Qual è il vero volto di Dio? Nessuno Dio lo ha mai conosciuto né visto in volto, ma di certo un uomo chiamato Gesù ce lo ha rivelato, attraverso un viso che risplende di luce sul Tabor, attraverso un volto trasfigurato nel dolore della croce, attraverso un corpo che risorto si fa toccare e riconoscere dai suoi.

Perché ancora oggi cerchiamo questo volto? Perché in un sabato pomeriggio come tanti si sceglie di ritrovarsi e camminare per le vie del centro dietro ad una croce? Forse è un mistero o forse è una sfida. Magari è un bisogno, quello di credere che nel cammino si trova la pace, che nella preghiera condivisa si scopre la presenza di Dio. Davvero non ho risposte, ma di certo sabato 13 febbraio è stato un evento, per le comunità di San Francesco e Collevario, partire insieme dai cancelli di Macerata e attraversare le note vie del centro cantando e ricordando la passione del Signore. Un evento di una semplicità antica ma che ha in sè tutta la forza dello scontro con la modernità, con un tempo in cui la corsa, l’indifferenza, la frenesia sembrano spesso avere la voce più forte abbattendo i sentieri dell’amore, della fratellanza e della condivisione. 

Sotto la croce duemila anni fa erano rimasti in pochi, increduli e travolti dal dolore per la morte di un figlio, di un amico, di un maestro, per la fine di una speranza. Sabato dietro la croce eravamo in tanti, ognuno col suo dolore, le sue ferite, le sue incredulità ma anche la sua speranza, il suo coraggio, la sua fedeltà, pronti a testimoniare con umiltà che nonostante la vita ci risucchi spesso nel vortice della lontananza dagli altri e da Dio, un tempo dedicato fatto di passi piccoli e grandi gli uni accanto agli altri è un tempo di grazia. La grazia di un Dio che passa sempre tra le strade della vita, nei sentieri del cuore dell’uomo che lo cerca, un uomo che nonostante le fatiche del camminare sente e crede che nella comunione  e nella misericordia quel volto non smette di rivelarsi.

Misericordia, straordinario questo tempo giubilare in cui fare esperienza di perdono da ricevere e donare attraverso il passaggio di una porta, la porta santa che anche sabato ci ha ricordato, con le parole del vescovo, che non siamo soli ma che sotto lo sguardo di chi dal cielo ci protegge e di chi soffre su questa terra possiamo sentire la forza dell’amore misericordioso di Dio. Un amore che ci chiama a continuare ad attraversare ogni porta che troviamo sul nostro cammino, perché la misericordia prima di tutto è imparare ad entrare con umiltà  e cura nelle ferite proprie e in quelle degli altri.

Scriveva Bonhoeffer il 26 novembre del 1939, quando una terribile tragedia si stava abbattendo sull’Europa. «Se lo considereremo nostro Signore, Egli vincerà anche noi. Non siamo noi a trionfare, ma Gesù. Noi oggi annunciamo e crediamo queste cose in contrasto con tutto quello che vediamo intorno, contro le tombe del nostro amore, contro la natura morente, contro tutto il dolore che la guerra ci sta portando. Constatiamo che la morte si afferma, ma crediamo che il Messia l’abbia superata e lo testimoniamo. “La morte è stata inghiottita nella vittoria” (1Cor 15, 54). Egli è il vincitore. Resurrezione dei morti e vita eterna». Parole eterne di chi, con sguardo di fede, non si fa travolgere dal male che entra nella storia ma lo trasfigura sotto la luce della croce.
Che la nostra chiesa diocesana conservi sempre lo stesso sguardo pieno di luce.

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