Vi ricordate di noi? Siamo i ragazzi del Servizio Civile in Caritas facenti parte del progetto di educazione e promozione culturale dedicato ai giovani dal titolo “Il mondo che vorrei”. Sono passati all’incirca undici mesi dall’inizio del nostro progetto per cui, essendo la durata del servizio pari a un anno, siamo quasi giunti al termine di questa bellissima esperienza.

Che dire, in un anno di tempo molte cose sono cambiate dentro e fuori di noi. Quando abbiamo iniziato, nel mese di ottobre, eravamo carichi e pieni di aspettative, ma l’evento sismico del terremoto, in un primo momento, sembrava che dovesse stravolgere i nostri piani e quelli dell’ente per cui avevamo deciso di prestare servizio. Come ben sapete, la Caritas diocesana si cura di analizzare i bisogni e le risorse del territorio di competenza, in relazione alle fasce più povere della società, e di fornire una risposta adeguata alle emergenze che, solitamente, colpiscono gli “ultimi”. In questo senso, sin dall’inizi del nostro percorso, abbiamo potuto sperimentare quel senso di precarietà che ha colpito tutta la comunità della nostra diocesi e non solo.

Il nostro progetto, però, è legato alla realtà giovanile delle scuole e degli oratori parrocchiali. Perciò, dopo una fase di rodaggio e conoscenza, ci siamo immedesimati sempre più nel ruolo di “animatori” in un momento in cui il bisogno di risollevarsi e ripartire da parte della collettività era molto forte, specialmente dal punto di vista dei più piccoli. Negli istituti scolastici abbiamo quindi avuto l’opportunità di approfondire insieme ai ragazzi e ai bambini tematiche attuali e di grandi importanza come il diritto al cibo, la pace e la mondialità. In questo modo, l’esperienza del Servizio Civile ha permesso a noi di metterci in gioco con un contesto, quello giovanile, che offre sempre l’opportunità di riscoprire il lato di noi stessi più umano, più semplice e allo stesso tempo più bello. A nostro avviso, è proprio tornando a vivere questi valori che possono essere superati momenti traumatici e difficili come quello della rinascita post-terremoto, sia a livello personale che sociale.

L’esperienza nelle parrocchie, invece, si è rivelata molto diversa. L’ambiente di un oratorio, infatti, permette alle persone che lo frequentano di condividere il tempo dello studio, del gioco e della preghiera in un’ottica di relazionalità molto importante, basata su valori comuni. Non tutti gli oratori sono uguali. Essi, infatti, rispecchiano la realtà della comunità di appartenenza in tutte le sue facce e presentano perciò problematiche differenti.

In ogni caso, è valso lo stesso principio: c’è più felicità nel dare che nel ricevere. Da ogni giovane che abbiamo conosciuto, infatti, abbiamo ricevuto molto di più di quello che abbiamo donato.

Proprio per questo, riteniamo che le esperienze vissute insieme ai ragazzi, in particolare quelle estive, ci abbiano restituito un patrimonio inestimabile di arricchimento in termini di valori umani, affettivi e spirituali che non ha prezzo né corrispettivo economico adeguato.

Non tutto, però, è filato liscio ed è stato sempre rose e fiori. Non sono mancati, infatti, momenti di difficoltà, incertezza e incomprensione da parte di ciascuno di noi, per non dire di conflitto. Nonostante tutto, comunque, grazie alla coesione del gruppo di servizio e all’aiuto dei responsabili di sede siamo riusciti a trasformare questi momenti di crisi in occasioni di crescita e di relazione più profonda. Questa è di sicuro una di quelle cose che ci porteremo dietro al termine di questo servizio come un bagaglio di ricordi da conservare dentro di noi.

In questo senso, cogliamo l’opportunità per ringraziare tutti coloro che ci hanno assistito e che ci hanno regalato la possibilità di vivere l’avventura del servizio civile, unica nel suo genere ed irripetibile in tutti i sensi: in particolare, la referente diocesana al Servizio Civile Giulia Marzioni, che ci è stata sempre vicina, e il nostro OLP Elisa Merlini, grande scopritore di talenti; tutti i responsabili dell’ufficio di Caritas Diocesana di Macerata, in special modo il Direttore, che ci hanno generosamente ospitato, accolto e, in alcuni casi, anche sopportato nei nostri schiamazzi e idiosincrasie; tutti i parroci della comunità ecclesiale diocesana che hanno collaborato con noi alla buona riuscita del progetto; gli insegnanti degli istituti scolastici che hanno aderito al nostro programma di sensibilizzazione delle scolaresche.

Siamo al momento dei saluti. Le prospettive future per ciascuno di noi non sono ben definite né troppo chiare, ma di una cosa siamo sicuri: non siamo più gli stessi di quelli che eravamo un anno fa quando siamo partiti, naturalmente in senso positivo.
Arrivederci…è stato bello finché è durato.

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