I giorni del tempo di Pasqua corrono veloci e la solennità di Pentecoste, che conclude questo periodo di festa, si avvicina rapidamente. Assieme alla Pasqua è una delle solennità più importanti dell’anno liturgico. In origine la Pentecoste era la festa ebraica che segnava l’inizio della mietitura e si celebrava 50 giorni dopo la Pasqua ebraica. Per i cristiani indica, invece, la discesa dello Spirito Santo su Maria e gli apostoli riuniti insieme nel Cenacolo.

La liturgia del giorno di Pentecoste presenta il canto della sequenza “Veni Sancte Spiritus”, in italiano “Vieni Santo Spirito”, bellissimo testo attribuito sia a Stephen Langton, arcivescovo di Canterbury (XIII secolo), che all’abate Notker Balbulus (il balbuziente, X secolo).

Al n.64 dell’Ordinamento Generale del Messale Romano leggiamo:
La Sequenza, che, tranne nei giorni di Pasqua e Pentecoste, è facoltativa, si canta prima dell’Alleluia.

Ciò significa che questa grande invocazione-inno allo Spirito Santo non si tralascia, ma venga giustamente solennizzata con il canto e non con la semplice e frettolosa lettura.

La sequenza è una forma musicale riconducibile all’innodia libera introdotta nella celebrazione liturgica come sviluppo dei canti interlezionali della liturgia della Parola. Genere molto utilizzato nel Medioevo, oggi ne sono conservate cinque nella liturgia riformata:
Victimae paschali laudes, di Wipone, nel giorno di Pasqua e facoltativamente per l’Ottava di Pasqua;
Veni Sancte Spiritus per la Pentecoste;
Lauda Sion Salvatorem, di san Tommaso d’Aquino, per il Corpus Domini;
Stabat Mater, di Iacopone da Todi, per la memoria di Maria Addolorata (15 settembre);
Dies irae, di Tommaso da Celano, per le messe dei defunti.

È possibile definire la sequenza come un componimento liturgico in lingua latina che viene recitato o cantato nella celebrazione eucaristica solenne prima della proclamazione del Vangelo. Ciò vuol dire che non sostituisce il canto al Vangelo, ma è un elemento ulteriore di solennizzazione.

L’inno celebra lo Spirito Santo come fonte dei doni elencati nella Lettera ai Galati 5,22:
“Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”.

Il Repertorio nazionale di canti per la liturgia contempla due versioni: la sequenza gregoriana in lingua latina (RN 194) e una versione in lingua italiana (RN 196) composta da Don Pierangelo Ruaro, presbitero e musicista vicentino.

Forse è il caso che gli animatori musicali della liturgia si attivino per tempo per non ridurre questo grande inno a una lagnosa lettura sciatta e atona come accade spesso nelle nostre comunità.

Veni Sancte Spiritus nella versione gregoriana eseguita dalla Cappella Musicale Pontificia “Sistina”

Veni Sancte Spiritus nella versione ritmica ternaria eseguita da La Maîtrise Notre-Dame de Paris

Vieni Santo Spirito (P.A.Ruaro), versione esemplificativa, ma non rispettosa della partitura originale.

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