Il mio Godard, dal 31 ottobre nelle sale italiane, prende spunto dai due libri di Anne Wiazemsky. Il primo “Une annĂ©e studieuse” che racconta la breve storia d’amore iniziata sul set fra lei, giovanissima attrice e Jean-Luc Godard, il matrimonio nel ’67 e l’insuccesso di pubblico e critica per il film “La Cinese”. Il secondo libro “Un an apres” che invece vede il regista di “Fino all’ultimo respiro” sposare la rivoluzione, le lotte studentesche, le idee Maoiste, vivere il maggio francese fino alla creazione del gruppo Dziga Vertov e la fine del matrimonio con Anne, interpretata qui dalla perfetta Stacy Martin.

“E’ un film su Godard, un film sul suo cinema ma soprattutto sulla sua forma”, afferma il regista Michel Hazanavicius, premio oscar per The Artist, “di solito quando si fanno film d’epoca si cerca di ricostruire i luoghi e le situazioni di quel momento ma non si ricrea il modo di girare di quell’epoca, quello che invece volevo fare era proprio questo e ottenere un’immagine molto più coerente che instaura un bel gioco con lo spettatore”.

Il cinefilo si divertirà a cogliere i riferimenti più belli alle opere del maestro che attraversano tutto il film: la struttura in capitoli, le scritte a tutto schermo e le carrellate sul corpo di Stacy Martin come ne “Il disprezzo”, la citazioni di Dreyer in “Questa è la mia vita” e i sottotitoli che spiegano il non detto.

Michele Hazanavicius ha ripreso in tutto e per tutto il modo Godardiano di filmare e con tono ironico da commedia ha messo in risalto la sua dimensione umana. C’è il Jean-Luc che legge le recensioni ai suoi film e che chiacchiera con gli amici al ristorante cinese ma anche la crisi del Godard artista che rinnega se stesso dicendo “con i sentimenti non si fa la rivoluzione”.

Il titolo originale Le Redoutable, che vuol dire “temibile”, termine sfumato con accezione al tempo stesso positiva e negativa viene anche dal motivetto ironico ripetuto più volte durante il film, “Così scorre la vita a bordo del Redoutable”, il sottomarino nucleare francese.

Per una volta la traduzione in italiano del titolo non toglie nulla al film, anzi lo caratterizza. Quel “mio” fa capire allo spettatore che non si trova di fronte un biopic qualsiasi ma è il Godard raccontato da Anne, dal regista Hazanavicius e dal maldestro Louis Garrel che ne veste i panni magnificamente aggiungendo, nella versione originale in francese, il farfugliare e la buffa zeppola di Godard.

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