Aldo faceva parte di un gruppo di giovani che, negli anni ’70, credeva all’impegno concreto e, grazie alla parrocchia e al parroco che li seguiva, approfondiva il Vangelo e, nel suo piccolo, cercava di camminare.
Questi giovani oltre a assistere malati e persone bisognose armarono un semplice giornale che veniva ciclostilato e poi distribuito a mano di casa in casa. In quelle pagine ciascuno scriveva. Ne rimangono le copie, fra cui anche alcuni articoli di Aldo.
Un cammino, il loro, interrotto dalle diverse strade che ognuno intraprese nella vita. Alcuni per motivi di lavoro cambiarono città, altri cercarono di seguire la propria vocazione partendo per la missione. Il gruppo rimase per tutti un ricordo memorabile e, nonostante passasse il tempo, quando vi era l’occasione continuavano a vedersi, specialmente nella casa di Aldo che nel frattempo si era sposato con Maria Assunta da cui ebbe due figli.
Il tempo trascorse e quei giovani, “impegnati”, come li definirono alcuni che non riuscivano a capire che cosa avessero di diverso dai gruppi già costituiti, come ad esempio di scout, divennero adulti maturi. Ognuno assunse le sue responsabilità da portare avanti nella famiglia, nella scuola, nel sacerdozio, nella missione.
Quando qualcuno di loro ritornava da lontano, l’appuntamento a casa di Aldo era un rito che non si poteva tralasciare: una cena semplice e tante chiacchierate con cui ci si aggiornava sull’andamento della propria vita e, per un giorno, sembrava di ritornare a quel tempo quando, nelle salette da loro allestite, ci si intratteneva fino a tarda sera, senza preoccupazione. In verità erano tempi diversi e nel paese, così piccolo, tutti si conoscevano e non vi era timore alcuno, perché tutto scorreva tranquillo all’ombra di quei lampioni che emettevano una luce fioca lungo le mura circondate da rododendri che in estate emanavano un profumo inconfondibile.
Ma la vita a volte all’improvviso ci riserva tanto dolore che non si può neanche descrivere, Aldo, ancora giovane, fu chiamato a far parte di quelli che ci hanno preceduto. Una tragedia che si abbatté su Maria Assunta che con coraggio e tenacia iniziò il suo calvario di madre, vedova e capo famiglia. Sempre con il sorriso e la costanza, lavorando senza posa per crescere i figli ancora piccoli. Dopo non molto Corrado seguì Aldo.
Nonostante tanto dolore Maria Assunta volle far memoria di quel gruppo a cui Aldo apparteneva mantenendone vivo il ricordo, non solo con la preghiera, ma riunendo i suoi amici in diverse occasioni dell’anno, consapevole che quegli incontri sono da loro benedetti, voluti e non dimenticati, in una società dove, come scrive Enzo Bianchi, “ci si affretta a insegnare vie per ‘elaborare il lutto’, perché si pensa che il dolore per la perdita di chi abbiamo amato e amiamo debba essere addolcito e fatto sparire il più in fretta possibile: occorre dimenticare, e l’oblio va accelerato”.
Così ciascuno di quegli antichi “giovani” sa che a un certo punto arriva puntuale la telefonata per ricordare che è giunto il momento di riunirsi, di stare insieme, di parlare come un tempo, di chiacchierare, di scherzare, ma senza scordare che Aldo e Corrado sono in qualche modo presenti e aspettano tutti.
Ognuno allora si affretta a preparare qualcosa da mangiare a lasciare libera l’agenda per quell’incontro.
Celebrare la memoria dei defunti significa che: “Distogliere lo sguardo da questo evento ineluttabile è impossibile, perché la morte è solo la forma più decisiva e definitiva della sofferenza che accompagna tutta la vita, e il dolore non può essere eliminato” (E. Bianchi).
La storia di Maria Assunta ci insegna che occorre rinnovare l’amore per i nostri cari che sono morti, realizzando quello che loro non hanno portato a termine. Solo così vinciamo la morte, perché così manteniamo una relazione vitale.
In questo modo l’amore per chi è morto ci parla della vita che pulsa in ognuno di noi e che ha la vittoria finale sulla morte.

M.L.R.

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