Stiamo passando velocemente dall’era della televisione e della stampa a quella del web. La vendita dei giornali è letteralmente dimezzata. Gli interventi su Facebook conoscono un’attività molto intensa dalle ore 21 alle 24, spazio normalmente occupato dalla visione dei programmi televisivi.

Il Web è certamente una grande novità che contiene indubbiamente molti aspetti positivi ed altrettanti, se non in numero maggiore, negativi. Con un semplice clic si può trovare tutto, ma anche tante cose un tempo definite semplicemente carta straccia, oggi da troppi prese come oro colato.

Il Web è anche il luogo virtuale dove ci si confronta o almeno si penserebbe di volersi confrontare. Sempre più spesso però troviamo risposte al confronto che, oltre che essere scritte da mani analfabete, diventano motivo di offesa verso chi manifesta idee diverse, quando non sono poi manifestazioni di pura trivialità, particolarmente forti nei confronti delle donne. Tali interlocutori sono per lo più giovani appartenenti alla penultima generazione. Si nota una fortissima carenza di cultura che lentamente abitua, col fatto che lo dicono tutti o lo fanno tutti, a scegliere in ogni occasione quelle scorciatoie, che, in una società sana, dovrebbero non esistere o quantomeno essere relegate nei recessi più nascosti.

Recentemente del resto un ministro ci insegnava che con la cultura non si mangia, un altro ha ridotto il numero delle ore di insegnamento nelle scuole abolendo ad esempio lo studio di Educazione Civica o Storia dell’Arte nei licei classici. I grandi fruitori del web sono poi i figli di questi comportamenti i cui effetti dureranno ancora per molto tempo.
Questi giovani dunque, più che attratti dalla cultura allontanata da questi atteggiamenti, sono stati affascinati dall’illusoria idea di aver raggiunto la libertà, ignorando però che la libertà di ognuno di noi finisce là dove comincia la libertà dell’altro.

Mi è capitato, nei momenti dedicati alla lettura, di imbattermi in due scritti da cui traggo due brevi frasi che mi sembrano molto significative.
«Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare e nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza». (A. Gramsci, Quaderni del carcere)

«La cultura è il nostro passaporto per il futuro, il domani appartiene alle persone che si preparano». (Malcolm X)

Gli autori sono due personaggi vissuti in epoche diverse e in Paesi diversi, che hanno pagato con la vita l’affermazione delle loro idee. Il primo è morto in carcere per malattia contrattavi, l’altro assassinato con violenza inaudita. Il loro messaggio era rivolto a tutti, ma soprattutto ai giovani perché entrambi guardavano non a sé stessi, ma al futuro delle nuove generazioni che avrebbero ereditato il governo di intere popolazioni.

Personalmente sono sempre più convinto che il meglio finisca sempre per accadere e l’avvenire è meglio di qualunque passato, perciò invito tutti, ma soprattutto i giovani a riflettere sul messaggio di questi giovani se vogliono che in Italia, tanto ricca di potenzialità latenti, si avvii un nuovo Rinascimento umano, culturale e politico.

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