PER ASCOLTARE E MEDITARE
Sabato santo: giorno della sepoltura di Dio. Non è questo in maniera impressionante il nostro giorno? Non comincia il nostro secolo ad essere un grande sabato santo, giorno dell’assenza di Dio, nel quale anche i discepoli hanno un vuoto aleggiante nel cuore che si allarga sempre di più, e per questo motivo si preparano, pieni di vergogna e di angoscia, al ritorno a casa e si avviano cupi e distrutti nella loro disperazione verso Emmaus, non accorgendosi affatto che colui che era creduto morto è in mezzo a loro?
«Discese agli inferi», questa confessione del Sabato santo, sta a significare che Cristo ha oltrepassato la porta della solitudine, che è disceso nel fondo irraggiungibile e insuperabile della nostra condizione di solitudine. Questo sta a significare però che anche nella notte estrema, nella quale non penetra alcuna parola, nella quale noi tutti siamo come bambini cacciati via, piangenti, si dà una voce che ci chiama, una mano che ci prende e ci conduce, la solitudine insuperabile dell’uomo è stata superata dal momento che Egli si è trovato in essa. L’inferno è stato vinto dal momento in cui l’amore è anche entrato nella regione della morte e la “terra di nessuno” della solitudine è stata abitata da lui.
(Card. J. Ratzinger – Papa Benedetto XVI)

La terra è sfinita. Tutto dorme e attende. Anche il corpo di Gesù riposa. Come per Lazzaro, la morte di Gesù non è che un sonno. Mentre l’anima è scesa, per portarvi la vittoria, fino al profondo degli inferi, il suo corpo dorme pacificamente nella tomba, in attesa delle meraviglie di Dio.
Poiché questo Grande Sabato non è come gli altri. Qualcosa è radicalmente cambiato. La cortina del Tempio si è lacerata da poco, brutalmente, scoprendo il Santo dei Santi. Il Tempio non è più al suo posto. Il Sabato non è più nel Sabato. La Pasqua nella Pasqua. Tutto è altrove. Tutto è qui accanto, accanto al corpo che dorme nella tomba. Tutto è attesa, tutto deve ora avvenire.
La Chiesa, sposa di Gesù, non si disorienta. Essa persiste presso la tomba che serra il corpo amato. L’amore non si affievolisce, non si dispera; l’amore può tutto e spera tutto. Sa di essere più forte della morte.
Che cosa non ha fatto in quell’ora di tenebre l’amore di alcuni, tra cui la Vergine Maria, perché Gesù fosse strappato alla morte? Dio solo lo sa. Ha qualcuno presentito la densità di vita di cui questo cadavere e questa tomba sono colmi, come un giardino in primavera, dove anche di notte è tutto un fruscio di vita e di linfa che scorre? Noi non lo sappiamo. Sappiamo solo che Giuseppe d’Arimatea fece rotolare una grande pietra all’entrata della tomba prima di andarsene, mentre Maria Maddalena e l’altra Maria erano là, ferme di fronte alla tomba. Esse non sanno sicuramente ancora niente. Ma perseverano nell’amore. Il vuoto che improvvisamente si è creato davanti a loro è così grande che solo Dio potrebbe colmarlo. Con loro, tutta la Chiesa attende nell’amore. (Abate Andrè Louf)

PREGHIERA
Padre nostro che sei nei cieli e tieni lo sguardo su di noi, piccole creature della terra, ravviva la nostra fede e la nostra speranza davanti al mistero della morte. Anche tu, insieme al tuo Figlio, hai voluto sperimentare il gelido silenzio del sepolcro. Anche tu, che sei l’eterno Vivente, hai voluto – per amore e compassione – diventare come un seme gettato nella terra. Per la tua sconvolgente umiltà ed empatia, donaci la grazia di saper accettare con animo forte e sereno la legge naturale della morte quale passaggio alla vita risorta.

UNA STORIA PER RIFLETTERE
Un uomo, che cercava la saggezza, decise di salire su una montagna, dove ogni due anni appariva Dio. Il primo anno, si nutrì di tutto ciò che la terra gli offriva. Poi, non ci fu più niente da mangiare, e dovette ritornare in città. «Dio è ingiusto!», esclamò. «Non si è accorto che sono rimasto qui tutto questo tempo, per sentire la sua voce. Ma adesso ho fame, e me ne vado senza averlo sentito!». In quel momento, apparve un Angelo. «A Dio piacerebbe moltissimo parlare con te. Per tutto l’anno ti ha nutrito. Sperava che tu provvedessi alle tue necessità nell’anno seguente. Ma, in tutto questo tempo, che cosa hai piantato? Se un uomo non è capace di far crescere frutti là dove vive, non è pronto a parlare con Dio!».

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