Quando si parla di politica è sempre difficile essere oggettivi, pensare più con la testa che con la pancia. Nei miei studi mi è stato insegnato che i numeri possono aiutare, perché ci mettono a confronto con la realtà, più che le parole e le promesse. Spulciando alcuni articoli interessanti sia nazionali che esteri, ho raccolto dei dati, che credo possano aiutare a pensare su quali siano i problemi veri e concreti a cui la politica dovrebbe dare attenzione. La cosa che però mi ha colpito è che di questi temi quasi nessuno ha parlato nei programmi elettorali, se non chi fa promesse generali “su tutto” senza dire come le manterrà, ma così è troppo facile.

Ci sono problemi veri e concreti quasi assenti dai programmi elettorali

Partiamo dal lavoro più proprio dei politici: fare le leggi. Questo lavoro dovrebbe andare avanti con il principio del buon senso: bisogna fare le leggi utili e cancellare quelle inutili. Ora in Italia, dopo un recente studio finalmente molto accurato fatto dal Poligrafico dello Stato, sappiamo che le leggi in vigore sono un po’ più di 110.000. Questo è il frutto di uno “sport nazionale” protrattosi dagli inizi dello Stato Italiano: aggiungere leggi senza abolire quelle precedenti diventate inutili o peggio contraddittorie. Così si crea quella giungla in cui i bravi avvocati trovano sempre una scappatoia, per chi ha soldi per pagarli. Già Publio Cornelio Tacito (54-120 d.C.), storico romano, scriveva che: «Corruptissima republica plurimae leges», cioè più sono le leggi in una Repubblica, più questa è corrotta. Ridurre e semplificare non è facile, ma provarci sarebbe almeno auspicabile.
Passiamo a un confronto.

In Italia tantissime leggi, ma poca certezza della loro applicazione

Non è facile governare, lo so bene, ma si può sempre cercare di imparare da chi lo fa meglio di noi. Ci sono alcuni indicatori di buon funzionamento di uno Stato, che possono aiutare a guardare il lavoro degli altri, per imparare da chi e come si dovrebbe fare. Se restiamo nell’ambito del sistema delle leggi e della loro applicazione certa e puntuale, gli studi internazionali sul settore, ci dicono che sebbene l’Italia sia nel G7 cioè tra i primi 7 Paesi nel mondo, in questa classifica è al 31° posto. Sarebbe come dire che se una impresa vuol essere certa delle regole del gioco trova ben 30 Paesi più affidabili dell’Italia.

Il futuro dipende dai giovani e dalla loro formazione, ma le nostre Università non spiccano nelle classifiche internazionali

Il futuro è legato molto alla qualità della preparazione dei giovani. La cultura si fa soprattutto nelle università e la loro qualità è perciò strategica. Ora nella classifica stilata dalla Banca Mondiale valutando gli Atenei su qualità dei servizi e degli insegnamenti agli studenti, la prima università statale italiana, la Sapienza di Roma, è solo all’84° posto. Varie sono fuori classifica.

Creare imprese resta più difficile che nel resto d’Europa. La povertà colpisce più che in Paesi meno ricchi del nostro

Il tema del lavoro-che-non-c’è è certo complesso. Soluzioni facili non ci sono. Però non può non preoccupare l’indicatore statistico sulla possibilità e facilità di aprire un’impresa, che colloca l’Italia solo al 46°, mentre Germania, Francia, Inghilterra sono ai primi posti, la Spagna è al 26° e anche la Romania sta meglio di noi.

Un tema che come persona e come credente mi interessa molto è quello della povertà. La Caritas e altri enti hanno fatto studi seri sull’argomento. Su 27 Paesi europei, siamo addirittura al 22° posto per quanto riguarda il rischio di esclusione sociale e di caduta in povertà, superati da Paesi come Polonia, Portogallo, Spagna e Ungheria.

Soffriamo dello strapotere della burocrazia giudiziaria e amministrativa

Infine in un editoriale di Angelo Panebianco sul “Corriere della sera” del 6 febbraio, ho trovato una bella sintesi di un nodo cruciale: la politica italiana non governa efficacemente il nostro Paese perché è ostaggio dello strapotere della burocrazia giudiziaria e amministrativa. Su questo non ho numeri da fonti al di sopra delle parti, ho però un’esperienza di prima mano: quando le prime leggi sul terremoto ci hanno dato l’illusione che si poteva cominciare a fare qualcosa di concreto, ci siamo scontrati con la burocrazia amministrativa che non voleva cambiare una virgola dal solito modo di procedere. Così le norme che pure il Governo aveva tempestivamente emanato per velocizzare e rendere possibile la messa in sicurezza degli edifici e la riparazione dei danni lievi, sono diventate carta straccia. Quando poi si è tentato di dire che avevamo il sostegno convinto dei politici per procedere celermente, lo spauracchio di inchieste e indagini giudiziarie ha paralizzato di nuovo la macchina. Così la gente, a un anno e mezzo dal terremoto, non ha casa, né scuole, né chiese. In Diocesi le cose concrete che abbiamo già fatto – e ben fatto a detta di tutti –, le abbiamo realizzate con l’aiuto della Caritas e del Governo… ma di quello ungherese!

Ci rendiamo tutti conto che i difetti e i problemi denunciati hanno radici remote e non di rado rispecchiano anche comportamenti deplorevoli diffusi a livello sociale. C’è una china da risalire e per riuscirci bisogna convincerci che le bacchette magiche esistono solo nelle favole, e che quindi ai politici, oltre l’onestà, va richiesta intelligenza, competenza, dedizione al bene comune. Come sottolinea la Costituzione (art. 54): «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore»: è bene ricordarlo in giornate in cui il confronto politico tra i candidati al Parlamento sembra spesso scadere a livelli infimi, senza trovare quasi riferimento all’urgenza di affrontare e risolvere le cose difficili e concrete cui ho accennato sopra.

Le promesse elettorali in passato sono state rispettate meno che nel resto d’Europa

A proposito. È stato fatto uno studio europeo anche sulla percentuale di promesse elettorali mantenute, una volta che una forza politica ha vinto le elezioni. È un studio sugli ultimi 20 anni, che riguarda perciò forze politiche di tutti i colori. In sistemi politici stabili è più facile mantenere le promesse, per cui che l’Italia fosse piazzata male c’era da aspettarselo, ma i dati sono questi: la Gran Bretagna è al 90% di promesse elettorali mantenute, la Svezia all’80%, il Portogallo al 78%, la Spagna al 72%. La Germania, dove ci sono governi di coalizione, è al 62%. Paesi più instabili, con la presenza di partiti populisti, come l’Olanda e l’Austria, sono al 57% e al 50%. L’Italia, che è “il paese di Pinocchio”, è al 45%.
Non c’è da sperare troppo. Un dato statistico confortante però viene dal calcio. La Nazionale ha sempre conseguito i migliori risultati quando tutti i pronostici ci erano avversi. Da questo è nata la leggenda che l’Italia dà il meglio di sé quando è al tappeto. Speriamo che questo unico dato si confermi.

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