prima. Hanno un rapporto complicato dal punto di vista della fede con il mondo adulto, circa 8 milioni di giovani italiani chiamano in causa il mondo adulto, c’è di mezzo l’esistenza stessa del cristianesimo.

Le comunità non sono più in grado di trasmettere la fede, non è una questione di sociologia ma la fecondità di far crescere al suo interno uomini e donne. Molte indagini dal 2004 in poi descrivono un mondo giovanile che ha una cesura nei confronti della fede. Basta osservare la presenza in chiesa delle persone per notare che spesso ci sono più nonni che nipoti. Infatti le statistiche più recenti danno in Italia una presenza della fascia giovanile alla messa domenicale che è intorno al 15% in costante calo negli ultimi anni.

Siamo di fronte ad una generazione post cristiana. Il cristianesimo rappresenta un bel ricordo ma non è un punto di riferimento per una personalità adulta. Nonostante che un giovane abbia alle spalle 1000 minuti di predica, 5000 minuti di catechesi, 500 ore di religione. Tutto ciò rimane sullo sfondo della sua vita. Non sono cattolici però dichiarano di essere in ricerca spirituale, per trovare un equilibrio psicologico, come se il cristianesimo fosse privo di spiritualità. Dove ci sono state invece figure adulte nelle famiglie ci sono testimonianze concrete e ciò riguarda indicativamente il 10% degli adulti che rendono più facile un cammino nella fede.

C’è anche una diffuso analfabetismo biblico atavico, una scarsa credenza nei dogmi della fede: Gesù viene considerato importante ma sfortunato. Apprezzano molto Papa Francesco quando invita alla “allegria” però hanno “rotto” con la tradizione cattolica di questo paese. Fanno difficoltà ad accogliere il Vangelo nella sua totalità. Imparano a vivere senza Dio e senza la chiesa. Non funziona la trasmissione della fede alle nuove generazioni, non per niente un libro uscito qualche anno fa di Armando Matteo aveva come titolo “La prima generazione incredula”.

La vera crisi di fede è nel mondo degli adulti. Hanno chiesto ai figli i sacramenti e anche l’ora di religione. La trasmissione della fede non la si può fare con le parole ma con il Vangelo nella vita. I ragazzi difficilmente pregano con i genitori, non si vede nemmeno mai pregare il famoso Don Matteo della serie televisiva nella sua veste di investigatore e di coinvolgimento nella vita sociale del paese senza mai mostrarlo almeno una volta con un segno di croce o almeno liturgico. C’è un vuoto di testimonianza negli adulti: Dio, il Vangelo non ci stanno più, sonno stati eliminati. Gli adulti sono cambiati in confronto da un recente passato che “l’anagrafe” scadenzava le varie stagioni della vita. Oggi si fa difficoltà a diventare adulti perché quest’ultimi vogliono vestirsi da giovani, pensare da giovani e vivere una forma di sessualità d’altri tempi. Si dice che mentre l’età media è 82,5 anni, si è spostata l’asticella della anzianità a 83 anni, quindi si muore troppo giovani. È cambiato totalmente lo scenario dopo la seconda guerra mondiale, la gente ha paura di Dio come retaggio di una catechesi di un’altra epoca. La tecnica ci ha regalato molti anni di vita!

Cambia la morale, non c’è più il contenimento dei desideri ma una sfrenata ricerca di quello che non è stato possibile in passato. Certo molte cose sono cambiate, anche per la condizione femminile, basta pensare che solo dal 1957 è diventata obbligatoria la scuola media per le donne e il tempo libero è cresciuto anche per loro con la possibilità di sperimentare opzioni diverse. In questo scenario è necessario offrire al giovane una “esperienza” che genera poi appartenenza. Un giovane che non accetta più delle regole imposte dagli adulti ma accoglie volentieri degli orientamenti per la propria vita. Ecco che allora l’urgenza di una educazione che non vuol dire buone maniere ma significa creare relazioni significative con gli altri, perché tutti abbiamo insito compreso il giovane un forte desiderio di vita.

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