“Non possiamo permetterci di perdere altro tempo e altre vite. Le calamità naturali non esistono in natura, esiste solo l’azione dell’uomo, la sua imperizia, l’assenza di comprensione e di rispetto dell’ambiente e delle sue regole, lo sfruttamento delle risorse che si fa rapina e spregio per il creato”. Lo si legge in una nota dell’Azione Cattolica italiana intitolata “Tanta fragilità, molte colpe”. “Mentre piangiamo le molte vittime di questi giorni d’incessante ma non imprevedibile maltempo, nell’esprimere la vicinanza e il cordoglio di tutta l’Azione cattolica a quanti hanno perso i cari e gli averi, non possiamo non sottolineare il comportamento di chi amministrando la cosa pubblica ha il dovere di non restare immobile. In Italia – lo ricordiamo per l’ennesima volta – più fonti ci indicano che quasi il 40 per cento dei comuni può essere colpito dai terremoti; un decimo del paese, cioè più di 30.000 chilometri quadrati di territorio, è ad altissimo rischio alluvione; il 60 per cento dell’intero patrimonio abitativo deve essere ristrutturato per migliorarne la stabilità e l’integrità. Per non parlare di quello abusivo. Questo è il vero delitto: mantenere a rischio vite umane e un patrimonio culturale e spirituale, storico e ambientale che il mondo ci invidia. L’Italia va messa in sicurezza. Dalle alluvioni come dai terremoti, dalle piogge stile monsone come dalla desertificazione che già interessa un quinto del paese, specie nel Mezzogiorno”.
“Da nord a sud della penisola, viviamo su una quantità impressionante di polveriere che potrebbero prender fuoco in qualsiasi momento: sotto forma di terremoti, alluvioni ed eruzioni vulcaniche. Siamo il Paese europeo continentale con il maggior numero di vulcani attivi o quiescenti; solo tra Vesuvio e Campi Flegrei vivono a rischio più di un milione di persone. Ma siamo anche i primi a vivere incrociando le dita: solo l’1% dei 33 milioni di case italiane sono coperte da una polizza contro terremoto e calamità naturali”. Eppure, “ciò che da noi provoca sfracelli, in altre parti del mondo viene vissuto come parte delle quotidianità. In Giappone un sisma come quelli registrati due anni fa tra Lazio, Umbria e Marche, si verifica una volta al mese senza le drammatiche conseguenze che abbiamo visto ad Amatrice e Arquata del Tronto e prima a L’Aquila e Finale Emilia. La differenza è che i giapponesi hanno investito parecchio in sicurezza negli ultimi decenni”.
“Non è facile diventare giapponesi, e forse non è neanche necessario. Serve però essere consapevoli. Quanto costerebbe alle casse dello Stato mettere in sicurezza l’Italia?”. Dopo aver fornito alcuni dati, il testo prosegue: “Non possiamo giocare con la fortuna e il caso, specie innanzi ai cambiamenti climatici che stanno interessandoci. Perché non ci sia un’altra Sarno o un’altra Palermo, lo Stato ha il dovere di investire per la sicurezza dei suoi cittadini e del suo patrimonio storico, culturale e ambientale. Tutto questo, la vita degli italiani vale più di un vincolo di bilancio. Semmai l’Europa comunitaria ha il dovere di aiutarci e sostenerci. E non lasciarci soli, come già sta facendo per altre emergenze”.

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