Il settimo incontro per la preparazione al Matrimonio cristiano organizzato dalla Vicaria di Treia si è tenuto nel refettorio del convento dei frati, ancora una volta di fronte all’immagine del maestoso Crocifisso. Don Gabriele Crucianelli ha aperto la serata con il suo saltellante riepilogo, ricordando i punti salienti e le parole chiave di ogni incontro. Ospite una famiglia, una coppia di sposi come tante altre ma una coppia che ha voglia di mettersi in gioco e di raccontare il proprio vissuto, offrendo Fede, competenza, professione, cuore e amore. I coniugi Rino e Rita Ventriglia sono neurologo e psicoterapeuta, lui, ginecologa e sessuologa, lei. Sono venuti da Roma per fare con le coppie un prezioso spaccato di vita famigliare, vissuta con momenti di gioia e di crisi, con difficoltà che obbligano a rimboccarsi le maniche per poterle superare e ripartire più forti di prima.

Hanno all’attivo 35 anni di matrimonio non sempre rosei come si potrebbe pensare, con il dolore di un figlio che chiede al padre: «Papà, tu e mamma vi separate?», ma anche ricchi di successi che rendono più profondo e vero il rapporto della coppia. In tutto questo, Dio e la Fede fanno da sfondo, da substrato fertile che dà la forza per superare i momenti difficili e senza il quale la coppia rinsecchirebbe. Raccontano che durante il loro lungo fidanzamento, di quasi 9 anni, hanno costruito le fondamenta per il loro successivo matrimonio. Un tempo molto utile, nel quale si sono innamorati e al quale hanno attinto nei momenti di crisi, perché durante questi anni i due fidanzati hanno cercato di basare tutto sul dialogo.

Che cos’è l’innamoramento? Questa bellissima invenzione di Dio è un’energia fortissima che spinge a costruire un legame, che dà la forza di lasciare le proprie radici per costruire qualche cosa insieme a un altro. L’innamoramento è basato principalmente su sensazioni, emozioni, che portano a desiderare di incontrarsi. Tuttavia, questa è solo una fase, importante, necessaria ma non sufficiente per un viaggio a lungo termine, c’è bisogno di qualche cosa in più. L’innamoramento è come un’energia propulsiva che porta in orbita ma poi c’è bisogno di un’altra energia che mantenga in orbita. È necessario che l’energia iniziale si arricchisca di alcune parole e concetti difficili da impiegare nella nostra società senza correre dei rischi, come rinuncia, impegno, costanza, mettere da parte me per l’altro. Questi ingredienti piano piano vanno aggiunti al piatto dell’innamoramento per far sì che diventi amore, cioè l’energia che permette di mantenere il legame. Una confusione diffusa nel mondo di oggi è che un legame si deve basare solo sul sentire: se non si sente più nulla allora il partner è sbagliato. Così, si abbandona alle prime difficoltà e si ricomincia con un altro partner, per poi giungere ancora allo stesso epilogo quando l’energia dell’innamoramento svanisce.

Nella coppia il sentire o il desiderio subisce una variazione filologica, quindi non c’è da spaventarsi se si percepisce un cambiamento, fa parte dell’evoluzione delle persone e della coppia. Nell’amore di coppia ci sono varie fasi caratteristiche, delle ricerche ne identificano quattro. Nella giovinezza, che va dai 15 ai 35 anni, la coppia sperimenta principalmente dei desideri sessuali; nella maturità, dai 35 ai 55 anni, il desiderio diminuisce per far posto all’intimità; nella terza età, dai 55 ai 75 anni, predominante è la struttura, ossia il fatto che la presenza dell’altro diventa strutturale; infine, nella vecchiaia, oltre i 75 anni, la coppia sviluppa un forte senso di tenerezza reciproca. Il linguaggio sessuale, nei primi anni di matrimonio, è il modo di dire all’altro: «Ti amo». Un matrimonio non consumato non c’è, perché non c’è stata la sua caratteristica predominante che permette di diventare una cosa sola.

Il letto è l’altare di una coppia. Negli anni, l’intimità della coppia matura, si trasforma ma rimane sempre. Quando si afferma la struttura, non vuol dire che vince la debolezza e che uno dipende dall’altro; piuttosto si può vedere come la realtà quotidiana vissuta inscindibilmente in due, quando c’è un problema non si pensa più «Cosa faccio» ma «Cosa facciamo». Mano a mano che passa il tempo, compare la capacità di condividere con l’altro, cioè di sentirsi una sola cosa con l’altro. Dopo i 70 anni circa, la tenerezza e il desiderio di intimità sostituiscono il desiderio sessuale ma è sempre un modo per dire all’altro: «Ti voglio bene», «Io voglio stare con te». In ultimo, nella vecchiaia compare l’accudimento, la tenerezza porta ad accudire l’altro, il corpo dell’altro con cui si è avuta una intimità sessuale.

In tutte le fasi della vita di coppia c’è la tenerezza. È il cuore di carne, che accoglie, ama, crea relazione di comunione, è lo “spazio” perché si possa accogliere l’altro, è il sentimento del coraggio, coraggio di uscire da se stessi verso l’altro, è la voglia di abbracciare la storia dell’altro. Nella storia del partner ci sono inevitabilmente punti dolorosi e oscuri, che prima o poi diventano palesi. Di fronte ad un medico è più facile, si racconta il problema e l’esperto fa l’anamnesi. Invece, tra due innamorati non è così, non si comunicano all’inizio dei dati anagrafici ma la storia si rivela all’altro solo se l’altro accoglie senza giudicare, in altre parole, se è tenero. Quante volte delle idee, delle decisioni, delle sofferenze di quando si è bambini ricadono nel rapporto di coppia. Se si prende consapevolezza di questo, senza giudicare l’altro per i suoi punti oscuri, il rapporto diventa curativo. Curativo non perché uno dei due è terapeuta ma perché ci si sente accolti e amati, si può così condividere liberamente e si può accudire il primo figlio della coppia che è la relazione stessa.

Josephin e Riccardo

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