L’invito a custodire, sempre, la propria chiamata ad essere «ministri di Dio», rileggendo, in questo Anno Santo della misericordia, le parole che San Giovanni Paolo II inviò, nel 2001, ai sacerdoti. Questo il fulcro dell’omelia del vescovo Nazzareno Marconi che, come da consuetudine, stamane nella cattedrale di San Giuliano, a Macerata, ha presieduto la Messa Crismale, con cui si apre il triduo pasquale.

Un momento cruciale per la vita di tutta comunità diocesana e, in particolare per i nostri presbiteri, quello del Giovedì Santo, in cui si riscopre il vero significato della vocazione al ministero sacerdotale, attraverso la celebrazione del crisma e la messa in Coena Domini: fu allora che Cristo istituì l’Eucaristia e, con il gesto della lavanda dei piedi, diede vita a quel “comandamento nuovo” su cui si fonda il Vangelo.

Pertanto, nel Giubileo, il Pastore di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia ha scelto un testo «davvero ispirato», che «come lo è stato per il vescovo, possa essere un momento di meditazione anche per voi sacerdoti».

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Un momento della Messa del crisma, trasmessa stamattina in streaming

Sacerdoti, come ogni anno, numerosi in Duomo per rinnovare le proprie promesse fatte il giorno dell’ordinazione, oltre ai seminaristi e ai diaconi della Chiesa maceratesi, riuniti nel presbiterio dove sono stati benedetti gli oli sacri che verranno usati per l’amministrazione dei Sacramenti. «In questo momento si genera la sorgente dei sacramenti per l’anno che viene – ha detto il vescovo rivolgendosi al clero, prima di alitare sui vasi con il consueto rito di benedizione – e il vostro pensiero non vada solo agli oli, come ‘strumento’. Pensate a tutti i bambini, ai ragazzi, ai sacerdoti e agli infermi che ne verranno unti: da questa sorgente c’è un popolo di Dio che ha bisogno di essere sostenuto e accompagnato». Inoltre «accogliendo questi oli sacri, dato che non siamo “sagrestani”, abbiatene cura e custoditeli in un luogo decoroso: ve lo raccomando con tutto il cuore».

«Rileggiamo le parole che San Giovanni Paolo II rivolse ai sacerdoti, nel 2001: un testo davvero ispirato, che, come lo è stato per il vescovo, possa essere un momento di meditazione anche per voi»

Accanto a monsignor Marconi, il vicario generale della Diocesi, monsignor Pietro Spernanzoni, e il rettore del Seminario missionario «Redemptoris Mater», don Mario Malloni. La messa, a cui, secondo tradizione, hanno partecipato moltissimi fedeli, trasmessa in diretta streaming sul sito diocesano, è stata animata dai canti della Cappella musicale della Cattedrale di Macerata, diretta da Carlo Paniccià.

«Comprensione e delicatezza», oltre al richiamo continuo a quel «cuore umile» di cui, il vescovo per primo deve farsi testimone, è il binomio su cui Marconi ha particolarmente insistito, affinchè l’impegno quotidiano dei preti sia sempre ispirato dalla forza dello Spirito Santo –  come ricorda il profeta Isaia nella Prima Lettura – e dalla preghiera rivolta a Dio, «l’Alfa e l’Omega» citato nell’Apocalisse di San Giovanni apostolo, nella Seconda Lettura.

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«Si era appena concluso il Giubileo del 2000 – recita la lettera, ripresa dal vescovo Marconi, che San Giovanni Paolo II inviò ai sacerdoti quindici anni fa ma del tutto attuale – nel quale molti sperimentammo una significativa riscoperta del sacramento della confessione da parte di tanti fedeli e soprattutto giovani. Ho ancora nel cuore le tante ore di confessioni legate alla Gmg del 2000. Per tanti preti fu una riscoperta del proprio sacerdozio, che ci costituisce Ministri della Misericordia».
Il Papa santo, sostiene il presule «volle aiutarci a rileggere questa bella esperienza innanzi tutto ringraziando i sacerdoti per questo lavoro umile e prezioso di celebranti della misericordia. Diceva: “Penso al lavoro che svolgete ogni giorno, lavoro spesso nascosto, che, pur non salendo alla ribalta delle cronache, fa avanzare il Regno di Dio nelle coscienze. Vi dico la mia ammirazione per questo ministero discreto, tenace, creativo, anche se rigato talora di quelle lacrime dell’anima che solo Dio vede e “raccoglie nel suo otre”. Ministero tanto più degno di stima – prosegue – quanto più provato dalle resistenze di un ambiente ampiamente secolarizzato, che espone l’azione del sacerdote all’insidia della stanchezza e dello scoramento. Voi lo sapete bene: questo impegno quotidiano è prezioso agli occhi di Dio”».

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Un senso di gratitudine che si alimenta anche oggi, quando «le fatiche pastorali supplementari, che questo Anno Santo della Misericordia porta con sé e che vi assicuro portiamo insieme, sono segnate da consolazioni profonde». «Molti di voi – ha aggiunto il vescovo di Macerata – mi hanno parlato di tante belle celebrazioni penitenziali legate al pellegrinaggio, molto partecipate, che ci aprono il cuore alla fiducia in Dio e nei fratelli. Come narra il libro degli Atti, in cui Gesù appare a Paolo per consolarlo della sua fatica di evangelizzatore, anche noi ci sentiamo ripetere: «Non aver paura, ma continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male, perché io ho un popolo numeroso in questa città». (Atti 18,9-10).
Quindi, di nuovo il riferimento al Pontefice che agli occhi del mondo seppe incarnare con la sua testimonianza di vita, fino alla morte, il calvario della croce: come non ricordare, infatti, la Domenica delle Palme del 2005, quando Giovanni Paolo II, pur impossibilitato a parlare e ormai fiaccato dalla malattia, senza arrendersi si affacciò su piazza San Pietro, agitando un ramo d’ulivo con il suo indimenticato sguardo?

Nella sua lettera, Wojtyla invitava a vivere tutto il Giovedì Santo nello sguardo contemplativo centrato sulla misericordia: «Guardando a Cristo nell’ultima Cena, al suo farsi «pane spezzato» per noi, al suo chinarsi in umile servizio ai piedi degli Apostoli, come non provare, insieme con Pietro, lo stesso sentimento di indegnità dinanzi alla grandezza del dono ricevuto? “Non mi laverai mai i piedi!” (Gv 13, 8). Aveva torto, Pietro, a rifiutare il gesto di Cristo. Ma aveva ragione a sentirsene indegno. È importante, in questa giornata per eccellenza dell’amore, che noi sentiamo la grazia del sacerdozio come una sovrabbondanza di misericordia».

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Dice il vescovo: «Prima che ministri della misericordia verso i fratelli, tutti noi abbiamo ricevuto misericordia e la riceviamo di continuo, anzi la nostra stessa vocazione è frutto di misericordia», riferendosi ancora a Giovanni Paolo II: «Riscopriamo la nostra vocazione come “mistero di misericordia” indicando tre fondamentali punti per i quali se siamo preti, lo siamo “per misericordia”».

Inoltre, «il motto di papa Francesco, “Miserando atque eligendo” ci ricorda che non abbiamo nessun titolo e nessun merito per essere stati scelti da Gesù e dalla Chiesa ad un compito così importante, come l’essere ministri di Dio. La contemplazione di questa misericordia che ci ha scelti da una parte ci mantiene umili, dall’altra ci rende coscienti della grandezza che ci è stata donata. Il ministero sacro è così grande che se Dio dovesse donarlo solo a chi lo merita o è in grado di portalo a compimento, non lo darebbe a nessuno. Solo per misericordia Dio può chiamare al ministero qualcuno. E lo ha fatto con ognuno di noi».
papa-giovanni-paolo-IIPoi, un altro passaggio indicato da San Giovanni Paolo II: «Misericordia è la condiscendenza con cui ci chiama ad operare come suoi rappresentanti, pur sapendoci peccatori». «Il Signore – sottolinea Marconi – non si è limitato a chiamarci, ma con una misericordia continua e più grande ogni giorno si serve di noi. Attraverso la nostra persona, che pieni di giusto timore gli offriamo, ogni giorno consacra, assolve, benedice, battezza, consola ed esorta. Siamo i segni vivi, seppur fragili della sua presenza attiva tra gli uomini. Come non essere conquistati ed incoraggiati da questa grande misericordia? Anche per noi si compie la Parola: “Chi accoglie voi accoglie me” (Mt 10,41)».
Infine: «Misericordia è il perdono che Egli mai ci rifiuta, come non lo rifiutò a Pietro dopo il rinnegamento», diceva il Papa venuto a mancare undici anni fa. Parole che don Nazzareno adopera per la “chiamata” al proprio compito e a quello dei fratello sacerdoti: «Il Signore sa bene che affidarsi ad uomini fragili e peccatori come siamo noi, per un compito così grande come è il ministero sacro, è possibile solo se da parte Sua ogni giorno ci viene offerto un perdono generoso e sempre disponibile. Contemplare con voi questo perdono sempre offerto e tanto spesso necessario non solo per i nostri peccati commessi, ma soprattutto per le tante omissioni in cui tutti cadiamo, ci rende piccoli e vergognosi. Davanti al Signore, che questa sera imiteremo nel gesto di lavare i piedi ai fratelli, domando per me e per voi un cuore umile e pieno di fervore, perchè magari possiamo sbagliare, ma per aver provato a vivere il vangelo».

«Il Signore sa bene che affidarsi ad uomini fragili e peccatori come siamo noi, per un compito così grande come è il ministero sacro, è possibile solo se da parte Sua ogni giorno ci viene offerto un perdono generoso e sempre disponibile»

Da qui, un altro richiamo alle esortazioni di papa Bergoglio, già passata alla storia: «Preferisco una Chiesa accidentata, ferita, sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze».
Infine, l’invito «per noi evangelizzatori del terzo millennio»: «L’evangelizzazione del terzo millennio – si legge nel messaggio di San Giovanni Paolo II – deve fare i conti con l’urgenza di una presentazione viva, completa, esigente del messaggio evangelico. Il cristianesimo a cui guardare non può ridursi ad un mediocre impegno di onestà secondo criteri sociologici, ma deve essere un vero tendere alla santità. Ma questo annuncio fedele, mai reticente, delle esigenze radicali della parola di Dio deve sempre accompagnarsi a una grande comprensione e delicatezza, ad imitazione dello stile di Gesù verso i peccatori».

A conclusione della Celebrazione eucaristica, uno scambio di auguri e di «promesse» tra il Pastore e i suoi sacerdoti. Da parte del vescovo, il dono di un libro, «Pastori di una Chiesa in uscita», a cura di don Luigi Mansi, neo vescovo eletto di Andria-Canosa, che Marconi conobbe come presidente nazionale dell’Unione apostolica del clero, e l’esortazione a pregare per il suo ministero episcopale. Da parte del clero, per voce del vicario Spernanzoni – il quale, menzionando i vari anniversari delle ordinazioni sacerdotali, ha precisato come «manchi una generazione di mezzo, che può, talvolta generare meno affiatamento e sintonia tra preti giovani e anziani» – l’auspicio «ad essere sempre più un presbiterio unito attraverso la preghiera e la fede in Cristo».

Un augurio vivo e vero più che mai in questo giorno di festa che ci conduce, religiosi e laici, alla Santa Pasqua.

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