Vi proponiamo un’approfondita analisi della costituzione Apostolica “Episcopalis communio” promulgata ieri da Papa Bergoglio.

Comunione episcopale.

La riforma è dettata con una costituzione Apostolica, la «Episcopalis communio» di Papa Francesco sul Sinodo dei Vescovi; e riceverà a breve istruzione applicativa e regolamento: arriveranno prima del Sinodo dei Giovani, che parte il 3 ottobre. Quando li leggeremo avremo maggiore presa sulle novità che sono state introdotte

Da evento a processo.

Una prima novità è l’incorporazione della fase preparatoria e di quella attuativa nel cammino sinodale. E’ quanto già avvenuto con le due Assemblee consecutive sulla famiglia, che si sono tenute nel 2014 e 2015, tra loro collegate, precedute da una consultazione del Popolo di Dio e da un Concistoro straordinario e seguite dall’Esortazione Post-Sinodale Amoris Laetitia nel 2016. Ovvero: diventa legge quello che era stato sperimentato.

Convocazioni presinodali.

La fase preparatoria è più articolata rispetto alla normativa precedente e oltre a vari momenti di consultazione del Popolo di Dio prevede anche la possibilità di riunioni presinodali locali, regionali e globali (art. 8). “Coordinata dalla Segreteria Generale del Sinodo, la fase preparatoria ha come scopo la consultazione del Popolo di Dio sul tema dell’Assemblea del Sinodo” (art. 5).

Novità sui membri.

La norma generale è quella già presente nel Codice canonico al canone 346: e cioè i membri del Sinodo sono vescovi e chierici eletti o nominati dal Papa. Ma ora è previsto che “secondo il tema e le circostanze, possono essere chiamati all’Assemblea del Sinodo anche alcuni altri, che non siano insigniti del munus episcopale, il ruolo dei quali viene determinato di volta in volta dal Romano Pontefice” (articolo 2). Ecco una novità aprente. Nulla viene detto sui laici e le donne, ma si afferma che “altri” possono essere “chiamati”. Mi aspetto che “altri”, cioè non vescovi e non chierici, vengano chiamati già per il Sinodo dei giovani.

In più periodi.

Viene introdotta la possibilità che le Assemblee del Sinodo, a giudizio del Romano Pontefice, possano essere celebrate in più periodi tra loro distinti. Come fu per il Vaticano II. E come in sostanza è avvenuto con le due assemblee concatenate del 2014 e del 2015 sulla famiglia. Si conferma l’introduzione – voluta da Benedetto XVI e mantenuta da Francesco – di alcuni tempi di dibattito libero tra i Padri, evitando che la riflessione avvenga esclusivamente per mezzo di interventi preparati in anticipo.

Autorità magisteriale.

L’art. 18 contiene novità riguardanti il Documento finale. Dopo che esso sarà stato approvato dall’Assemblea e offerto al Papa, questi potrà decidere se approvarlo (nel caso ordinario di un’Assemblea di natura consultativa) o ratificarlo e promulgarlo (nel caso straordinario di un’Assemblea di natura deliberativa). In entrambi i casi, il documento finale parteciperà del “magistero ordinario del Successore di Pietro”, acquistando dunque una specifica autorità magisteriale. È significativo il fatto che, in caso di Sinodo con potestà deliberativa, il documento ratificato dal Papa verrà pubblicato con la firma di tutti i Padri sinodali, altra analogia con il Concilio ecumenico. – Forse in futuro diminuiranno le esortazioni papali post sinodali e diverrà abituale la pubblicazione di documenti finali sottoscritti sinodalmente, cioè conciliarmente, dal Papa e dai partecipanti all’assemblea sinodale.

Sinodo deliberativo.

Il Sinodo deliberativo era una possibilità già prevista dal documento fondativo di Paolo VI, ma è la prima volta che qualcosa viene normato pensando a esso. Immagino sia da prevedere la convocazione di un Sinodo deliberativo, poniamo sull’ordinazione di “viri probati”, ormai indispensabile per assicurare la celebrazione dell’Eucarestia a tutte le comunità ecclesiali presenti sul globo.

Dinamismo e missione.

Nell’intervista alle riviste dei Gesuiti, Francesco aveva affermato che «forse è il tempo di mutare la metodologia del Sinodo, perché quella attuale mi sembra statica». Nel documento pubblicato oggi il dinamismo cercato dal Papa gesuita è così ventilato fin dal primo paragrafo: Oggi, in un momento storico in cui la Chiesa si introduce in una nuova tappa evangelizzatrice, che le chiede di costituirsi in tutte le regioni della terra in uno stato permanente di missione, il Sinodo dei Vescovi è chiamato, come ogni altra istituzione ecclesiastica, a diventare sempre più un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. Soprattutto, come auspicava già il Concilio, è necessario che il Sinodo, nella consapevolezza che il compito di annunciare dappertutto nel mondo il Vangelo riguarda primariamente il Corpo episcopale, si impegni a promuovere con particolare sollecitudine l’attività missionaria, che è il dovere più alto e più sacro della Chiesa.

Leggete Gilfredo Marengo.

La prima interpretazione forte della riforma l’ho appena letta in Vaticaninsider ed è firmata dal teologo Gilfredo Marengo, buona testa e caro amico: “Non è esagerato affermare che la Costituzione apostolica Episcopalis communio rappresenta uno degli interventi normativi più importanti di Papa Francesco: dal punto di vista istituzionale il suo impatto sulla vita della Chiesa sarà probabilmente uno degli esiti più duraturi nel tempo di questo pontificato”.

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