Giacomo Buoncompagni*

La politica americana , in particolare, è da sempre uno spazio riservato solo ad alcuni, è un “gioco” solo per potenti, uno spettacolo da guardare in tv o da sotto un enorme palco, circondati da bandiere, palloncini e bodyguards. Il tutto, accompagnato da sottofondi che riproducono successi musicali di rock-star americane.

In queste elezioni americane, una lezione c’è stata impartita: agli americani, agli italiani, a tutto il mondo, in particolare a molti giornalisti ed analisti. Innanzitutto, i media si scatenano nel periodo delle campagna elettorali: sondaggi, accuse, scoop, fake, lunghissimi articoli e analisi da parte dei giornalisti ed esperti di politica di tutto il mondo, anche in Italia.
Senza evocare manipolazioni o i segreti di Stato e ignorando per un attimo le borse o le considerazioni dei potenti di Bruxells, è chiaro a tutti come la maggior parte dei professionisti dell’informazione abbiamo chiaramente sostenuto Hilary Clinton, forse senza un cognome proprio (?), fin da subito.

primarie-usa-2016-risultati-caucus-iowa-770x536Hillary, descritta come la madre (o nonna) degli americani, le sue parole e programma elettorale, considerate come “medicina” per il popolo. Trump invece, come l’uomo delle Torri che distruggerà l’economia statunitense e le relazioni internazionali. Sono poi bastate poche parole, quelle del direttore dell’Fbi, James Comey, che ha deluso tutti e messo i media in crisi: il capo del Federal Bureau, accusato di complottismo e di desiderare la sconfitta della Clinton per aver riaperto l’indagine sulle famose e sospette email. Lo stesso Trump è stato, per lungo tempo, tenuto giustamente sotto controllo dalla giustizia americana per le accuse di molestie su alcune donne e per il sospetto di evasione fiscale. In quel momento, però, non si era scatenato nessun tipo di panico mediatico.

E’ noto a tutti come il mondo digitale imponga, per sua natura, la trasparenza (forse eccessiva, in alcuni casi) e si nutra del suo essere “spazio pubblico”, privo di privacy: questa è la vera forza e motivo del successo di piattaforme social come Facebook, dove tutti parlano di tutto e si mostrano senza vergogna alcuna. Tale trasparenza però, dovrebbe uscire dalla realtà virtuale e sono gli stessi utenti, elettori, cittadini noi tutti, a chiederlo. Oggi infatti la trasparenza, ma anche sicurezza, benessere sono concetti desiderati e richiesti da ogni popolo su questa Terra, che devono concretizzarsi anche nella realtà sociale così imperfetta; concetti questi, che in particolar modo nel mondo politico, sono sempre più assenti e motivo di scontro, anche se molti professionisti della politica e della comunicazione tentano ancora di nascondere questa cruda verità.

Ne è stato esempio la violenta battaglia tra i due candidati alla Casa Bianca. Uno scontro basato sulla verbale, sul linguaggio del corpo e sulla loro immagine pubblica. Pochi i contenuti politici emersi nei «super-thursday», ma questo ha avuto poca importanza, perché tutti gli americani avevano già un progetto e programma politico chiaro, erano il simbolo del vero sogno americano, i veri conoscitori ed esperti della società e dell’economia del loro Paese.

elezioni-usa-2016-oggi-e-lelection-day-il-giorno-delle-elezioni-del-nuovo-presidente-degli-stati-uniti-damerica-459x258A quanto pare, serviva loro solo un “mezzo”, una persona sicura, speranzosa e difficilmente influenzabile ed influenzata dalla storia politica, un soggetto al di sopra delle aspettative mediatiche: Donald Trump. Gli elettori americani sono stanchi della violenza nelle strade e della disuguaglianza sociale, in particolar modo ispanici ed afroamericani che speravano in quel cambiamento ed equilibrio sociale con il primo presidente americano nero, Obama, speranza che però, per molti di loro non ha mai preso forma, se non a parole. Hilary , goffa, chiusa, inespressiva, non fredda nel corpo e nel linguaggio. Trump, esattamente l’opposto: diretto, sintetico, sgarbato, scontroso, gestualità incontrollata, uno showman . La sua rabbia, i suoi gesti esagerati, le pause , quegli occhi furbi e socchiusi, quasi sonnolenti mentre parla, quel ciuffo giallo limone, ma soprattutto quel linguaggio “sporco”, comunicavano già una «verità», «soluzioni», «cambiamento» e… vittoria.

Donald Trump, dunque, proiezione dei reali bisogni degli americani? In una parola: la sua comunicazione funziona, perché coinvolge e tocca emotivamente quell’elettore oggi sfiduciato , crea immediatamente quell’empatia vincente, quel “link-emotivo” che connette l’elettore al politico. Molto più razionale ed equilibrate le parole e il comportamento dei molti elettori americani intervistati che hanno attentamente valutato e analizzato la situazione politica. Un rabbioso popolo, ancora alla ricerca di un “salvatore” su cui versare le ultime gocce di speranza rimaste.

Donald Trump, dunque, proiezione dei reali bisogni degli americani? In una parola: la sua comunicazione funziona, perché coinvolge e tocca emotivamente quell’elettore oggi sfiduciato , crea immediatamente quell’empatia vincente, quel “link-emotivo” che connette l’elettore al politico

Un popolo che sembra chiedere di essere compreso e “coccolato” , vuole la verità e la trasparenza ma questa prima, deve essergli comunicata. Nella nuova società globalizzata, sembra emergere un forte bisogno di ricominciare a camminare e a sperare all’interno di una realtà sociale più concreta, di alzare lo sguardo dai nostri Ipad, di ignorare per un attimo le analisi politiche, le previsioni errate dei media internazionali e dimenticare per un attimo i presunti complotti e complottisti che da sempre caratterizzano il racconto del potere.

Educazione, etica, giustizia sono temi profondi che necessitano di essere trasformarti in temi sociali anzi in “fatti sociali”, ma è necessario cambiare prima il modo di comunicare, provando ad accettare anche nuovi schemi, i nuovi comportamenti , i nuovi bisogni del mondo globalizzato. E’ necessario ripulire le menti e ricostruire quelle relazioni perse per ri-costruire società fondate sulla cooperazione sulla conoscenza e comprensione senza rischiare di impoverire la cultura. Ecco, dunque, perché bisogna ascoltare prima il popolo e non i media: impariamo a leggere la realtà.

*presidente provinciale Aiart Macerata

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