Olimpiadi sì, Olimpiadi no. La scelta sulla candidatura di Roma 2024 ha avuto oggi, 21 settembre, il suo epilogo nelle parole pronunciate dal sindaco capitolino Virginia Raggi che le ha definite, dato il momento economico dell’Italia, “da irresponsabili”. Di conseguenza, è facilmente immaginabile che divisioni partigiane e sgarbi, compresi gli interessi economici delle parti in causa, Coni (prestigio internazionale e occupazione) e Comune di Roma (sprechi, cementificazione e opere incompiute), non termineranno nelle prossime ore.

Al netto di tutto ciò, ci si chiede, tuttavia, che fine abbiano fatto lo sport e i valori da esso interpretati, a lungo avulsi dal dibattito se non intrinsechi nelle ambizioni della “sindaca” Raggi, oltretutto ribadite nella conferenza stampa odierna, rispetto alle opere di riqualificazione (e non di nuova edificazione) che dovranno necessariamente migliorare la qualità della vita dei romani.

Mauro Berruto
L’ex allenatore della nazionale italiana di volley Mauro Berruto

Una riflessione interessante è stata espressa nella stessa giornata sulle pagine di Avvenire, a firma di Mauro Berruto, per la rubrica “Senza Rete”. Non potendo conoscere la posizione definitiva della Giunta Raggi, nonostante fosse facilmente immaginabile, l’ex allenatore della nazionale italiana di Volley ha espresso un ultimo tentativo assolutamente da non “cestinare”, anzi, alle luce delle decisioni romane. «I Giochi Paralimpici sono ancora, purtroppo, considerati una sorta di appendice ai Giochi Olimpici – ha scritto Berruto -, e l’eco delle storie colme d’ispirazione che ci sono arrivate da queste giornate di Rio de Janeiro ha avuto oggettivamente meno risonanza di quella che riempiva le nostre case nel mese di agosto». Da qui la proposta, ormai da declinare fuori dall’Italia: «Poter vedere i Giochi Paralimpici come parte integrante dei Giochi Olimpici stessi. Stesso periodo e stesso palcoscenico».

Berruto risponde, in tal modo, a un interrogativo di molti. Un’idea possibile solo dal 2024, visto che sia i Giochi invernali di Pyeongchang del 2018, che quelli estivi di Tokyo nel 2020, hanno già determinato la rispettiva programmazione. «Nel 1960, Roma inaugurò la prima edizione dei Giochi Paralimpici – continuava Berruto -, perché allora non essere ancora all’avanguardia e proporre l’idea di un palcoscenico unico?». All’occasione “mancata”, si affianca comunque e rimane valida questa vera e propria sfida culturale, oltre che sportiva, da rilanciare alle candidature in campo «per proporre un definitivo cambio di paradigma e insegnare al mondo che gli atleti paralimpici, e le loro storie di resilienza, non possono essere considerati come i “figli di un Dio minore”».

Tuttavia, si tratterebbe di palesare formalmente ciò che lo sport ha già anticipato: ne è una testimonianza la prova dell’algerino Abdellatif Baka, capace di vincere i 1.500 metri con un tempo inferiore rispetto a quello registrato dalla medaglia d’oro statunitense Mattew Cetrowitx. A questo esempio, ma se ne potrebbero fare molti, si aggiungono le parole dell’ex pilota di Formula 1 Alex Zanardi, vittima nel 2001 di un grave incidente e medaglia d’oro a Rio nel paraciclismo dopo il successo di Londra 2012, che non ha esitato a dedicare il suo successo a Gianmarco Tamberi, il giovane ginnasta azzurro che, a causa di un infortunio, ha saltato un’edizione delle Olimpiadi che lo avrebbe certamente visto tra i principali protagonisti.

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