La misericordia è il modo speciale con cui Dio ci ama.

La Bibbia usa tre parole/immagini per chiamare la misericordia, che mostrano soprattutto la distanza tra l’amore di Dio e il nostro.

“’Ahab” è l’amore sereno degli sposi, in particolare degli sposi giovani, dove passione e tenerezza si mescolano e si limitano a vicenda, è un amore che conquista e che consola, che contempla la bellezza e la protegge con una tenera gelosia.

Hesed” esprime un amore dove domina la solidità, la stabilità, la fedeltà al legame, la lealtà generosa verso gli impegni anche quando l’altro non li rispetta.

Raham” richiama le viscere che si commuovono, un amore che parte dall’intimo e non come reazione a ciò che ricevo, un amore che parte perciò per primo. Papa Francesco dice che Dio “primeggia” sempre nell’amore, ci anticipa. Poi rehem è l’utero materno, il grembo che dona la vita, ed esprime così un amore che fa vivere, che regala vita.

Quando Dio ama fa tutto questo e perciò il suo amore è davvero diverso dal nostro. Noi infatti amiamo mescolando sempre all’amore l’egoismo, la paura, la fragilità dei sentimenti.

Amiamo solo chi ai nostri occhi appare amabile, per questo il nostro amore non primeggia, è una risposta sempre un po’ interessata. Amiamo solo se il nostro amore viene accolto con gratitudine; la fedeltà nel donare ci costa tanta fatica mentre andiamo sempre in cerca di conferme e gratificazioni. Infine amiamo cercando la vita, affamati di vita, chiedendo all’altro che ci faccia sentire vivi, mentre “in Dio è la sorgente della vita”, Lui dona vita senza spremere e sfruttare il bene che trova attorno a sé.

Il nostro amore, pur essendo la cosa più grande che abbiamo, è davvero piccola cosa davanti all’amore di Dio.

Il segreto è semplice: lasciarsi amare da Dio per imparare ad amare come Lui.
L’amore del padre Misericordioso raccontato da Gesù nella parabola ha tutte queste caratteristiche.

È un amore che “primeggia”, che non ama chi è amabile, ma dona attenzione ed amore ai due figli proprio quando non sono amabili. È un amore fedele che continua ad amare il figlio che “era morto” ed attende finché “non tornerà in vita”. Il padre continua a chiamare “figlio” ognuno dei suoi figli, qualsiasi cosa facciano, ed anche quando tra loro non si riconoscono più fratelli. È un amore che genera a nuova vita ridando dignità sia al figlio perduto che a quello che non vuol rientrare in casa, cioè riconoscere che la famiglia è ricostituita.

Infine il Padre non chiede nulla e tutto dona, non chiede neppure il pentimento dei due figli, ma lo accoglie con gioia e disponibilità piena del cuore.

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