A tavola con monsignor Joaquín Gimeno Lahoz (primo a sinistra), vescovo di Comodoro Rivadavia

Si è conclusa un’altra giornata intensa, in cui abbiamo incontrato la Chiesa argentina rappresentata dai suoi vescovi. Infatti in questi giorni in una zona di Buenos Aires chiamata Pilar si svolge l’incontro annuale della Conferenza Episcopale Argentina (CEA), un’ottima occasione per salutare sia il vescovo di Merlo-Moreno che ci ha ospitati, che quello di Comodoro Rivadavia dove andremo domani a trovare i nostri missionari.

A pranzo con i vescovi della Conferenza episcopale argentina

La CEA è composta da circa 100 vescovi, contro gli oltre 250 della CEI. Ci hanno salutato davvero come fratelli; ci hanno accolto a condividere con loro il pasto: un pasto semplice e buono, di gente che deve lavorare e non perde tempo con l’etichetta. In compenso molto ricca e fraterna la conversazione. Ho scoperto che vari vescovi hanno genitori o nonni italiani. Ho ritrovato due vescovi che avevo conosciuto nell’incontro dei vescovi appena ordinati che si tiene a Roma. Ha mandato i suoi saluti un vescovo i cui nonni erano di Montelupone.

All’ingresso della cattedrale di Buenos Aires

Mi sono sentito accolto e tra amici, quasi più di quando vado alla CEI… Nel pomeriggio siamo andati al centro di Buenos Aires, fino alla cattedrale. Abbiamo preso la metro, che qui si chiama “subte” contrazione di subterranea. Funziona bene e con puntualità. Ho capito perché Bergoglio prendeva la metro, non si tratta dell’umiltà di cui hanno parlato i giornalisti: con il traffico che c’è, semplicemente il Papa è un uomo libero da etichette, non preoccupato di continuare vecchi schemi, ma solo di trovare soluzioni efficaci e pratiche.

Forse certi commentatori vaticani, invece di inventarsi teorie fantasiose, dovrebbero farsi un giro in “subte”. Abbiamo visitato Plaza de Mayo dove durante la dittatura militare si ritrovavano le madri a protestare e pregare per i figli desaparecidos, fatti scomparire dalla polizia politica; è la piazza su cui si affaccia il palazzo del governo, ma anche la cattedrale. Quanto dolore recente ha sulle spalle questa gente buona!

Interno della cattedrale

Infine un ultimo dono della provvidenza. Abbiamo chiesto di poter celebrare in cattedrale, la cattedrale che fu dell’arcivescovo Bergoglio, per pregare per Lui e per tutta la chiesa. Ci hanno subito accolti, ed anzi la nostra messa è stata registrata per essere trasmessa in Tv per gli ammalati.

Ho celebrato con il mio poverissimo spagnolo, come sempre in questi giorni, senza mai staccare gli occhi dal messale. Avrò fatto ridere qualche ammalato con la mia pronuncia sicuramente comica. Don Alberto ha tenuto l’omelia, lui in spagnolo si sente sicuro, e ha cosi espresso tutta la nostra gratitudine a questo popolo buono ed accogliente.

Nelle Messe di questi giorni ho sperimentato una volta di più

La sacristia della cattedrale

quanto sia bello il messale del Concilio. Celebrare solo con le parole del messale, senza aggiungere nulla di proprio, ci insegna che per dire la fede basta ciò che la Chiesa ci insegna. «Concedici Signore che gli eventi del mondo si svolgano secondo la Tua volontà, nella giustizia e nella pace…».

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