In alcune comunità c’è la pessima abitudine di duplicare i riti liturgici, sovrapporli e poi magari ignorare quelli che effettivamente sarebbe opportuno celebrare.

È il caso dell’Adorazione eucaristica immediatamente dopo i riti di Comunione. Nella Messa, dove tutta la comunità diviene Corpo e Sangue di Cristo, estrarre l’ostensorio è uscire dalla logica e perdere il senso di ciò che si è appena fatto e celebrato. Come se la grazia che abbiamo ricevuto fosse stato nulla! L’Adorazione eucaristica dopo la comunione, se si giustifica, è solo dopo la Messa “in coena Domini” il Giovedì Santo e per ben altri motivi…

Se proprio non si può fare a meno, che passi un tempo congruo tra la fine della Celebrazione eucaristica e l’inizio dell’Adorazione eucaristica.

Vorrei ricordare sempre come queste osservazioni non nascano arbitrariamente dalla mia mente, ma derivino dalla attenta lettura dei testi liturgici. Il libro liturgico che regola questi riti è il “Rito della comunione fuori della Messa e culto eucaristico“.
Al numero 6 dei prenotanda si legge:

“6. Nella celebrazione della Messa sono gradualmente messi in evidenza i modi principali della presenza di Cristo nella Chiesa. È presente in primo luogo nell’assemblea stessa dei fedeli riuniti in suo nome; è presente nella sua parola, allorché si legge in chiesa la Scrittura e se ne fa il commento; è presente nella persona del ministro; è presente infine e soprattutto sotto le specie eucaristiche: una presenza, questa, assolutamente unica, perché nel sacramento dell’Eucaristia vi è il Cristo tutto e intero, Dio e uomo, sostanzialmente e ininterrottamente. Proprio per questo la presenza di Cristo sotto le specie consacrate vien chiamata reale: «reale non per esclusione, come se le altre non fossero tali, ma per antonomàsia».
Ne consegue che, per ragion del segno, è più consono alla natura della sacra celebrazione che sull’altare sul quale viene celebrata la Messa non ci sia fin dall’inizio, con le specie consacrate conservate in un tabernacolo la presenza eucaristica di Cristo: essa infatti è il frutto della consacrazione, e come tale deve apparire.”

Proseguendo la lettura attenta dell’introduzione al libro liturgico si incontrano i numeri 90 e 91.

“90. L’esposizione della santissima Eucaristia, sia con la pisside che con l’ostensorio, porta i fedeli a riconoscere in essa la mirabile presenza di Cristo e li invita alla comunione di spirito con lui, unione che trova il suo culmine nella comunione sacramentale. È quindi un ottimo mezzo per ravvivare il culto dovuto al Signore in spirito e verità.
Nelle esposizioni si deve porre attenzione che il culto del santissimo Sacramento appaia con chiarezza nel suo rapporto con la Messa. Nell’apparato dell’esposizione si eviti con cura tutto ciò che potrebbe in qualche modo oscurare il desiderio di Cristo, che istituì la santissima Eucaristia principalmente perché fosse a nostra disposizione come cibo, rimedio e sollievo.

91. Durante l’esposizione del santissimo Sacramento è vietata la celebrazione della Messa nella stessa navata della chiesa.
Infatti, oltre le ragioni esposte al n. 6, la celebrazione del mistero eucaristico racchiude in modo più perfetto quella comunione interna a cui l’esposizione vuol condurre i fedeli. Se l’esposizione del santissimo Sacramento si prolunga per uno o più giorni consecutivi, essa si deve interrompere durante la celebrazione della Messa, a meno che questa non venga celebrata in una cappella separata da quella parte della chiesa in cui ha luogo l’esposizione, e vi rimangano in adorazione almeno un certo numero di fedeli.”

Evitiamo le insalate liturgiche che confondono, ma soprattutto riducono tutto a sterili ed esteriori formalismi.

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