LA PAROLA DI OGGI
Dal Vangelo secondo Luca (9,22-25)
In quel tempo Gesù disse: «Il Figlio dell’uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?

PER MEDITARE
Entriamo in Quaresima, e la Chiesa vuole spiegarcene subito lo scopo. La vita di Gesù ha compimento sulla croce, ma al tempo stesso nella risurrezione, che dalla croce è inseparabile. Se vogliamo seguire Gesù e intraprendere questo grande cammino che deve condurci al Padre, la prima cosa da fare è rinunciare a noi stessi. Gesù non ci dice subito di prendere la nostra croce, perché se noi prendessimo la nostra croce stando in noi stessi, questa sarebbe insopportabile. Gesù ci domanda di rinunciare innanzi tutto a noi stessi, cioè al nostro io, solo così potremo avere la forza di abbracciare la croce.

RIFARSI PROSSIMO
Il punto centrale della riflessione sull’amore cristiano è scoprire le leggi misteriose, secondo le quali l’amore di Dio, mediante lo Spirito di Gesù, infonde la carità nei nostri cuori.

UNA STORIA PER RIFLETTERE
Nel secolo scorso, in una cittadina italiana, dopo mesi di lavoro, una schiera di muratori aveva terminato la costruzione di un’altissima ciminiera per una fabbrica. L’ultimo operaio era sceso dalla vertiginosa impalcatura di legno. L’intera popolazione della città era là per festeggiare l’evento e soprattutto per assistere alla caduta spettacolare dell’impalcatura. Appena il castello di assi e travi crollò tra il frastuono, la polvere, le risate e le grida della gente, con stupore si vide spuntare sulla sommità della ciminiera la testa di un muratore che aveva appena terminato il lavoro nel colletto interno.
La folla degli spettatori ammutolì di colpo e l’orrore cominciò a serpeggiare in mezzo a loro: «Ci vorranno giorni per alzare un’altra impalcatura… E di qui ad allora quel muratore sarà morto di freddo… o di sete… o di fame… ». In mezzo alla gente c’era anche la mamma del muratore, che sembrava disperata… Ma poi a un tratto si fece largo e arrivata sotto la ciminiera fece un segno al figlio e gridò: «Giovanni, togliti le calze!». Un mormorio si diffuse: «Poverina, il dolore le ha fatto perdere la ragione … ». Ma la donna insistette. Per non preoccuparla di più, Giovanni si tolse una calza.
La donna gridò di nuovo: «Rovesciala e cerca il nodo, poi tira!». L’uomo obbedì e ben presto si trovò in mano una grossa manciata di lana.«Fai lo stesso con l’altra e lega insieme i fili e poi buttane giù un capo. E tieni l’altro ben saldo fra le dita!». Giovanni eseguì. Al filo di lana fu legato un filo di cotone che l’uomo tirò fino in cima. Poi al filo di cotone fu attaccata una cordicella e alla cordicella una corda e infine un robusto cavo. Giovanni lo fissò saldamente alla ciminiera e scese in mezzo agli «urrà!» della gente.
La tua vita, la tua felicità, la tua salvezza dipendono da cose piccole e fragili. Che molto probabilmente già possiedi. Basta pensarci….

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