Siamo all’inizio di un nuovo anno solare e ritengo opportuno proporre con quale stile camminare in questo tempo di salvezza che Dio ci dona.
Lo faccio a partire da alcuni spunti che traggo dall’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, che potrebbero essere riassunti sul tema: Non tacere il nostro grido nella Chiesa.
È necessario farlo con tre atteggiamenti vitali: il coraggio, la creatività e l’originalità.
Coraggio. Trovare segni nuovi, nuovi simboli, nuovi linguaggi, una nuova carne, che servano alla trasmissione della Parola (EG 167). È necessario dare inizio a nuovi processi senza farsi condizionare dalla paura di sbagliare (EG 49) e di custodire piuttosto la sacra paura di restare immobili e chiusi.
Creatività. Per quindici volte Papa Bergoglio nella sua Esortazione Apostolica parla di creatività nella pastorale, nella missione, nelle sfide di oggi. E questa mia conoscenza è totalmente nuova nella storia della Chiesa. Sempre si è parlato di obbedienza, di docilità, di doversi adeguare alla norme. Ora invece è chiesto a tutti di adeguarsi allo Spirito creativo. E accanto alla creatività si evoca l’immaginazione, la capacità cioè di ipotizzare soluzioni nuove, il porsi in modo ‘sveglio’ e ‘sognante’ di fronte alla realtà.
Originalità. Esortazione rivolta a ciascuno ad osare la propria unicità ed originalità non temendo di cantare fuori dal coro, non dissimulare i propri pensieri nella omologazione al pensiero dominante. Osare anche nell’accettare i conflitti conseguenti (EG 226-227) sapendo che senza conflitto non c’è passione, trasferendolo poi ad un collegamento e ad un processo più vasto.
Dobbiamo alzare le nostre domande, il nostro grido: tutti dobbiamo avere il coraggio e la creatività di sognare una Chiesa “diversa”.
Dobbiamo poter pensare:
- nella nostra Chiesa che cosa vorrei cambiare?
- che cosa mi pesa o mi toglie slancio e voglia di fare?
- quali liberazioni sono urgenti oggi?
- di che cosa abbiamo bisogno come il pane, nella Chiesa e fuori di essa?
Possiamo dire che questa è la visione nella strategia ecclesiale della Evangelii Gaudium che punta decisamente alla sinodalità allargata a tutti. La Chiesa non è monarchica, non è democratica, è sinodale.
È fatta di strade percorse insieme. È un convergere di strade diverse. La sinodalità non è riservata ai Vescovi, ma coinvolge il singolo credente. Il popolo di Dio evangelizza continuamente se stesso (EG 139).
Nella Chiesa è necessario far sentire malesseri e speranze, cambiamenti e nuove idee. E questo in tutti i campi:
- nell’organizzazione ecclesiale, nell’istituzione
- circa il ruolo di clero e laici, di uomini e di donne
- per i beni economici
- circa le catechesi e le liturgie
- fino alla morale, ambito in cui ritorna finalmente la parola: discernimento.
A coloro a cui è sempre stato detto: ascolta, prendi nota; ora è suggerito: discerni, cerca di capire, valuta da te.
E qui è opportuno ricordare la frase del Vangelo in cui Cristo sottolinea che spesso si ha la capacità di discernere se farà caldo o pioverà, ma non si sanno scrutare i segni dei tempi. E quindi ci dobbiamo porre la domanda perché non sappiamo discernere la nostra vita.
Oggi è più che mai necessario l’accompagnamento reciproco avendo il coraggio di nuovi segni, simboli e linguaggi, offrendo nuova ‘Carne’ alla parola di Dio che risorge nella nostra storia.
“Ogni cristiano è teologo” affermava il patriarca Ignazio IV Hazim: dal fratello anziano, alla bimba con gli occhi sgranati, dall’adulto responsabile, io posso imparare Dio e ricevere Dio.
Tu, evangelista di oggi, mi comunichi: “Quello che hai scoperto, quello che ti aiuta a vivere e che ti dà speranza (EG 121)” e cosi diventi maestro nella Fede.
La gente è evangelizzata dalla gente: l’espressione della verità non può che essere multiforme (EG 41).
La Chiesa è ascoltatrice, sperante e capace di liberare.
L’uomo di Dio deve trasmettere speranza, non ordini e giudizi etici come se la Chiesa fosse una professoressa che dà i voti alla vita morale delle persone. Creando un ‘ambiente’ accogliente, perché nessuno entra in una casa fredda e buia.
“Sul primato apparente dell’esistente” – affermava Carlo Maria Martini – “facciamo prevalere l’eccedenza della speranza, della libertà, della carità” per sognare la vita e sognarla insieme.