La produzione industriale è in ulteriore calo. Il Prodotto Interno Lordo (Pil) italiano nel 2015 è cresciuto soltanto dello 0,7%. E secondo l’lnps l’andamento del mercato del lavoronei primi 7 mesi del 2016, ha registrato una perdita di 76.000 posti.

Nel 2015 l’aumento del Pil in Italia è stato del tutto «risicato», soltanto dello 0,7%. L’Istat ha corretto al ribasso la stima preliminare, resa nota a marzo di una crescita dello 0,8%. Nel 2015 – calcola ancora l’Istat – gli investimenti fissi lordi sono cresciuti dell’1,3% (con incrementi del 18,2% dei mezzi di trasporto, del 2,1% delle macchine e attrezzature e dello 0,3% dei prodotti della proprietà intellettuale e un calo invece dello 0,4% degli investimenti in costruzioni). Un dato ancora: il rapporto deficit/Pil è leggermente migliorato nel 2015 attestandosi al 2,6% (contro il 3% del 2014).

Ma il dato riguardante la caduta della produzione industriale durante questa crisi è purtroppo noto da tempo, ecco perché, oggi, è da ritenere che sia molto più importante «concentrarsi su quanto c’è da fare per rilanciare investimenti e consumi, piuttosto che ricordare quanto perso negli anni passati», ha dichiarato il segretario confederale Cisl, Giuseppe Farina. «Infatti è soprattutto la caduta della domanda aggregata di investimenti e consumi che ha rallentato le attività industriali e l’economia del Paese». È da questa considerazione che dobbiamo ripartire, ha aggiunto Farina, tenendo presente tre importanti possibilità: l’uso delle risorse dei fondi europei per rafforzare la competitività dei territori e la loro attrattività agli investimenti; il progetto appena avviato di industria 4.0 per rafforzare la competitività delle imprese; un buon utilizzo della detassazione sul salario di produttività per favorire l’estensione della contrazione nelle aziende e fare crescere la produttività ed i salari dei lavoratori.

Se andiamo poi ad osservare i dati sul mercato del lavoro, senza addentrarci in cifre e percentuali, tra l’altro assai discordanti tra Istat e Inps, che danno la stura ad interpretazioni strumentali da una parte e dell’altra, ognuna con la sua verità, perfino con «La Verità» scritta anche in testata, non c’è proprio da farsi illusioni.

Un fatto è comunque certo: terminati gli incentivi del 2015, previsti dalla legge di Stabilità – che prevedevano l’abbattimento integrale dei contributi per tre anni a carico del datori di lavoro – diminuiscono le assunzioni nel settore privato e si perdono posti di lavoro. Non dimentichiamo che lo stesso Ministero del Lavoro, già la settimana scorsa, «aveva puntato il dito sui licenziamenti, avvenuti nell’ultimo trimestre, registrando un’impennata del 7,4 %».

Di fronte a tale situazione, anche il sottosegratario alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, ha finito per ammettere che «dobbiamo fare politiche di sviluppo permanente» e che «la prossima legge di bilancio sarà un rafforzamento di queste misure per la crescita e, di conseguenza, per la capacità industriale del Paese poiché l’impresa oggi ha un ruolo centrale» per il rilancio dell’occupazione.

Per questo è estremamente ungente un impegno “vero” e comune da parte del Governo e di tutte le Forze sociali, puntando in primo luogo sulla creazione di sviluppo e di ricchezza in funzione del bene comune e non su questioni corporative. Sono necessarie meno chiacchiererelazioni industriali al passo con i tempi e misure urgenti per favorire l’occupazione e abbattere le povertà sempre più crescenti.

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