Dopo l’omelia pronunciata il giorno di Natale e “ispirata” dai versi del poeta Leopardi, il superiore provinciale dei Padri Passionisti, padre Dario Di Giosia, ha donato alla comunità parrocchiale di Santa Maria della Pietà in Recanati una nuova, originale riflessione in occasione dell’inizio del tempo di Quaresima. Di seguito, il testo integrale della meditazione condivisa nella Celebrazione eucaristica di ieri, 1° marzo, svoltasi, come da diversi mesi ormai, nel tendone provvisorio adiacente la chiesa conventuale lesionata dal sisma. Parole scelte con cura e capaci di fotografare l’attualità che la nostra terra in particolare sta vivendo, con l’auspicio che la Pasqua possa contribuire a “restaurare”, attraverso la fede in Cristo, non solo le mura ma anche le anime ferite.

Quest’anno ho preparato un’omelia alquanto impegnativa per il Mercoledì delle Ceneri. Ci sono tre protagonisti: papa Francesco, il padre generale dei passionisti Joachim Rego, il nostro vescovo Nazzareno. Un argentino, un australiano e un italiano, ma non è una barzelletta. Tre sono le parole chiave: speranza, conversione, ricostruzione. Procediamo fiduciosi.

Papa Francesco, nell’Udienza generale del 1° marzo, ha parlato della Quaresima come cammino di speranza. La ragione di questa speranza è da individuarsi nel suo orientamento alla Pasqua: «La Quaresima – ha detto il Santo Padre – è un cammino verso Gesù Risorto, è un periodo di penitenza, anche di mortificazione, ma non fine a sé stesso, bensì finalizzato a farci risorgere con Cristo». In lui e attraverso di lui possiamo «rinnovare la nostra identità battesimale» e ancora «rinascere nuovamente “dall’alto”, dall’amore di Dio (cfr Gv 3,3)».

Nella Quaresima troviamo la speranza perché «possiamo immaginare il Signore Risorto che ci chiama ad uscire dalle nostre tenebre, e noi ci mettiamo in cammino verso di Lui, che è la Luce». Papa Francesco ha ripreso l’episodio dell’esodo di Israele dall’Egitto. Il popolo, nella schiavitù, non è dimenticato dal Signore. Egli chiama Mosè affinché siano liberati. Così il loro cammino di 40 anni nel deserto, per raggiungere la Terra promessa, diviene immagine del cammino di fede quale passaggio dalla schiavitù alla libertà. Perciò conclude: «questi 40 giorni sono anche per tutti noi un’uscita dalla schiavitù, dal peccato, alla libertà, all’incontro con il Cristo Risorto».

Gesù ci ha aperto la strada alla vita eterna, ma se lui ha fatto tutto questo, attraverso la sua croce, noi, dice il Papa, non possiamo immaginare che «andiamo in paradiso in carrozza». Gesù ci ha salvato, ma noi dobbiamo fare la nostra parte. «Cristo ci precede con il suo esodo, e noi attraversiamo il deserto grazie a Lui e dietro di Lui. Lui è tentato per noi, e ha vinto il Tentatore per noi, ma anche noi dobbiamo con Lui affrontare le tentazioni e superarle».

In questo andare perciò la speranza ci guida, ma Francesco dice anche che in un certo senso «l’esodo quaresimale è il cammino in cui la speranza stessa si forma». Come motivata dalla fatica, dalle prove, dalle tentazioni, la speranza si forgia. Sperando diventiamo più capaci di speranza. Ora. Quale esodo di speranza possiamo compiere per questa Quaresima 2017? Credo dobbiamo tentare un esodo per noi personalmente e uno insieme come comunità.

Il padre generale dei passionisti Joachim Rego, nel suo messaggio per la Quaresima, ci invita ad un «pellegrinaggio interiore verso Dio, la fonte della misericordia». Nessun rinnovamento può avvenire, dice il padre, se non attraverso un rinnovamento personale. Le cose nuove giungono da un «rinnovamento dei cuori». Ecco dunque un primo passo: «per la salute e l’autenticità della nostra vocazione, sottoporsi regolarmente a un “controllo” (check-up), con atteggiamento contemplativo e, con la grazia di Dio, compiere i necessari cambi di direzione». Ciò è necessario.

Il primo nemico da abbattere non è esterno a noi, ma in noi stessi, nelle nostre resistenze, nel nostro giustificarci, nel nostro rifiutare ogni parola protesa al cambiamento. Ecco perché la Quaresima richiede conversione. E il padre Joachim giustamente afferma: «La conversione o il pentimento (metanoia) avviene quando io consegno tutto il mio essere a Cristo in un atto di fiducia, senza sapere chiaramente dove ciò mi condurrà, ma disposto a intraprendere il viaggio con la fede. La conversione (metanoia) è un processo, un cambiamento o un movimento da qualche luogo o qualcosa a qualche altro luogo o qualcos’altro». Questa è la forma dell’Esodo.

La conversione deve provocare dolore, deve sentirsi, altrimenti non è conversione. Il padre generale, citando Evelyn Underhill, ricorda: «La conversione è un fare a pezzi violentemente il proprio io e poi risistemarlo». Ugualmente con Emilie Griffin: «Arrendersi, consegnarsi, è il vero punto di svolta della conversione. È il momento in cui capiamo che apparteniamo al Signore. La nostra lealtà è offerta, è donata; non possiamo più tornare indietro».

Il tendone che funge da chiesa provvisoria nella parrocchia del rione Le Grazie

Il Signore ci fa comprendere in tanti modi quali sono gli aspetti della nostra vita che hanno bisogno di essere liberati dalla schiavitù del peccato. Non solo. Il Signore ci offre anche i mezzi per ottenere questa liberazione, questa conquista di una nuova Terra promessa. Mette a nostra disposizione la Parola e la grazia dei sacramenti, nello Spirito Santo. Noi però dobbiamo fare la fatica di compiere il cammino.

Non possiamo immaginare che «andiamo in paradiso in carrozza». Una volta che ci siamo arresi, che ci siamo consegnati, che abbiamo fatto a pezzi il nostro io, anche se questo avviene un passetto alla volta, ecco che sperimentiamo la grazia di un rinnovamento interiore che è un continuo miracolo. Il Signore ci conceda questo primo frutto dalla Quaresima. La seconda speranza che possiamo perseguire è quella che ci vede in cammino insieme come comunità, come parrocchia, come Chiesa.

Il vescovo Nazzareno nel suo testo «Verso la Pasqua 2017» ricorda che la Quaresima e la Pasqua di quest’anno sono segnate dai disagi che il terremoto ha prodotto per tutti. Invita però ad una lettura di fede e di speranza che faccia del dispiacere un motivo di nuovo significato. «Sforziamoci, con l’aiuto di Dio, di non subire solo questa sofferenza, ma di offrirla nella fede, perché diventi una occasione di maturazione umana e cristiana». Occasione di maturazione umana e cristiana…

Il nostro Pastore sottolinea inoltre che nei momenti difficili si fanno più forti i valori importanti: la famiglia, gli affetti, i bambini, la solidarietà. Tra questi valori mette anche la Chiesa. «Solo ora che sono chiuse e pericolanti molti scoprono che quelle “case di Dio in mezzo alle case degli uomini” che sono le nostre parrocchie, sono luoghi da cui si irradia la fede, la speranza e la carità, di cui non possiamo fare a meno».

Don Nazzareno ricorda le tante chiese della diocesi che sono chiuse, compresa la cattedrale. E noi non possiamo non pensare alla nostra parrocchia. Egli osserva che ci attende un tempo di ricostruzione delle case, delle chiese, delle scuole, ma anche dei cuori.

La Quaresima si presenta perciò come una occasione di “vita nuova”, vita cristiana viva ed operante: «Davanti a questa sfida la nostra Chiesa diocesana trema, ma non crolla perché il terremoto ci sta insegnando che: “Amare è ricostruire!”». Ecco dunque che possiamo aggiungere una particolare intenzione al digiuno di quest’anno: “ricostruire”. Le rinunce che faremo possono avere questo duplice significato: liberarci personalmente dai condizionamenti che ci rendono schiavi; ricostruire il bene prezioso perso a causa del terremoto. C’è chi sceglie di fare a meno del caffè, chi dei dolci, chi di molto altro, poi destina il ricavato in elemosina per le opere buone.

Una Quaresima molto concreta, in cui la conversione personale, fatta di nuovo ascolto della Parola e di nuova preghiera, si unisce al cammino della comunità umana e cristiana con opere reali al servizio di tutti. Speranza, conversione, ricostruzione: le tre parola della nostra Quaresima. Ci aiuti il Signore a portarla a compimento.

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