di Francesco Rossi

“O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Questo è il giusto modo per pregare, indicato da papa Francesco nell’Udienza generale di mercoledì 1 giugno, in piazza San Pietro. Davanti a circa 15 mila fedeli, la catechesi del Papa è partita dalla parabola del fariseo e del pubblicano, proseguendo nella riflessione sulla preghiera già intrapresa mercoledì scorso, con la parabola del giudice e della vedova. Lì il richiamo a “pregare con perseveranza”; oggi, invece, la parabola mostra il “giusto atteggiamento per pregare”.

Il fariseo “corrotto” trascura “il comandamento dell’amore”. Da una parte c’è il fariseo, “icona del corrotto che fa finta di pregare, ma riesce soltanto a pavoneggiarsi davanti a uno specchio”. “Quel fariseo – osserva il Papa – prega Dio, ma in verità guarda a se stesso”, “invece di avere davanti agli occhi il Signore, ha uno specchio”. “Il suo atteggiamento e le sue parole sono lontani dal modo di agire e di parlare di Dio, il quale ama tutti gli uomini e non disprezza i peccatori. Al contrario, quel fariseo disprezza i peccatori”, trascurando così “il comandamento più importante: l’amore per Dio e per il prossimo”. Riflette Francesco: “Non basta dunque domandarci quanto preghiamo, dobbiamo anche chiederci come preghiamo, o meglio, com’è il nostro cuore: è importante esaminarlo per valutare i pensieri, i sentimenti, ed estirpare arroganza e ipocrisia”.

Di fronte alla “frenesia del ritmo quotidiano” che ci lascia “in balìa di sensazioni, frastornati, confusi”, “è necessario – aggiunge – imparare a

ritrovare il cammino verso il nostro cuore, recuperare il valore dell’intimità e del silenzio, perché è lì che Dio c’incontra e ci parla.

Soltanto a partire da lì possiamo a nostra volta incontrare gli altri e parlare con loro”.

Il pubblicano, “icona del vero credente”. Il pubblicano, invece, “con animo umile e pentito”, eleva al Signore una preghiera “brevissima”:

“O Dio, abbi pietà di me peccatore”.

È una “bella preghiera”, commenta il Papa, che chiede ai presenti di ripeterla tre volte. E poi, alla fine della catechesi, rinnova l’invito a pregare così.
“La parabola – chiosa Bergoglio – insegna che si è giusti o peccatori non per la propria appartenenza sociale, ma per il modo di rapportarsi con Dio e per il modo di rapportarsi coi fratelli”. Il pubblicano, “riconoscendosi peccatore”, “mostra a tutti noi la condizione necessaria per ricevere il perdono del Signore”, e alla fine “proprio lui, così disprezzato, diventa un’icona del vero credente”, mentre chi si credeva giusto – il fariseo – è “icona del corrotto”.
“Così, nella vita chi si crede giusto e giudica gli altri e li disprezza, è un corrotto e un ipocrita. La superbia compromette ogni azione buona, svuota la preghiera, allontana da Dio e dagli altri”.

Umili per sperimentare la misericordia. Dio, conclude il Papa, ha una “debolezza per gli umili”. Ma “se Dio predilige l’umiltà non è per avvilirci: l’umiltà è piuttosto condizione necessaria per essere rialzati da Lui, così da sperimentare la misericordia che viene a colmare i nostri vuoti. Se la preghiera del superbo non raggiunge il cuore di Dio, l’umiltà del misero lo spalanca”.

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