Silvio Minnetti*Silvio Minnetti
Quali caratteri ha assunto il sistema politico italiano dall’Unità d’Italia ad oggi? Questa è la domanda che si è posta il professor Angelo Ventrone, ordinario di Storia contemporanea all’Università di Macerata, nel corso di un interessante incontro aperto alla città, promosso dalla Scuola di partecipazione “Agorà” di Macerata il 15 gennaio scorso (leggi l’articolo).  

Dallo Stato liberale alla Repubblica democratica si sono succeduti crolli di regime, mai però alternanze senza rotture ideologiche. Dal 1948, con l’emarginazione delle ali estreme del sistema, Pci e Msi, si è creato un sistema politico diverso dalle democrazie europee più avanzate. Qual è allora la natura dei partiti politici italiani? Essi si sono organizzati nel Novecento sul modello della Chiesa cattolica: una sezione ogni campanile. Erano insomma strutture ben organizzate per integrare le masse popolari, attente cioè a captare ovunque le esigenze della gente per conquistarne il consenso. Quale il limite? È stata concepita una politica ortopedica, come un tentativo di raddrizzare le gambe ad un Paese nato storto. Così appaiono il Partito Socialista, il Partito Popolare, il Partito Comunista tra il 1892 ed il 1921.

La Prima Guerra mondiale favorisce nel frattempo l’affermarsi dello statalismo per la necessità di controllare tutto, dalla produzione alla distribuzione, dalla censura all’assistenza. Il fascismo, dopo il crollo dello stato liberale, potrà costruire così, forte di una organizzazione capillare per una partecipazione coatta di massa, uno Stato totalitario sulla base dello statalismo. Alla fine della Seconda Guerra mondiale crolla poi il fascismo e si afferma la democrazia. Nella Repubblica permarranno tuttavia alcuni caratteri del fascismo come l’antiparlamentarismo, l’odio per il nemico, la difficile accettazione del pluralismo delle idee.

Pci e Dc, l’uno con più di due milioni di iscritti l’altra con l’organizzazione di più di tre milioni di persone nell’area cattolica, sempre convinti che gli Italiani vadano educati alla democrazia, si occupano di ogni aspetto della vita dei cittadini attraverso la loro capacità di monitorare capillarmente tutte le richieste sul territorio nazionale. Il Pci non può però andare al Governo a causa della Guerra Fredda Usa-Urss. Si avrà quindi una lotta per la conquista del potere che porterà, tra il 1945 e il 1992 ad una “Repubblica dei partiti”, come l’ha definita Pietro Scoppola, da non confondere con la partitocrazia.

Tra mille difetti e storture, l’Italia cresce, migliora la vita di milioni di persone. Col crollo del Muro di Berlino si spengono gli ideali dei partiti di massa della Ricostruzione e si passa alla pura gestione del potere. Quali sono le crisi principali del sistema politico italiano? Nel 1953, poiché non scatta la legge elettorale maggioritaria proposta da De Gasperi, definita legge-truffa per l’eccessivo premio di maggioranza, rimane un sistema elettorale proporzionale che sarà la causa di governi sempre più deboli, che, a causa anche della corruzione, produrranno un deficit pubblico enorme negli anni Ottanta.

La riforma elettorale maggioritaria del 1992 con i collegi uninominali, vorrà rompere questo schema, ma ormai i partiti storici sono in crisi. In Italia, Paese ormai più ricco, ma secolarizzato nella società dei consumi, si afferma l’individualismo, il puro calcolo degli interessi anche nel voto. L’elettore cioè mette da parte gli ideali ed esprime un voto secondo i suoi vantaggi. I partiti, anche se si erano affermate nuove forme di partecipazione politica diretta col movimento studentesco, diventano tuttavia sempre più meccanismi elettorali “pigliatutto” e di conseguenza anche la società cambia rapidamente nei costumi.

Così nel 1992-1994 scompare la Prima Repubblica con i suoi partiti di massa. Nasce Forza Italia, più che partito un insieme di club, che interpreta i sentimenti del nuovo uomo medio italiano e ne intercetta i bisogni, proponendo la ricchezza quale segno di successo nella vita privata. La Lega Nord conserva alcuni caratteri dei partiti di massa della Prima Repubblica con amministrazioni locali attente, ciconcorsi etc, ma rimane un partito territoriale. Scompaiono Pci e Dc e subentrano nuove formazioni come il Partito Democratico o movimenti antisistema o populistici. Siamo ormai ai giorni attuali e alla possibile nascita di una Terza Repubblica con il superamento del bicameralismo paritario e con una nuova legge elettorale che assicura un premio di maggioranza e la governabilità.

Il docente e relatore dell'incontro Angelo Ventrone
Il docente e relatore dell’incontro Angelo Ventrone

Rispondendo poi ad alcune domande il Ventrone sottolinea il grave divorzio tra politica e cultura affermando che una politica senza cultura non può comprendere la situazione storica e quindi costruire il futuro. D’altra parte anche una cultura chiusa nelle accademie si ridurrebbe a puro divertimento intellettuale e non aiuterebbe il sistema politico a formare la nuova classe dirigente, capace di costruire programmi e progetti concreti.

I partiti devono tornare ad essere soggetti-ponte tra società e istituzioni, non pesanti ma “pensanti” per il bene comune dell’Italia.

                                                                        *Direttore della Scuola di partecipazione «Agorà» di Macerata

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