È ormai trascorso un anno dalla notte del 24 agosto 2016 che ha aperto un capitolo fuori dall’ordinario nella storia di migliaia di abitanti del Centro Italia. Nell’arco di cinque mesi, da allora, si sono verificati quattro eventi sismici maggiori, oltre a un’ondata di gelo e neve eccezionali nei territori montani già colpiti, che hanno causato vittime e feriti, perdita di abitazioni, relazioni, beni, lavoro e punti di riferimento. Di quel periodo tornano alla memoria la determinazione delle persone a non lasciarsi sopraffare dall’enormità degli eventi e, allo stesso tempo, il sentire di essere messi a dura prova ogni volta che il darsi da fare si dimostrava insufficiente a fronte dei fenomeni naturali.

Il passare delle settimane, poi dei mesi, ha scandito con lentezza i cambiamenti delle decine di migliaia di sfollati: gli spostamenti in alberghi e camping, la difficile scelta di ricominciare altrove, il cercare un appiglio nella mancanza di seppur precarie prospettive o semplicemente di informazioni, il provare a riconoscersi ancora capaci di fare qualcosa. Il rischio più grande era, e resta, perdere il senso del presente per avere perso il desiderio del futuro e la capacità di costruirne uno nuovo a partire da una realtà ineluttabilmente cambiata.

È in questo scenario che nei 12 mesi passati e in quelli a venire si incarna l’opera della Chiesa che, a cominciare dalle diocesi più direttamente colpite, ha cercato sin dalle prime ore di portare aiuti concreti, ma che ha anche tenacemente lavorato per stare insieme e accompagnare quanti soffrono nelle difficili tappe dello sfollamento e del cambiamento.

Le azioni messe in campo da Caritas e da altre realtà ecclesiali si sono differenziate a seconda delle fasi dell’emergenza: la presenza, l’ascolto e l’orientamento, la mappatura dei territori, l’accompagnamento alle persone sfollate sulla costa, il contatto nella diaspora, l’aiuto a individuare i propri bisogni, la nascita di progetti familiari o di comunità, la generazione di linee future. Tutto questo, ben poco rispetto alla complessità del contesto, è stato possibile grazie al lavoro di persone comuni appartenenti alle comunità colpite, alle diocesi limitrofe, a volontari e operatori delle realtà in gemellaggio: Caritas Calabria, Caritas Emilia-Romagna, Caritas Liguria, Caritas Piemonte-Valle d’Aosta.

Questo anno, interminabile per quanti sono stati colpiti, è in realtà uno spazio breve in cui si è realizzato solo un avvio dei molti processi necessari a una vera ripartenza. Per la Chiesa vuol dire mettere ancora più energie nell’incarnare l’esempio di Dio che assume la condizione dell’uomo e gli cammina accanto infondendo fiducia e forza. L’impegno delle Caritas delle Marche continua, pertanto, a essere al fianco delle piccole comunità e delle famiglie, in collaborazione fattiva con quanti intendono sostenere il cammino di questo popolo.

Per maggiori informazioni e per reperire i materiali, è possibile contattare l’ufficio della Caritas diocesana di Macerata al numero 0733 232795 o visitare il sito www.caritas.diocesimacerata.it.

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