La cultura chiama e la città risponde. Si apre così, nel nome del «bene comune» più prezioso come l’ha definito l’ospite illustre chiamato ad inaugurarla, la 52esima stagione del Macerata Opera Festival, che ieri, nella splendida cornice di palazzo Buonaccorsi, ha visto in Massimo Bray, già ministro per i Beni e le Attività culturali durante il Governo Letta e attuale direttore dell’Istituto Treccani, un padrino d’eccezione.

Il politico leccese, lodando la bellezza del territorio e lo spirito di intraprendente collaborazione “respirato” a Macerata, ha infatti tenuto a battesimo l’inizio ufficiale dell’edizione 2016 del Mof (leggi Qui) che prende il via stasera con la prima di «Otello», offrendo al pubblico un’ampia dissertazione incentrata sul tema prescelto: «Mediterraneo».

«L’augurio – ha esordito il sindaco di Macerata, Romano Carancini, dando il benvenuto a Bray in qualità di presidente dell’Associazione Arena Sferisterio – è che queste serate facciano star bene le persone, offrendo uno spettacolo capace, senz’altro, di emozionare: il nostro Festival ha davvero un respiro internazionale e il Mediterraneo, oggi, in questi giorni specialmente, non è solo la culla in cui si consuma la tragedia di tanta gente che lì perde la vita». Il riferimento del Primo cittadino è alla Turchia e a quello che sta accadendo dopo il tentato golpe a cui il presidente Recep Tayyip Erdogan sta duramente reagendo, reprimendo in primo luogo quel mondo culturale che ha reso glorioso il Paese: «Anche da Macerata – ha dichiarato Carancini – può e deve partire una voce chiara di indignazione, verso chi sta annientando i punti di riferimento intellettuali del popolo turco».

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Ad inaugurare l’edizione 2016 del Mof, da sinistra, Luciano Messi, Francesco Micheli, Massimo Bray, Romano Carancini e Stefania Monteverde

Quindi, gli interventi di Francesco Micheli, direttore artistico del Mof, e di Luciano Messi, sovrintendente dell’Arena Sferisterio, che non ha mancato di ricordare l’impegno di tanti «dai Consorti ai novelli Cento Mecenati, dalle manovalanze agli sponsor», perchè «siamo tutti qui a farci interpreti di una grande attesa per queste opere indimenticabili» e «Bray rappresenta la figura migliore per questa inaugurazione, come intellettuale che ha ben saputo coniugare l’impegno civico a quello culturale». «Siamo convinti – ha dunque aggiunto Micheli, prima di lasciare la parola al relatore per la Lectio magistralis – che a Macerata, in questo “paradiso perduto”, possa crescere un interesse centrifugo. Non dimentichiamo mai che l’opera lirica è arte contemporanea e, attraverso il “Mediterraneo” vogliamo comunicare il modello vivente dei valori fondamentali che i padri hanno tramandato nelle loro composizioni. Composizioni unite, come si evince dalle trame, da un medesimo sentimento: l’amore. La lirica è realmente una madre, una nonna, potremmo dire, in grado di guidare le nuove generazioni verso un futuro migliore».

Il pubblico accorso nel cortile di palazzo Buonaccorsi
Il pubblico accorso nel cortile di palazzo Buonaccorsi

Ed è proprio sul tema dell’educazione responsabile, dell’impegno civico e del domani che attende la nostra Europa che si è incentrato l’intervento di Massimo Bray, intriso di numerose citazioni, da Benedetto Croce a Fernand Braudel, passando anche per la poesia di Alda Merini. Ma è tutt’altro che retorico il discorso del direttore della Treccani, che ha invitato la platea a guardare la situazione odierna senza ipocrisie, e con approccio concreto.

Massimo Bray durante la Lectio magistralis
Massimo Bray durante la Lectio magistralis

«Il tema su cui verte la stagione lirica maceratese e su cui sono stato chiamato a riflettere è decisamente impegnativo – ha affermato – perchè il fenomeno migratorio, che nel mar Mediterraneo, appunto, vede il suo punto focale, non è più soltanto un’emergenza, ma una realtà complessa con cui dovremo necessariamente confrontarci negli anni che verranno: dobbiamo imparare a costruire il futuro per i nostri figli, e serviranno regole da rispettare, reciprocamente. Dobbiamo tornare a dire con coraggio che le leggi servono e vanno osservate». Pone delle questione aperte, l’ex Ministro – «Quale sarà lo sviluppo del nostro Paese? Che volto avrà l’Italia?» -, cita gli esempi cinematografici che raccontano la drammatica attualità (vedi, tra gli altri, il premiato Fuocoammare di Gianfranco Rosi) fa cenno al ruolo delle Istituzioni, allo sforzo delle Forze dell’ordine «in prima linea nella questione dell’accoglienza dei migranti», al delicato compito che attende la scuola e gli insegnanti «a cui affidiamo la crescita dei nostri ragazzi» e, ovviamente, alla risorsa culturale, «nostro tratto distintivo che, se ben valorizzato, come nel caso di Macerata, può rendere onore ai luoghi che abitiamo». Perchè, sostiene Bray, «la crisi non è solo economica, ma ha radici ben più profonde e l’arte può avere quella forza di “riconnetterci” con un presente delicato: è l’arte a tracciare la via nel difficile percorso di comprensione del mondo che ci circonda. Ripartiamo allora dalle origini, senza mai scordare che la nostra storia, la storia del popolo latino, dei greci parte proprio dallo scambio di civiltà».

Il confronto, pertanto, sarà la chiave di lettura e di vita «delle differenze», dell’integrazione con le altre razzie ed etnie, con uno scopo ben preciso: «Dovremo arrivare ad una politica di speranza. Con la certezza di essere accolti per chi arriva nei nostri lidi, con la certezza, per noi, di essere tutelati. Saranno – aggiunge l’intellettuale – parole desuete “patria”, “nazione, “fedeltà”, eppure potranno essere esse stesse, per le scelte politiche e non solo, la bussola autentica in questo complicato frangente storico».

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Conclude il suo discorso con un illuminante trittico – «spiritualità religiosa, speculazione filosofica e pensiero scientifico» – Massimo Bray, per spiegare che «senza queste tradizioni sarà difficile creare un’Europa unita e convinta». Rimarca, infine, i termini, ambiziosi quanto urgenti di «libertà e tolleranza», sostenendo che «oggi, tramite la cultura, il più caro bene comune, siamo qui per dimostrare di saper credere in questi valori». E chiude rammentando testualmente le parole di Aldo Moro, “navigando”, oggi come ieri, nello stesso contesto geografico e sociale che riguarda la nostra umanità: «Nessuno è chiamato a scegliere tra l’essere in Europa e essere nel Mediterraneo, poiché l’Europa intera è nel Mediterraneo».

A «gettare nuove reti», per pescare ulteriori aspetti culturali in grado di collegare il tema del Mof con le iniziative proposte dall’Amministrazione comunale di Macerata è stata poi l’assessore alla Cultura e vice sindaco Stefania Monteverde, che a conclusione della magistrale relazione ha presentato la mostra «6th continent» curata dal fotografo Mattia Insolera (leggi Qui il servizio di presentazione dell’esposizione).

Dopo il tradizionale taglio del nastro, è stato lo stesso artista “itinerante”, a spiegare il senso delle sue opere che, dal 2007, attorno e attraverso il Mediterraneo, hanno immortalato scorci, dettagli, visi e storie degne di essere narrate.

L'inaugurazione della mostra «6th Continent» spiegata da Insolera
L’inaugurazione della mostra «6th Continent» spiegata da Insolera

Aperta fino al 4 settembre presso le Sale espositive del Buonaccorsi, l’esposizione, come illustrato dallo stesso fotografo di origine bolognese, nell’ambito del Mof, echeggiando il tema classico della Galleria dell’Eneide al piano nobile del Palazzo, «appare come un periplo contemporaneo di questo mare che ha visto per secoli intrecciarsi i destini dei popoli, periodicamente dilaniati da immense tragedie».

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Con l’intento di riflettere «su chi ancora usa il mare come superficie di trasporto, ambiente di lavoro e come spazio di scambio», Insolera si è mosso «alla ricerca di cosa sia rimasto di quel passato in cui il “mare interno” era un ponte che metteva in comunicazione differenti culture, terreno fertile per la nascita delle prime civiltà, spazio che assimilava genti venute dagli antipodi della terra, trasformando tutti in mediterranei»

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