Se è vero che «siamo ciò che mangiamo», molte perplessità emergono su ciò che, invece, non possiamo proprio “digerire”. In tal senso, un ampio capitolo merita, per la complessità della materia, ciò che riguarda la celiachia. Per dare risposta alle varie domande dei consumatori, alcune aziende hanno ideato una serie di valide iniziative. Tra queste, la Schär, leader europeo nell’alimentazione senza glutine, in collaborazione con l’Adi, Associazione Italiana di Dietetica e di Nutrizione Clinica, hanno promosso la 5^ edizione del Mese delle Intolleranze al Glutine. Si tratta di una campagna nazionale che ha l’obiettivo di promuovere un’informazione scientificamente corretta, oltre che fornire consigli utili ai pazienti e sottolineare la necessità di evitare l’auto-diagnosi.

Il cibo non sembra più essere così tanto sano come lo era ai tempi dei nostri nonni e bisnonni, i quali coltivavano tutto da soli e portavano sulla tavola cibo sano, sicuro e appetibile. Oggi, con le nuove tecnologie e con i nuovi metodi di allevamento, di coltivazione e di irrigazione, oltre che con le variazioni climatiche, non siamo più sicuri di ciò che mangiamo. Ragione per cui, al di là della celiachia, moltissime sono in Italia le famose allergie e intolleranze alimentari.

Secondo alcune statistiche, i casi di intolleranza alimentare e di allergia vanno dagli 85 ai 90 mila e, secondo le stime, sarebbero 400-500 mila gli italiani che ancora non sanno di essere malati. Ma quali sono gli alimenti più critici? Sicuramente, ai primi posti, troviamo il glutine, il lievito di birra, la farina 00, le uova e il latte con i suoi derivati. Tutto questo, sicuramente, va a modificare le abitudini alimentari di un italiano medio e, soprattutto, va ad aumentare i costi. Si sa, infatti, che i cibi privi di glutine e di uova, i prodotti con farine alternative, quali farro e riso, e i prodotti a base di latte di soia e riso sono più costosi rispetto ai prodotti che potremmo definire “normali”. In più, soprattutto, non sono molti i supermercati forniti di prodotti “alternativi”, quindi, risulta difficile anche la loro reperibilità.

Ma, nello specifico, quali sono questi cambiamenti in cui si incorre quando ci si imbatte in un caso di intolleranza o di allergia? Un intollerante dovrà sostituire il latte della colazione con un latte di soia o di riso, il cui costo varia dai 2 ai 2,50 euro, rispetto agli 0,89 euro di una consueta busta di latte. Non solo: non potrà nemmeno mangiare alimenti quali fette biscottate, ricche di lievito di birra e glutine, brioches e biscotti e, quindi, sarà obbligato a sostituirli con biscotti di farina di farro o di kamut, il cui costo medio a pacco da 500 grammi è di 2,50 euro in confronto a 1,50 euro di un pacco di biscotti normali.

E per il pranzo? Sicuramente la pasta di farina di frumento dovrà essere sostituita con pasta integrale o di farro, il cui costo si aggira intorno ai 2 euro per un pacco da 250 grammi contro gli 0,89 euro per un pacco di pasta di farina di frumento o di pasta all’uovo. A cena, non potrà di certo optare per una pizza o una piadina: la sua scelta dovrà essere indirizzata verso alimenti privi di glutine e di lievito di birra.

La vita di un intollerante o di un allergico non è una vita semplice, ma piuttosto limitata. Limitata non solo per la quantità di cibi che dovrà escludere dalla sua dieta, ma anche, e soprattutto, perché pochi sono i ristoranti che offrono un menù alternativo per casi come questi. Un problema su cui varrebbe la pena riflettere e sul quale si dovrebbe prestare particolare attenzione, vista la crescita dei casi. La salute va tutelata, sempre, anche, e sopratutto, a tavola.

A tal scopo, un decalogo a “misura di bambino” per riconoscere, trattare e prevenire le malattie causate da allergia è stato elaborato dagli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e da Federasma:

  1. Se si sospetta che il bambino possa soffrire di disturbi a contatto di una sostanze allergenica, deve essere consultato il pediatra per una visita di allergologia pediatrica;
  2. per la diagnosi di allergia vanno eseguite le prove cutanee (prick test) o il dosaggio sul sangue delle IgE specifiche per la sostanza che è sospettata allergizzante. Vanno evitate le indagini alternative (cosiddette “prove di intolleranza”) perché prive di alcuna validità scientifica e quindi inutili;
  3. il bambino allergico deve evitare rigorosamente il contatto col fumo di tabacco;
  4. il bambino avere la garanzia di non assumere mai l’alimento o il farmaco in causa: ne va della sua vita;
  5. il bambino essere garantito che gli ambienti, in particolare la camera da letto, siano ben arieggiati e sgombri da arredi che favoriscono l’accumulo di polvere;
  6. per il bambino allergico ai pollini va consultato il calendario pollinico che indica i periodi dell’anno “a rischio”;
  7. il bambino deve essere garantita la fornitura gratuita del farmaco salvavita;
  8. al bambino deve essere garantita la fornitura gratuita dei presidi terapeutici locali e sistemici necessari al controllo della malattia stessa;
  9. il bambino ha il diritto di frequentare regolarmente tutte le attività ricreative, gioco e sport, adeguate alla sua età, sotto il controllo di personale addestrato nello specifico;
  10. vanno garantiti ambienti interni ed esterni idonei, oltre al rigoroso rispetto del regime alimentare con documentata allergia ad un alimento.

Comments (02)

  1. Scusate, ma perché un celiaco dovrebbe sostituire la farina di frumento con quella di Kamut?
    Kamut è il marchio usato per un tipo di frumanto, il grano Khorasan che contiene più glutine di quello usato comunemente.

    Inoltre non capisco il nesso tra l’intolleranza al glutine e l’eliminazione del latte dalla dieta. Avrebbe senso nel caso di intolleranza al lattosio (in questo caso sul mercato oltre alle bevande zuccherate a base di soia o riso esiste anche l’alternativa del latte senza lattosio).

    Sicuramente le bevande sopra citate (che legalmente non possono essere define “latte” in quanto non vengono ottenute tramite mungitura) sono utili in caso di allergia alla caseina, ma è certamente più rara rispetto a quella alle proteine della soia.

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